Di Adelmo M. Imperi

Lo sport negli anni '80: le Olimpiadi di Mosca, il calcio-scommesse e il “modello Berlusconi”


Il 1980 si aprì subito ad alta tensione: in quell’anno si sarebbero dovute disputare le Olimpiadi di Mosca, poco dopo l’invasione dell'Afghanistan da parte dei carri armati sovietici, e dunque in un momento di tensione della guerra fredda. Gli Stati Uniti decisero di boicottare la manifestazione, che per la prima volta veniva ospitata da un paese comunista al fine di contribuire a rendere maggiormente distesa la situazione internazionale. Si generò una reazione a catena, che indusse al boicottaggio diverse nazioni. A sei giorni dal 24 maggio, data ultima per comunicare l'adesione ai giochi, solo l’Italia non aveva ancora dato una risposta. Il 19 maggio, il Consiglio dei ministri lascia al Coni l'indipendenza per attuare una libera scelta, però gli suggerisce di prendere «decisioni conformi all’interesse nazionale». A seguito di una decisione travagliata, L’Italia decise di partecipare senza che però venisse suonato l'inno nazionale, mentre la rituale sfilata della rappresentativa non si sarebbe svolta con la bandiera italiana, bensì dietro un cartellone con scritto Coni. Nel dibattito politico relativo alle Olimpiadi di Mosca, rispetto al precedente boicottaggio del 1976, i ruoli erano invertiti. Questa volta era il Pci a difendere la purezza dello sport e il centro e la destra a spingere in senso contrario. In altre parole il clima all’interno delle istituzioni era molto acceso e a far precipitare la già precaria situazione, ci pensò lo sport con il peso specifico maggiore: il calcio. Il 23 marzo 1980, gli agenti della finanza - al termine della giornata di campionato - arrestarono tredici persone, tra cui il presidente del Milan, Colombo, e giocatori di varie squadre, fra i quali spiccano per importanza i laziali Giordano e Manfredonia, con l’accusa di essersi venduti le partite: esplode lo scandalo calcio-scommesse. Fu una fase frenetica, accuse reciproche tra i club coinvolti, giocatori condannati e sospesi, una vera e propria fase di distruzione del vecchio modello perpetrato. Ad aggravare ulteriormente il livello di instabilità nazionale contribuì la scia di eventi tragici che quel brutto 1980 portò con sé nella vita italiana. Nella stazione di Bologna esplode una bomba, nel cielo di Ustica viene abbattuto un aereo di linea, nel sud la terra che trema e abbatte strutture di qualsiasi genere; esplodono le ultime schegge di violenza delle brigate rosse. E nel frattempo gli scandali legati alle scommesse sportive clandestine continuano sotto un’altra veste, passando sotto il controllo della camorra che appalta le esattorie, divenendo più accorta. Le organizzazioni criminali, peraltro, iniziano a dedicarsi anche al giro delle scommesse ippiche, ambito nel quale si verificarono azzoppamenti di equini ed esecuzione di uomini, come il presidente della società amministratrice dell'ippodromo di San Siro che nel 1982 viene ritrovato cadavere in un lago.

Ancora nel pieno del calcio-scommesse, un altro contributo negativo alla credibilità del calcio italiano provenne dall’Inter che, vincitrice del mondiale under 14, fu poi squalificata per aver schierato non solo un giocatore fuori età ma addirittura un giocatore al posto di un altro, sotto falso nome.

A seguito di quelle pagine nere non solo dello Sport italiano ma della Nazione in generale, a ridare vigore all’ambiente ci pensò la nazionale italiana di calcio che, contro ogni pronostico e dopo un inizio difficilissimo, divenne Campione del Mondo al mondiale spagnolo del 1982 battendo in finale la Germania. Il successo dell’Italia produsse una forte impressione in tutto il mondo, travalicando ampiamente i confini della vicenda sportiva. Fra l'altro fu un anno vittorioso in molte altre discipline e di ascesa per i nostri prodotti, per la moda, per lo stile «made in Italy». Fu anche l’anno in cui i Nocs, corpo speciale della polizia, liberarono il generale della NATO Dozier con un'azione spettacolare, catturando i rapitori brigatisti senza sparare un solo colpo, ricevendo l’ammirazione degli americani e i complimenti personali del presidente Reagan. La rivalutazione del prestigio italiano sul piano internazionale ebbe delle ripercussioni anche in ottica migratoria. I primi anni ottanta portano infatti in Italia un massiccio afflusso di stranieri. Prima di tutto in Campania, nella zona costiera tra Castelvolturno e Villa Literno, oggetto nei decenni precedenti di un brutale annientamento delle antichissime pinete e di una spietata cementificazione. Queste seconde e terze case, quasi tutte abusive e prive di servizi essenziali, vengono temporaneamente requisite dallo stato a favore dei terremotati dell’Irpinia, il che ne determina una pesante svalutazione. Quando la schiera dei terremotati cominciò a ritirarsi si prospettò l’assegnazione d'urgenza a favore degli sfollati di Pozzuoli, vittime di un nuovo bradisismo. A questo punto i proprietari, nel tentativo di opporsi al nuovo afflusso, preferirono affittarle a prezzi bassissimi. Approfittando della conveniente offerta abitativa, diversi africani approdarono clandestinamente nella zona che aveva anche il vantaggio di essere vicina ai territori agricoli, dove potranno raccogliere pomodori. Per l'Italia, fu un’esperienza inedita: affiorarono episodi di razzismo e di intolleranza rispetto a questa nuova condizione e verso l’arrivo di queste persone dal continente africano.

