di Nikola Hristov


IL "PARTITO NUOVO" DI PALMIRO TOGLIATTI: METAMORFOSI DEL PCI


Palmiro Togliatti è stato uno dei fondatori del Partito Comunista d'Italia assieme ad Antonio Gramsci nel 1921, ma se al nome di Gramsci si associa prevalentemente la fondazione del partito, quello di Togliatti viene ricordato soprattutto per altro, cioè per aver guidato il PCI dal 1943 al 1964, anno della sua morte.

Togliatti lascerà l'Italia nel 1926 e vi farà ritorno solo nel 1944, vivendo in esilio per 18 anni. Il 1926 fu l'anno delle "Leggi Fascistissime" con le quali venne abolito qualsiasi possibilità di dissenso, sciopero, riunione e vennero messi fuori legge tutti i partiti tranne il partito nazionale fascista. Tornato in Italia dopo la caduta del fascismo, Togliatti decise di dare una svolta alla linea del partito comunista, che storicamente segna l'inizio del nuovo corso che viene ricordato con la "Svolta di Salerno". Nel marzo 1944 approda sulle coste di Napoli, quindi si reca subito a Salerno, dov'erano riuniti i dirigenti dei vari partiti antifascisti e apparati militari. E' il generale Badoglio l'uomo che sta guidando un governo provvisorio a fianco degli alleati. Il problema che si pone dinnanzi a Togliatti è se aderire o meno ad un governo di unità nazionale. Storicamente, il Partito Comunista è sempre stato fortemente contrario ad un'alleanza con qualsiasi partito democratico ma, con la svolta di Salerno, Togliatti apre ad un governo di unità nazionale con tutti i componenti antifascisti della società politica italiana, dall'universo cattolico agli apparati militari. Abbandonando le istanze più radicali e quel giacobinismo che ha caratterizzato i partiti leninisti all'indomani della prima guerra mondiale e della rivoluzione russa, Togliatti sembrò anche abbandonare il motivo principale per il quale nasce il PCI, cioè la rivoluzione, tant’è che nel 1921 gli "avanguardisti" del PSI si divisero e formarono il PCI proprio perchè in dissenso con la linea maggioritaria che dominava il partito, cioè quella riformista. All’indomani della caduta del fascismo, invece, anche il PCI abbraccia, almeno temporaneamente, la strada del riformismo.

Per questo motivo si parla di "Partito Nuovo", ovvero l'abbandono delle vecchie istanze rivoluzionarie per adattarsi al necessario e obbligatorio - se si vuole sopravvivere e pacificare il Paese - percorso riformista. Il compito più arduo per Palmiro Togliatti fu infatti quello di riuscire a trasmettere alla base del partito la necessità che bisognava entrare nelle logiche del gradualismo, senza provocare ulteriori spaccature o scissioni all’interno del partito. L'argomentazione che Togliatti propone nei suoi scritti e discorsi, con una retorica ambigua, è la necessità che la classe operaia possa riformare il sistema attraverso il gioco democratico. Ovvero, in estrema sintesi, il potere non si conquista più con la rivoluzione ma attraverso elezioni democratiche. La strategia di Togliatti è incentrata sulla democrazia politica, il suo compito primario è riuscire a portare su istanze riformiste quella base del partito che pensava bisognasse sfruttare la Resistenza e il vuoto di potere creatosi con la caduta del fascismo per compiere la rivoluzione. Nei suoi discorsi, Togliatti, ricorrerà spesso a binomi come "democrazia progressiva" e "riforme di struttura”, abbandonando sempre di più i termini rivoluzionari. Il partito comunista doveva diventare un partito di massa e non essere più un partito di "avanguardisti" come quando nacque. Togliatti, consapevole che non fosse possibile fare la rivoluzione in Italia nel 1944, poiché non vi sono più gli stessi presupposti sociali e politici né a livello nazionale né a livello internazionale del biennio rosso, era altresì consapevole che quindi bisognava inaugurare un "Partito Nuovo".


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