di Chiara Carnevale

IL PROCESSO DI VERONA

Dall’8 al 10 Gennaio del 1944 si tenne a Verona, sotto la giurisdizione della Repubblica Sociale Italiana, il procedimento giudiziario contro sei membri del Gran Consiglio del Fascismo, tra cui Galeazzo Ciano - ossia il genero di Benito Mussolini - e altri tredici imputati detti “traditori venticinqueluglisti”.

Tutto ebbe inizio un anno prima, quando il 12 Settembre 1943 Mussolini - precedentemente arrestato a Villa Savoia - fu liberato al Gran Sasso dai paracadutisti tedeschi e trasferito in Germania. Lì, Adolf Hitler e Rudolf Rahn (ambasciatore del nuovo governo fascista) costrinsero Mussolini ad accettare il processo e la condanna a morte dei gerarchi che il 25 Luglio 1943 lo avevano sfiduciato dalla carica di Presidente del Consiglio. Nonostante i tentativi di alleviare almeno la posizione del genero Ciano di fronte ad Hitler, Mussolini si trovò a fronteggiare i fascisti italiani più intransigenti, i quali si sentivano fortemente traditi e pretendevano punizioni esemplari, soprattutto nei riguardi di Ciano che era considerato dagli uomini di Salò “il più infame del gruppo”.

Fu così che il 14 Novembre 1943, durante il Congresso di Verona, venne istituito il Tribunale speciale per la Difesa dello Stato della RSI, con nove giudici nominati direttamente dal Partito fascista Repubblicano - i cosiddetti “nove fascisti di provata fede”- che avrebbero dovuto processare coloro che firmarono la sfiducia contro Mussolini all’Ordine del giorno Grandi (atto che Alessandro Pavolini, Segretario del Partito Fascista, decretò come colpo di stato).

Gli arresti vennero eseguiti già nell’Ottobre 1943. Galeazzo Ciano fu consegnato alla polizia della RSI immediatamente dopo il suo trasferimento da Monaco di Baviera a Verona e imprigionato nelle carceri dell’ex convento degli Scalzi. Subito dopo furono presi in consegna Carlo Pareschi, Tullio Cianetti, Luciano Gottardi e Giovanni Marinelli, trasferiti a Padova. L’ultimo imputato, Emilio De Bono, fu lasciato nella propria abitazione e trasferito a Verona solamente all’inizio del processo, dopo la fase istruttoria.

Il processo si aprì alle ore 9.00 dell’8 Gennaio 1944. L’Avvocato Perani, difensore di Luciano Gottardi, dichiarò l’incompetenza del tribunale istituito poiché alcuni imputati erano militari in servizio, perciò il processo sarebbe dovuto svolgersi presso un tribunale militare ma la richiesta fu rigettata dalla corte.

Al termine della seconda udienza tenutasi il 9 Gennaio, il pubblico accusatore Andrea Fortunato chiese la condanna a morte per i sei imputati, senza attenuanti. Terminata l’ultima udienza del 10 Gennaio, Alessandro Pavolini si dichiarò fortemente contrario all’inoltro delle domande di grazia da parte degli imputati. Così, il mattino seguente furono eseguite le condanne a morte per fucilazione contro cinque imputati presso il poligono di tiro di Forte San Procolo e per mano di un plotone di 30 militari fascisti comandati da Nicola Furlotti. Tullio Cianetti venne condannato a trent’anni di reclusione. Invece, gli imputati assenti al processo, tra cui lo stesso Dino Grandi fautore dell’omonimo ordine del giorno che destituì Mussolini, furono condannati a morte in contumacia; tuttavia nessuno di loro fu mai catturato dalle autorità. Appena tre ore dopo l’esecuzione, Benito Mussolini aprì il Consiglio dei Ministri a Gargnano pronunciando le parole “Giustizia è fatta”.

LETTURE E APPROFONDIMENTI

-I Diari di Joseph Goebbels (1941-1945, volume 8 parte II)

-“Il processo di Verona” - Carlo Lizzani, 1962.