In compenso, altri stranieri furono accolti entusiasticamente e a braccia aperte. Sono i calciatori, per i quali a partire dal 1980 fu revocato il blocco che era in vigore dal 1965. Le squadre più felici nella scelta degli stranieri erano due dominatrici della prima metà degli anni ottanta, Juventus e Roma. Roma - Juve in quella fase fu una partitissima al cui fascino pochi sapevano sottrarsi. Emblematico fu il caso del boss camorrista latitante Michele Zaza, nell’aprile 1984, che venne localizzato e arrestato a Parigi, tradito da una telefonata che aveva fatto a dei parenti in Italia per conoscere tempestivamente l'esito della sfida scudetto. Il confronto tra i due club è costantemente un confronto tra i due presidenti, i due allenatori, i due stranieri. Sul piano sportivo entrambi i club portarono nella propria bacheca trofei, i successi della Roma però, pur inferiori a quelli dei bianconeri, fecero parlare di rinascita della Capitale. Una volta di più, la retorica pretese di incrociare i destini di una città con quelli di una squadra di calcio, equazione che però mai fu confermata dai fatti. Quanto alla Juve, il suo declino coincise con quello della nazionale dato che quasi tutti gli uomini di maggior peso fra gli azzurri, i vari Gentile, Cabrini, Tardelli, Scirea, Rossi provenivano dalla formazione torinese. Così nel 1986, ai mondiali del Messico, l'Italia venne eliminata senza troppo onore dalla Francia di Platini negli ottavi di finale e quella sera si concluse anche l'epoca di Bearzot.

Mentre finiva l’epoca del trionfatore dei mondiali del 1982, dopo una prima fase di quiete, tornò in auge la violenza negli stadi e a riaprire questa strada furono inevitabilmente i fatti del 29 maggio 1985: quella notte allo stadio Heysel di Bruxelles, prima dell'inizio della finale di Coppa dei campioni tra Juventus e Liverpool, i tifosi britannici, lanciati all'assalto della curva avversaria, provocano la caduta di un parapetto. I morti furono trentotto, di cui trentadue italiani: i feriti oltre cento. La partita venne fatta giocare ugualmente per ragioni di ordine pubblico, e la Juve vinse, con una rete su rigore di Platini. Le scene d’entusiasmo dei giocatori e il successivo giro di pista, costituiscono una delle pagine più nere dello stile juventino e l’atteggiamento del sensibile Scirea, che alla discesa dall'aereo di ritorno regge svogliatamente la coppa per il manico come fosse un bidone, attenua solo parzialmente il fastidio per la spiacevole scena. Il risveglio da quella notte fu però brutale e da quella fase in poi le violenze ripresero, svincolandosi sempre di più dalle vicende della partita. L'incidente tipico tornò ad essere, come negli anni ’70, lo scontro fra opposte fazioni. E non solo allo stadio ma anche fuori; e non solo dopo la partita, ma anche prima.

Insomma, gli anni ’80 furono segnati da una moltitudine di fattori che riconfigurarono radicalmente la pratica sportiva e anche il modo di percepirla. Ma i cambiamenti non furono solo ideologici ma anche strutturali ed economici: prima ancora che con il crollo del muro di Berlino fosse superato il confronto tra il modello sportivo del mondo occidentale e quello comunista, aveva infatti prevalso anche nello sport la logica del libero mercato, trasformandolo in un colossale affare. L'avvento della televisione, le logiche di mercato promosse dall'industria sportiva, la presenza sempre più massiccia degli sponsor configurarono lo sport come uno dei più caratteristici consumi della società di massa piegandosi alle ragioni e allo spirito d'impresa. In Italia la prima dimostrazione di questo mutamento arrivò ancora una volta dal Calcio e in particolare dal Milan. Il grande ciclo rossonero iniziò nel 1986 con l’acquisto della società da parte del magnate Silvio Berlusconi. A quella data il club versava in una grave crisi finanziaria. Alla fine il capogruppo della Fininvest “scende in campo” in prima persona. Appropriatosi del 51% della società, la sua prima mossa fu di tagliare fuori il residuo 49% con una delibera assemblare. La seconda fu mettere alla porta Gianni Rivera, suo ex idolo, che decise di schierarsi contro il neo presidente nei mesi della trattativa. Ben presto anche l’allenatore Nils Liedholm perse la sintonia col presidente che pretendeva di compartecipare alla direzione della squadra per cui investì miliardi di lire. Salutato anche il Barone, nacque così il nuovo Milan con al timone Arrigo Sacchi. Dopo anni di bel gioco, nel 1989 il Milan trionfò in Coppa dei campioni sfoggiando a tutta Europa l’innovativo sistema tattico ma soprattutto il rivoluzionario modello Berlusconi, modello che dagli anni ’90 in poi avrebbe segnato un’epoca non solo in ambito sportivo ma, con la sua scesa in campo del 1994 con la fondazione del partito Forza Italia, anche e soprattutto in quello politico.