STASI: IL MINISTERO DELLA PARANOIA


DUE MONDIANDREA BERNABALE

«Il Dipartimento Centrale di Statistica della DDR in Hans-Beimler-Straße registra tutto, sa tutto. Quante paia di scarpe compriamo ogni anno (2,3), quanti libri leggiamo ogni anno (3,2) e quanti studenti superano brillantemente ogni anno gli esami di maturità (6347). Ma c'è una cifra che non viene aggiornata, forse perché anche ai burocrati fa impressione: quella del numero di suicidi. [...] Nel 1977 il nostro paese ha smesso di conteggiare i suicidi. A che serve sapere quante persone giungono a perdere ogni barlume di speranza in un presente più accettabile, in un domani più accettabile e decidono di farla finita, di darsi la morte, di commettere suicidio?»

(Dal film “Le vite degli altri” di F. H. Von Donnersmarck)


Quando nel 1989 il Muro di Berlino crollò, segnando la fine del regime socialista tedesco e di un’intera epoca storica, la Stasi contava 102mila spie al suo servizio. Per la precisione, ben 274mila impiegate tra il 1950 e il 1989.

Formalmente “Ministero per la Sicurezza di Stato”, la Stasi era chiamata ad un preciso obiettivo: quello di “sapere tutto”, al fine di tutelare la sopravvivenza del regime mediante lo spionaggio e la repressione, pratiche ormai consolidate nei regimi comunisti dell’epoca.

Tale tradizione porta a retrodatare le radici della Stasi al 1917, anno di fondazione della Ceka in URSS, temibile organo di sicurezza sovietico che costituí un filo di continuità con l’istituzione della Stasi in Germania Est nel 1950. Tant’è che la Stasi svolse un ruolo parallelo a quello del KGB, organo successore della Ceka in URSS.

Organi di questo genere, fedelmente al servizio del regime, costituivano in sostanza lo “scudo e la spada” dei singoli partiti comunisti.

I primi anni di attività furono, tuttavia, un fallimento per il Ministero neo-istituito. D’altronde la Stasi impiegava personale in base al credo politico, cercando gli uomini più fedeli alla causa socialista. Passavano, invece, in secondo piano le loro capacità e conoscenze specifiche. Meglio idealisti che professionisti, finché la rivolta di Berlino del 1953 non colse di sorpresa la Stasi che, impreparata, reagì con singolare brutalità e richiedendo anche l’intervento delle truppe sovietiche.

Solo negli anni ‘60 e sotto la guida di Erich Mielke, la Stasi si trasformò in un organo decisamente più ampio e sofisticato: passò da 14mila impiegati nel 1957 a 33mila nei successivi dieci anni, per poi arrivare a 66mila nel 1977 fino a toccare il picco verso la fine degli anni ‘80, contando circa 100mila funzionari. Contando anche gli impiegati non dichiarati ufficialmente, i dati salgono a ben 173mila funzionari. Un Ministero enorme capace di controllare ogni angolo della società e della vita dei suoi cittadini, costretti a vivere in un perpetuo stato paranoico. Per di più, un ministero non soggetto ad alcun controllo parlamentare e fortemente integrato con il Partito, stretti in un rapporto simbiotico.

La macchina repressiva impersonata dalla Stasi caratterizzava infatti fortemente la società tedesca, chiusa per 40 anni sotto l’occhio del Grande Fratello. Azzardando un paragone, secondo alcuni studiosi è lecito ritenere la Stasi ancor più terribile della Gestapo nella Germania nazista, facendo notare come la Gestapo contasse 40mila ufficiali per controllare una popolazione di 80 milioni, mentre la Stasi ne impiegasse oltre 100mila per solo 17milioni di cittadini e, rispettivamente, per una durata di 12 anni la prima e di circa 40 la seconda. Se la Stasi non fu peggio, per alcuni tedeschi non fu altro che una continuazione di uno stato di sorveglianza iper-pervasiva.

Risultano essere stati impiegati dalla Stasi anche 10mila spie di età inferiore ai 18 anni. A sostegno dei numeri impressionanti basti pensare che, negli anni di maggior espansione, vi fosse una spia ogni 166 abitanti!

Come una gigantesca piovra, i tentacoli della Stasi raccoglievano informazioni per ogni aspetto della vita quotidiana. Scuole, università e persino ospedali avevano infiltrati dai vertici alla base, affinché nulla potesse sfuggire al Ministero. Gli stessi professori, anche i più insospettabili, si rivelarono poi informatori della Stasi, com’è il caso di Heinrich Fink, professore di teologia all’università di Berlino.

Nei nove anni successivi alla caduta del socialismo e della Stasi stessa nel 1989, nella Germania riunita circa 3,4 milioni di cittadini tedeschi chiesero alle autorità di visionare le proprie cartelle contenenti le loro informazioni sottratte. Non mancarono persone che scoprirono tristemente, tra i propri delatori, familiari e amici.

Per converso, molti ex-informatori della Stasi scelsero la strada senza ritorno del suicidio, complici di aver servito un infame “Ministero della paranoia”.

LETTURE E APPROFONDIMENTI:

- “Le vite degli altri”, film di Florian Henckel von Donnersmarck, 2006

- G. Falanga, “Il ministero della paranoia. Storia della Stasi”, Carocci, 2015

- Anna Funder, “C’era una volta la DDR”, Feltrinelli, 2015

- “Goodbye Lenin”, film di Wolfgang Becker, 2003