di Chiara Carnevale

IMMIGRAZIONE E ASILO: LA NORMATIVA EUROPEA

Negli ultimi anni la questione dell’immigrazione è divenuta sempre più controversa nello spazio europeo e ha reso urgente la necessità di elaborare una normativa comunitaria volta a gestire e soprattutto tutelare i diritti dei migranti e degli apolidi.

Volgendo lo sguardo al passato, si può constatare che già nel 1948 la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo, all’articolo 14, dispone che ogni individuo ha il diritto di cercare e di godere in altri paesi l’asilo dalle persecuzioni. Pochi anni dopo, nel 1951, viene istituito l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, che delinea i requisiti fondamentali per il riconoscimento di status di rifugiato: la fuga dal proprio paese, il fondato timore di persecuzione, gli specifici motivi di quest’ultima (che vanno dalla religione alla razza, alle opinioni politiche, all’appartenenza ad un gruppo sociale) e l’impossibilità di avvalersi di protezione nel proprio paese di origine.

Inoltre, in base all’articolo 33 della Convenzione ONU sempre del 1951, viene stabilito il principio di “non refoulement”, secondo il quale il rifugiato non può essere respinto verso altri paesi nei quali la sua vita e la sua libertà sarebbero messe a rischio. Negli anni ’70, l’Europa decide di intraprendere la strada della cooperazione intergovernativa, dando vita a laboratori e gruppi di diversa competenza tematica e dai quali scaturiscono gli Accordi di Shengen del 1985 e la Convenzione di applicazione sottoscritta nel 1990. I contenuti riguardano l’abolizione dei controlli alle frontiere comuni, attraverso l’adozione di misure che regolano la libera circolazione delle persone.

In seguito, il Trattato di Amsterdam del 1997 determina una “comunitarizzazione” della materia: rientrano nelle competenze degli organi della comunità europea diverse materie come le misure riguardanti l’asilo, quelle applicabili a rifugiati e sfollati, quelle in materia di politica d’immigrazione e soggiorno irregolare.

Nel 2001, poi, è stata introdotta una direttiva riguardo le norme minime per la concessione della protezione, estesa non solo nei confronti di chi rientra nella tradizionale definizione di rifugiato, ma anche nei confronti di chi è costretto a fuggire da conflitti armati. Due anni dopo, un’ulteriore direttiva ha dettato le norme relative all’assistenza sanitaria, al regime di tutela del migrante e al diritto di ricorrere alla giurisdizione ordinaria nazionale per contestare il negato riconoscimento dello status di rifugiato.

Per quanto riguarda le linee guida in tema di rimpatrio forzato - adottate nel 2005 dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa - esse richiamano i principi fondamentali di protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Riassuntivamente, il Comitato ha stabilito che lo Stato ospitante dovrebbe prendere misure di promozione del ritorno volontario, piuttosto che coattivo; viene proibita l’espulsione collettiva e, al fine di verificare l’assoluta assenza di pericolo nel paese di ritorno, dovrebbero essere valutate le informazioni provenienti da tutte le fonti, governative e non.

Alla base giuridica della normativa più recente in materia, vi sono gli articoli 79 e 80 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, con l’obiettivo di gestire la migrazione legale e contrastare l’immigrazione clandestina. Il principio fondante è quello di solidarietà: le politiche d’immigrazione devono essere regolate da solidarietà ed equa ripartizione della responsabilità tra gli Stati membri anche sul piano finanziario.

Diversi sono stati i provvedimenti negli ultimi anni: nel 2014, Il Consiglio Europeo ha definito gli orientamenti strategici nei quali si sottolinea la necessità di mettere in atto un approccio globale in materia di migrazione e mobilità, offrendo protezione a chi ne ha bisogno e gestendo efficacemente le frontiere; l’Agenda europea in materia di migrazione, pubblicata dalla Commissione nel 2015, che propone di ridurre gli incentivi alla migrazione irregolare e lo sviluppo di una politica comune più forte in materia di asilo; l’adozione del regolamento 1953 del 2016 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’istituzione di un documento di viaggio europeo per il rimpatrio dei cittadini il cui soggiorno è irregolare; nel 2018, invece, la Commissione europea ha proposto un riesame mirato della direttiva sui rimpatri, che comprende una nuova procedura di frontiera per i richiedenti asilo, procedure più chiare per prevenire gli abusi ed efficienti programmi di rimpatrio volontario. Infine, l’Unione Europea sta concludendo accordi bilaterali di riammissione con i paesi d’origine e di transito, al fine di rimpatriare i migranti irregolari e di cooperare contro la tratta di esseri umani.


LETTURE E APPROFONDIMENTI:

- Scritti sul diritto europeo dell’immigrazione, Giandonato Caggiano – Giappichelli, 2015