Di Adelmo M. Imperi

FASCISMO E SPORT

UN MAGNIFICO STRUMENTO DI PROPAGANDA

Quando si parla di fascismo, si pensa naturalmente a un movimento coercitivo che manteneva il suo consenso tramite la strategia del terrore e della tensione. Premesso che l’utilizzo di strumenti di punizione brutali fossero presenti all’interno del sistema di ordine pubblico istituito da Mussolini, non va affatto confuso con il processo di propaganda e di indottrinamento delle persone per l’ottenimento del consenso popolare, mediante l’utilizzo di rituali, liturgie e peculiarità culturali di massa che venivano intrise di miti ed ideologia fascista. Una di queste peculiarità culturali che maggiormente si prestava a strumentalizzazioni di carattere politico e ideologico e che meglio potevano essere accompagnate dalla costruzione di rituali e miti, era senza dubbio lo Sport di massa.

Non va dimenticato, infatti, che il precursore del fascismo era il futurismo ed esso aveva già dettato la strategia della propaganda avvalendosi dello sport e degli sportivi come le nuove figure trascendentali della società avanguardista. Quello che fece il movimento di Mussolini fu dunque quello di proseguire per questa strada, attribuendo ad esso i valori filosofici del fascismo e tutte le sue componenti peculiari. Nel suo progetto totalitario, l’idea era quella di investire fortemente sullo sport affinché sul piano della politica interna si riuscisse a creare la nuova genia di campioni dell’Italia fascista; sul fronte internazionale, invece, mettere finalmente in evidenza la forza del popolo italiano e conseguentemente del regime. Per ottenere questi risultati, fin dal suo insediamento gli interventi che il Duce applicò in merito furono finalizzati all’innalzamento della preparazione fisica degli atleti, al rinnovamento delle attrezzature e alla ristrutturazione dell’impiantistica sportiva che negli anni ’20 risultava ancora arretrata e obsoleta rispetto a gran parte dell’Europa.

Fu così che il Mussolini iniziò un vero e proprio processo di riorganizzazione e fascistizzazione dello sport: innanzitutto decise di statalizzare il CONI, con l’intenzione di prendere il controllo delle tante e piccole disorganizzate associazioni sportive presenti nella penisola; in un secondo momento avviò un processo di costruzione di nuovi impianti sportivi, ed infine fece installare in ogni impianto e palestra attrezzature di ultima generazione. Creò poi dei Gruppi Universitari Fascisti (GUF), organizzò dei campionati Littoriali dello sport e introdusse infine molte ore di attività fisica all’interno delle scuole. Parallelamente a questo sontuoso lavoro di rinvigorimento della pratica sportiva, egli sapeva che per mostrare la forza e l’audacia del popolo italiano, era necessario ottenere grandi risultati in manifestazioni internazionali. Mussolini da subito, quindi, considerò le Olimpiadi il mezzo principale con cui manifestare la grandezza del regime e del valore italiano. Pertanto s’impegnò intensamente per ottenere ottimi risultati nelle varie edizioni e per poterne ospitare una in Italia in modo tale da riuscire nell’intento di creare un evento con cui sfoggiare avanti alla gran parte delle allora potenze economiche del pianeta lo splendore del regime e accrescere il suo consenso popolare in Italia. Fu così che gli organi sportivi fascisti imposero una dura preparazione fisica agli atleti in vista delle varie edizioni olimpiche, fino ad ottenere risultati determinanti in occasione di Los Angeles 1932 dove gli italiani conquistarono 36 medaglie e il secondo posto nella classifica per nazioni dietro solo agli Stati Uniti.

Dopo quel successo, Mussolini capì che era giunto il momento di passare ad una fase successiva del suo progetto e nel 1933 maturò definitivamente la candidatura di Roma olimpica. Nel settembre del medesimo anno l’allora neo presidente del CIO e amico dell’uscente De Coubertin, il belga Baillet – Latour, andò in visita ufficiale nella capitale italiana e si convinse che essa poteva essere la città maggiormente adatta per ospitare l’edizione dei Giochi del 1940. L’appoggio proveniente da Latour, seguito poi anche da quello del numero due del CIO, l’americano Avery Brundage, l’esito positivo dei Mondiali di calcio del 1934, la preparazione sportiva messa in mostra a Los Angeles, lasciavano presagire che nel 1940 tutti i più grandi atleti olimpici si sarebbero misurati senza alcun dubbio nella Roma fascista.

Tuttavia, nonostante il grande lavoro di ristrutturazione e potenziamento della macchina organizzativa sportiva svolto, a seguito dell’aggressione all’Etiopia nel 1935 la situazione diplomatica italiana mutò notevolmente: il regime fascista agli occhi del CIO perse di credibilità e alcuni consiglieri del governo suggerirono al Duce di ritirare la candidatura, in favore dell’alleato Giappone. La nazione nipponica aveva manifestato la volontà di ospitare le Olimpiadi del 1940 poiché, in quello stesso anno, si sarebbe celebrato il ventiseiesimo centenario della dinastia imperiale e voleva organizzare una manifestazione di contorno per celebrare solennemente la ricorrenza. Il leader fascista, a seguito di Berlino ‘36, era ormai ossessionato da tale evento; non poteva accettare il fatto che il suo alleato Hitler fosse riuscito ad ospitare un’Olimpiade e lui invece ancora no. Fu per tale ragione che il Duce accettò la richiesta solo in cambio però di un pieno sostegno giapponese alla candidatura di Roma per l’edizione dei Giochi del 1944. Nel 1938 però anche Tokyo, a causa dell’ingaggio militare in Cina, ritirò la candidatura e la scelta del CIO cadde infine su Helsinki.

Il rapido deteriorarsi della situazione politica internazionale determinò l’impossibilità di dare seguito a tutte le ipotesi olimpiche. Lo scoppio ufficiale della II Guerra Mondiale fu infine determinante per l’annullamento definitivo delle edizioni del 1940 e del 1944. Il progetto olimpico di Mussolini non fu dunque mai realizzato, diventando così il primo grande fallimento del disegno fascista e che avrebbe sancito da lì a poco la caduta. Il sogno di Roma come città ospitante dei Giochi però non si spense, nonostante la Guerra, e il lavoro in termini di preparazione sportiva, rinnovamento infrastrutturale e urbano messo in atto da Mussolini rimase integro e alla fine del conflitto tali componenti vennero ampiamente utilizzate per ricominciare ad inseguire quel sogno olimpico che finalmente sarebbe stato coronato quindici anni dopo.