di Luca Mattei

IL TRATTATO DI LISBONA

«La costruzione dell'Europa è un'arte. E' l'arte del possibile.»

Jacques Chirac

È impossibile parlare della storia e dello sviluppo dell’Unione Europea senza conoscere le sue tappe fondamentali come la dichiarazione Schuman, il Trattato di Roma, l’Atto Unico Europeo, il Trattato di Maastricht e così via. Sono solo alcuni degli avvenimenti storici che hanno cambiato la vita dei popoli europei fino ad oggi.

Fra di essi, l’ultimo passo particolarmente significativo dell’UE risale al 13 dicembre 2007 e prende il nome di Trattato di Lisbona, dal nome della città dove si sono tenute le consultazioni. La grande importanza di questo Trattato deriva dal fatto che in esso viene rielaborato tutto il diritto dell’Unione, diviso sistematicamente in due documenti distinti: il Trattato dell’Unione Europea, o TUE, nel quale vengono riposte le norme generali, i valori e gli intenti dell’Unione; e il più particolareggiato Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, o TFUE.

In realtà, la divisione sistematica fra i due documenti non è così netta, al punto che qualcuno ha sollevato il dubbio dell’effettiva utilità di continuare a tenere la disciplina dell’Unione Europea in due testi separati.

Comunque, se si vuole comprendere il diritto dell’Unione Europea, rimane la necessità di conoscere, anche per sommi capi, quella che è l’ossatura del Trattato di Lisbona; disamina che affronteremo, senza alcuna pretesa di esaustività, nelle righe seguenti.

Il contenuto del Trattato di Lisbona è estremamente vario: in larga parte, ripropone la disciplina contenuta nella c.d. “Costituzione Europea”, esperienza fallita nel 2004, ma rielaborata alla luce delle perplessità espresse dalle varie cancellerie europee. Il risultato è un testo giuridico molto complesso e di non facile lettura: simile, ma anche molto diverso dalla “Magna Charta” del 2004.

Entrando nel merito, la prima, e forse più rilevante, novità del Trattato del 2007 consiste nel rafforzamento del ruolo del Parlamento Europeo all’interno delle istituzioni comunitarie. Questo cambiamento era da tempo richiesto non solo dal mondo politico, ma anche dal mondo dottrinario; l’Unione Europea, infatti, soffre sin dalla sua istituzione di un certo deficit di legittimazione democratica, problematica risolta solo in pare con il presente Trattato di Lisbona mediante il potenziamento del ruolo legislativo del Parlamento Europeo e dei parlamenti nazionali. Dal punto di vista tecnico, l’obiettivo viene perseguito estendendo il ruolo del Parlamento Europeo, istituto di raccordo fra l’Unione e popoli europei stessi. Viene statuito che il meccanismo di legislazione europea, detto della “codecisione”, procedura dove il Parlamento Europeo ha un ruolo paritario rispetto al Consiglio, sia l’ordinario meccanismo di legislazione dell’Unione; invece, il previgente meccanismo ordinario era quello della “consultazione”, nel quale il ruolo del Parlamento Europeo è molto più defilato.

Vengono aumentate anche le materie poste sotto il controllo del Parlamento Europeo: bilancio, agricoltura, fondi strutturali, giustizia e affari interni, tutte materie che prima erano sottoposte primariamente al controllo del Consiglio dei Ministri e, quindi, dei governi degli Stati Membri.

Viene stabilito che l’importante ruolo del Presidente della Commissione del’Unione Europea, l’organo esecutivo dell’UE, normalmente deciso da un placet dei governi degli stati membri, possa essere ricoperto solo da un individuo che rappresenti la maggioranza in seno al Parlamento Europeo, aumentando ulteriormente l’influenza di quest’ultima istituzione.

Al soggetto istituzionale preposto alla politica estera e di sicurezza, l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune, vengono aggiunte le competenze del commissario europeo alle Relazioni esterne e diviene, ex officio, anche vicepresidente della Commissione per aumentare il raccordo e la coordinazione fra queste due figure istituzionali.

Altresì, viene concesso ai parlamenti nazionali un notevole potere di contestazione ai progetti legislativi europei: nel caso l’Unione progetti una norma sgradita, con 1/3 dei voti dell’assemblea, il parlamento di uno stato membro può obbligare la Commissione a riesaminare i propri progetti, a motivarli e a tenere debito conto delle critiche anche qualora decida comunque di andare avanti. Tuttavia, a causa delle pressioni britanniche in tal senso, il riesame delle proposte legislative europee da parte dei legislatori nazionali non è configurato come un dovere ma solo come un diritto.

Continuando ad esaminare il TUE, all'art. 50 possiamo trovare un dettaglio non più trascurabile dopo gli avvenimenti della Brexit: infatti, nel Trattato di Lisbona si fa per la prima volta menzione di un meccanismo di uscita dall’Unione.

Con il Trattato del 2007 il Parlamento Europeo passa da 736 componenti a 751, anche se in realtà sono 754, su deroga dei governi degli stati membri.

Infine, con il Trattato di Lisbona la Carta dei Diritti Fondamentali UE entra ufficialmente nel diritto dell’Unione Europea: quest’ultima cessa di essere un’istituzione esclusivamente economica, contribuendo alla c.d. “umanizzazione” del diritto internazionale. Da questo momento, le istituzioni europee e gli Stati Membri sono giuridicamente tenute al rispetto dei diritti umani sanciti nella Carta.

LETTURE E APPROFONDIMENTI:

- Claudia Morviducci e Paolo Mengozzi, Istituzioni di diritto dell’Unione Europea, CEDAM, (2018).