di Lorenzo Bonaguro

MEGACITY: LE CITTÀ DEL FUTURO

«Un elefante è più efficiente di un topo… Lo stesso vale per una megacittà comparata a un villaggio. Ma un elefantesi può rompere una gamba facilmente… Le dimensioni ti rendono fragile»

Nassim Nicholas Taleb

«Le megalopoli sono sistemi metabolici in cui i flussi demografici circolano senza sosta»

Parag Khanna


Nel corso della storia le città sono sempre state i fulcri delle società umane, i principali centri del progresso, del potere economico e politico. Il numero e la grandezza delle città sono da sempre oscillanti, ma nell’ultimo secolo si è affermato un trend di urbanizzazione globale che pare inarrestabile: le Nazioni Unite stimano che entro il 2030 cinque miliardi di persone vivranno in aree urbane, altri ancora prevedono che il 72% della popolazione mondiale entro il 2050 sarà inurbata.

Sono sorte così le megacity, le città con oltre 10 milioni di abitanti. Non c’è però unanimità sulla definizione: ad esempio l'ONU preferisce riferirsi a “conglomerati urbani” e anziché a metropoli o megacities, mentre altre organizzazioni o centri di ricerca prediligono altre terminologie. Altri ancora pongono una soglia ancor più bassa di dieci milioni di abitanti, ma aggiungono come ulteriore criterio il tasso di densità della popolazione.

Nel secondo dopoguerra le uniche città che potevano fregiarsi del nome di megacity erano New York e Tokyo. Oggi le megacity sono quasi quaranta e di queste Tokyo, Shanghai e Jakarta superano quota trenta milioni di abitanti. Asia e Africa sono i protagonisti di questo fenomeno: la prima possiede oltre la metà delle città con queste caratteristiche, concentrate per lo più in Cina e India, mentre nella seconda il processo di urbanizzazione è certamente partito in ritardo ma conosce una crescita senza precedenti. Lagos, capitale della Nigeria, ha appena raggiunto quota venti milioni di abitanti, così come l'area metropolitana del Cairo, mentre Kinshasa, capitale del Congo, ha da poco superato i dieci milioni.

Le megacittà si trovano davanti a sfide politiche e amministrative enormi dovute non solo alla quantità ma anche alla qualità degli abitanti. Queste città infatti sono fulcro e simbolo della globalizzazione, qui si riversano individui da ogni parte del mondo creando una demografia multietnica e multiculturale distaccata dal territorio circostante. Per gestire situazioni del genere i governi locali devono necessariamente implementare un’agenda progressista e fornire servizi adeguati a una platea eterogenea. C’è però un problema: decenni di privatizzazioni hanno reso questo compito ancora più difficile, ad esempio in molti casi mancano piani di edilizia popolare su larga scala.

La questione è collegata anche alla marginalizzazione degli strati sociali più poveri e alla gentrificazione che spinge questi verso periferie sempre più congestionate e mal servite; periferie che in molti casi, come Pechino e Shanghai, sono vere e proprie città satellite. Devono anche essere ridisegnati i piani per l’approvvigionamento energetico e idrico – e qualunque altro tipo di infrastruttura necessaria per una città del III millennio – per sostenere la crescente domanda. Quindi ingenti capitali, pubblici e privati insieme, sono investiti, attirando così ulteriori individui dall’estero o da altre zone del paese, ingrandendo ulteriormente le megacittà e le loro criticità. Con l’espansione aumenta anche l’inquinamento atmosferico e non, con pesanti ricadute sulla salute pubblica: le megacittà cinesi e indiane sono un esempio di tutti questi problemi.

Per ovviare a queste difficoltà le infrastrutture vengono costruite o ricostruite per trasformare un agglomerato caotico in un sistema policentrico in modo da uniformare il paesaggio urbano e razionalizzarlo, altrimenti “l’elefante” crollerebbe subito.

Alcune di queste megalopoli hanno sviluppato una propria dimensione politica all’interno dello Stato e quindi di maggiore autonomia, creandosi al contempo una soggettività internazionale di primo piano, soprattutto negli affari economici. Dubai è un esempio evidente di ciò. La stessa Cina, un paese con regime autoritario, ha fatto di queste megacittà, e i territori limitrofi, il motore del decollo economico negli anni Ottanta creando zone amministrative apposite, come le Zone Economiche Speciali (Shenzen).

Queste città, di fatto sempre più autonome dalle capitali a causa del loro peso relativo, sono molto più pragmatiche e dinamiche nel reagire alle sfide di un mondo globalizzato rispetto ai loro stessi Stati. In futuro, queste nuove realtà rimodelleranno il volto della geografia urbana e dei rapporti economici e sociali che reggono mondo.