roosevelt e la campagna della blue eagle

di Francesco Mele

La campagna dell’Aquila azzurra (Blue Eagle) fu un’iniziativa della presidenza Roosevelt cronologicamente collocata nel luglio del 1933, dopo i celebri primi 100 giorni del New Deal, in una fase quindi che vedeva scemare l’entusiasmo iniziale nei confronti del nuovo inquilino della Casa Bianca. L’ Aquila azzurra era figlia della National Recovery Administration, ed aveva il fine di riuscire a risollevare l’economia americana straziata dalla crisi del 29’, attraverso un controllo statale stringente dell’economia; tale programma si condensava intorno ad un simbolo, l’aquila azzurra appunto, che doveva essere sfoggiata e messa ben in mostra da ogni singolo americano che si definisse sostenitore di tale politica. Questa è una fase delicatissima della presidenza Roosevelt, in quanto quest’ultimo si ritrovava inizialmente ancora in balia delle conseguenze derivanti dalla grande Depressione, con un’industria americana incapace di reagire e con un’unica strada possibile da intraprendere: ottenere il sostegno popolare riguardo le proprie misure di controllo statale dell’economia e della produzione.

La prima mossa di Roosevelt fu inviare “l’accordo presidenziale per la rioccupazione” ad ogni singolo imprenditore, attraverso il quale si chiedeva a quest’ultimo di sostenere i dettami presidenziali riguardanti lavoro e produzione, come garantire un salario minimo tra i 12 e 15 dollari settimanali, e il divieto di ricorrere al lavoro minorile.

In seguito Roosevelt si rivolse all’intera nazione attraverso i suoi celebri “discorsi al caminetto”, affinché ogni cittadino americano supportasse l’operato del Presidente e prendesse parte attivamente alla guerra contro la grande Depressione, nella quale sarebbe stato fondamentale saper distinguere gli “amici” dai “nemici”. È proprio qui che entrano in gioco l’Aquila azzurra e la strategia del simbolismo: la Blue Eagle, accompagnata dal motto “We do our part” e declinata in varie forme, dalle statuette alle spille da indossare sugli indumenti, passando agli striscioni da far sventolare sulle fabbriche e all’ingresso dei negozi, diventava l’emblema dei sostenitori del presidente, l’uniforme di quell’esercito che aveva dichiarato guerra alla grande Depressione. Al contrario, coloro che non sbandieravano il simbolo dell’aquila azzurra erano da ritenersi dei veri e propri “nemici”.

La campagna della Blue Eagle era quindi completamente immersa nella retorica di guerra, e più precisamente mostrava un filo conduttore che la ricollegava alla grande mobilitazione del 1917-1918, tant’è che Roosevelt in tale contesto si affidò a uomini come Bernard Baruch, magnate della finanza che durante la Grande Guerra aveva pianificato il controllo pubblico della produzione industriale, ed ingaggiò i famosi “four-minute men”, che durante la Prima guerra mondiale avevano avuto il compito di illustrare, in discorsi di poco più di quattro minuti, i vantaggi della posizione interventista, e che adesso invece erano la voce viva della propaganda di Roosevelt in favore di una massiccia adesione alla campagna dell’Aquila azzurra.

La Blue Eagle ebbe una durata abbastanza limitata nel tempo, iniziando il 24 Luglio del 1933 con uno dei celebri discorsi al caminetto del presidente, e concludendosi il 13 Settembre dello stesso anno a New York, con una parata celebrativa sulla Fifth Avenue. In realtà la breve durata di tale campagna era volta ad evitare che la mobilitazione apparisse come un qualcosa di statico, e quindi puntava sul mantenere vivo il più possibile l’entusiasmo dei cittadini.

Ma cosa succedeva a chi non aderiva alla campagna dell’Aquila azzurra? A questo punto il discorso diventa molto complesso e si addentra in una dimensione fatta di parole ambigue e di minacce velate: in primis, i detrattori della Blue Eagle rischiavano di essere considerati dalla collettività come nemici pubblici, in quanto la campagna si rivolgeva all’intero popolo americano e mai al singolo individuo; inoltre, per le imprese non a favore della campagna c’era il rischio più o meno velato di essere escluse dagli appalti pubblici. Insomma, con un’ottima strategia di discorsi volutamente ambigui, si sosteneva che la collaborazione con il presidente era del tutto volontaria, ma anche che non sarebbero state tollerate eccezioni: “la campagna dell’Aquila azzurra si basava sulla collaborazione volontaria, ma chi non collaborava volontariamente doveva essere comunque costretto a fare la sua parte”, in questi termini Andrew Davis Wolvin descrive il funzionamento della Blue Eagle in “The 1933 Blue Eagle campaign: a Study in persuasion and coercion”.


LETTURE ED APPROFONDIMENTI

  • W. Schivelbusch, “3 New Deal. Parallelismi tra gli Stati Uniti di Roosevelt, l’Italia di Mussolini e la Germania di Hitler. 1933-1939.”, Marco Tropea Editore s.r.l., 2008;

  • A.D. Wolvin, “The 1933 Blue Eagle campaign: a study in persuasion and coercion”, Purdue University,1968.