di Manuela Boccaccio


IL RAPPORTO FIDUCIARIO TRA GOVERNO E PARLAMENTO E LE C.D. “CRISI DI GOVERNO”


In questi ultimi giorni, si è sentito parlare molto spesso di parole come “fiducia”, “sfiducia”, “crisi di Governo”, legittimamente seguite da una serie di domande che riguardano il futuro dell’Italia o, semplicemente, di quello che succederà nei prossimi mesi. Tuttavia, è fondamentale interrogarsi preventivamente su cosa significhino esattamente le parole citate inizialmente.

Nella nostra penisola vige una forma di governo di tipo parlamentare, la quale si caratterizza per l’esistenza necessaria di tre organi fondamentali: il Presidente della Repubblica, il Parlamento (formato da Senato e Camera dei deputati) e il Governo (formato da ministri e il Presidente del Consiglio dei ministri).

In particolare, tra il Parlamento e il Governo vige un rapporto di fiducia, come disciplina l’art. 94 della Costituzione, il che comporta che il nascituro Governo, una volta che è stato incaricato dal Presidente della Repubblica, debba presentarsi al Parlamento con il programma politico che intende sviluppare nel corso del proprio mandato e per il quale deve ottenere la fiducia da parte della maggioranza parlamentare. Dal canto suo, il Parlamento, non solo deve vigilare sull’operato del Governo durante il mandato, affinché persegua il programma precedentemente presentato, ma ha anche la possibilità di revocare la fiducia riposta nel Governo in prima battuta, attraverso appunto una mozione di sfiducia.

Il complesso e articolato processo di formazione del Governo è disciplinato dagli artt. 92 e 93 della Costituzione. Questi articoli affermano non solo che il Presidente della Repubblica, dopo una serie di consultazioni, nomini il Presidente del Consiglio e, su proposta di quest’ultimo, i ministri; ma anche che questi, a loro volta, debbano prestare giuramento al Presidente della Repubblica, secondo la formula indicata nell’art.1 della legge n. 400/1988.

Trascorsi dieci giorni dal decreto di nomina, il Governo appena formato deve presentarsi alle Camere per ottenere il voto di fiducia, il quale deve necessariamente essere per appello nominale, motivato e palese. Una volta ottenuta la fiducia, il Governo diventa operativo e solo la mozione di sfiducia può revocarlo, come disciplinato dall’ultimo comma dell’art. 94.

La proposta di mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un decimo dei componenti della Camera e non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla presentazione. In caso di approvazione, il Presidente del Consiglio è costretto a dimettersi, dando inizio di fatto alla crisi. Infatti, l’espressione “crisi di Governo” indica proprio la situazione in cui il rapporto di fiducia tra esecutivo e legislativo si interrompe. Si possono distinguere due modelli di crisi: una di tipo parlamentare e l’altra di tipo extraparlamentare.

La crisi parlamentare si verifica nel caso in cui non venga concessa la fiducia nella fase preparatoria della formazione del Governo, oppure nel caso in cui tale fiducia, inizialmente concessa, viene revocata a seguito di una mozione di sfiducia. In questo tipo di crisi di Governo sono chiare e palesi le posizioni dei partiti che propongono la mozione e, successivamente al dibattito parlamentare, il Presidente della Repubblica, quale organo di garanzia e mediazione, dovrà gestire la crisi. A tal fine, il Presidente potrà tentare di formare un nuovo Governo individuando una maggioranza, oppure potrà decidere di sciogliere le Camere.

Il secondo tipo di crisi, non prevista in Costituzione, è il modello extraparlamentare. Tale crisi è conseguente alle dimissioni volontarie del Presidente del Consiglio dei Ministri. Le ragioni di tale azione sono dovute al mancato appoggio di uno o più partiti che formavano la coalizione governativa e, senza i quali, viene a mancare la maggioranza parlamentare. In tal caso, il Presidente del Consiglio sarà di fatto impossibilitato a procedere con il programma presentato inizialmente.

Altro discorso invece concerne la c.d “questione di fiducia”: a differenza delle succitate mozioni di fiducia e sfiducia (che sono poste in essere dal Parlamento) questa è posta, invece, dal Governo su una legge o su un articolo di una legge. In altre parole, consiste nel legare l’approvazione di quella legge, considerata di vitale importanza dall’esecutivo stesso, alla permanenza in carica del Governo. Il voto contrario del Parlamento su quella legge, infatti, produce come effetto la sfiducia al Governo e le conseguenti dimissioni.