La coesistenza pacifica

ANDREA BERNABALE
DUE MONDI

la coesistenza pacifica

«A voi non piace il comunismo. A noi non piace il capitalismo. C’è solo una soluzione: la coesistenza pacifica»

(Nikita Chruscev, 1956)

Era il febbraio 1956 - anno di svolta nell’universo socialista - quando il neo-leader del politburo sovietico Nikita Chruscev al XX Congresso del Partito Comunista Sovietico denunciò i crimini staliniani e il “culto della personalità” del suo predecessore, aprendo così alla fase di destalinizzazione. Tuttavia, oltre al “rapporto segreto”, il XX Congresso passò alla storia anche per aver coniato, attraverso le parole dello stesso Chruscev, la nozione di “coesistenza pacifica” tra il mondo capitalista e quello comunista, considerata una svolta nei tesi sviluppi della guerra fredda.

Il XX Congresso rappresentò infatti un punto di rottura col passato e, al tempo stesso, un’accelerazione storica: se per tutta l’era staliniana il conflitto tra il mondo capitalista e comunista sembrava ed era ritenuto inevitabile, ora tale premessa veniva negata. Mentre Stalin aveva definito metaforicamente l’Unione Sovietica come un’isola socialista circondata da un mare capitalista, ovvero come due sistemi in conflitto perpetuo in cui uno avrebbe ceduto all’altro, ora i due sistemi socio-economici e culturali diametralmente opposti erano ritenuti di poter coesistere “pacificamente”.

In realtà, la coesistenza pacifica nacque ancor prima del XX Congresso e per cause contingenti: già nel gennaio 1955 il primo ministro sovietico Georgy Malenkov, in riferimento al recente sviluppo della bomba all’idrogeno russa, parlò della necessità di una coesistenza pacifica con l’occidente e con gli Stati Uniti in particolare. La paventata possibilità di una mutua distruzione assicurata (MAD) delineò quindi, nei mesi successivi, lo sviluppo di un nuovo paradigma nella politica estera sovietica. Sempre nel 1955, in primavera, i delegati rappresentativi di Unione Sovietica, Stati Uniti, Regno Unito e Francia firmarono il Trattato dello Stato Austriaco, che sanciva il ritiro delle truppe sovietiche dall’Austria e la sua indipendenza politica.

I rappresentanti si rincontrarono poi nel vertice di Ginevra, tenutosi nel luglio 1955, con il fine di instaurare un dialogo di pace tra le varie maggiori potenze del dopoguerra. Il vertice è considerato il primo summit della guerra fredda e, anche se i fini possono considerarsi invece falliti, permise l’instaurazione di un rapporto personale tra i leader delle due superpotenze, Eisenhower e Chruscev. Infine, nel settembre 1955, Mosca entrò in relazioni diplomatiche anche con la Repubblica Federale Tedesca (Germania Ovest).

Dunque, la morte di Stalin nel 1953 e lo sviluppo di armamenti ultra-sofisticati furono alla base del cambio di rotta di Chruscev, che motivò le sue ragioni al Congresso di partito del febbraio 1956 spiegando che una coesistenza pacifica non era solo ipotetica ma sopratutto necessaria per le sorti della pace globale. Pose quindi il partito dinnanzi a due possibilità: l’annunciata coesistenza pacifica o la più devastante guerra che il mondo abbia mai conosciuto. Inoltre, aggiunse che un miglioramento delle relazioni diplomatiche con le potenze occidentali sarebbe stato economicamente funzionale all’URSS stessa, che avrebbe potuto così tagliare parte delle spese destinate alla difesa e riallocarle in programmi volti al miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini sovietici.

Tuttavia, la coesistenza pacifica non pose assolutamente fine al confronto tra USA e URSS; ne scongiurò tuttalpiù qualcosa di catastrofico. Le due superpotenze continueranno sino agli anni ‘80 ad ampliare i loro arsenali bellici - quantitativamente e qualitativamente - e a ricercare tecnologie sempre migliori e distruttive.