Qey Shibir - il terrore rosso in Etiopia

GABRIELE PATO
AFRICA

QEY SHIBIR - IL TERRORE ROSSO IN ETIOPIA

«Sono solo un militare, ho fatto quello che ho fatto solo perché bisognava salvare il mio paese da tribalismo e feudalismo. Se ho fallito è solo perché mi hanno tradito. Il cosidetto genocidio è stato solo una giusta guerra in difesa della rivoluzione, di un sistema del quale hanno beneficato tutti»

(Menghistu Hailè Mariàm)

Dal XII secolo fino agli anni settanta del Novecento – con una breve interruzione durante l'occupazione italiana del 1936-'40 – l'Etiopia è stata una monarchia assoluta retta da sovrani di etnia Habesha. L'ultimo sovrano, Haile Selassie, venne deposto definitivamente nel 1974 da un colpo di stato, in seguito ad un periodo di gravissime carestie, e le redini del governo vennero assunte dalla giunta militare marxista del DERG (Consiglio di Coordinamento delle Forze Armate, della Polizia e delle Forze Territoriali), guidata dal presidente Aman Micael Andom. Tra i primi provvedimenti del DERG vi fu la messa a morte di sessantuno funzionari reali, seguita dall'esecuzione dell'ex imperatore nel 1975, i cui resti si dice siano stati sepolti sotto le piastrelle del bagno dell'ufficio presidenziale. Aman Andom venne ucciso in circostanze misteriose pochi mesi dopo la presa del potere e fu eletto presidente Tarif Bante, il quale nominò Menghistu Hailè Mariàm come suo vice.

Nel 1975 le frizioni tra il DERG ed i principali gruppi civili comunisti si intensificarono, finché venne scoperto un progetto elaborato dal Partito Rivoluzionario del Popolo Etiope (EPRP) volto assassinare i principali leader militari; la reazione della giunta fu durissima, moltissimi membri del movimento vennero arrestati e fucilati. Nonostante ciò, una parte del DERG ritenne però che Bante non fosse abbastanza duro nei confronti degli oppositori e dunque all'interno del Consiglio si crearono rapidamente correnti in lotta fra loro. Il 3 febbraio 1977, durante una riunione di partito, uomini vicini a Menghistu aprirono il fuoco contro gli oppositori, uccidendo 58 ufficiali. Una volta preso saldamente controllo del partito, Menghistu rivolse le proprie attenzioni all'esterno: la politica marxista si fece più severa – anche grazie all'appoggio finanziario e militare dell'URSS – attraverso la nazionalizzazione dei terreni agricoli e pascivi, delle banche, delle assicurazioni. Inoltre, più diecimila studenti furono prelevati dall'università ed inviati nelle campagne come insegnanti, disperdendo preventivamente possibili sacche di opposizione in seno all'ateneo.

In seguito alla carneficina del 3 febbraio, cominciò il periodo chiamato del Terrore Rosso. Menghistu concentrò le proprie forze nella repressione di ogni dissenso, prima nel DERG e poi tra la popolazione civile. Nel marzo 1977 il presidente tenne un discorso pubblico dichiarando ufficialmente guerra all'EPRP. Fin dai giorni successivi, gruppi di “kebels” (ronde di civili auto organizzate) vennero armati dal DERG e mandati in cerca di “reazionari ed anarchici”. Il 1 maggio, Menghistu ordinò l'arresto di chiunque fosse sospettato di opposizione al governo. Le perquisizioni avanzarono casa per casa, centinaia di persone vennero arrestate ed assassinate in carcere ed altre centinaia di civili morirono sul selciato. Più di mille “nemici della rivoluzione” vennero eliminati in meno di 24 ore. Debellato fisicamente l'EPRP, fu la volta del MEISON (Movimento Socialista Panetiope), colpito con altrettanta violenza.

La campagna di terrore di Menghistu si placò dopo il 1978, quando questi ritenne di aver eliminato qualsiasi tipo di opposizione. In questi pochi anni, si calcola che il regime del DERG abbia mietuto oltre 100'000 vittime, tra le quali almeno un migliaio di minorenni soltanto ad Addis Abeba.

La sua presidenza cominciò a vacillare seriamente nel 1984, a causa di una tremenda carestia in parte causata dalla pessima gestione delle risorse attuata dal regime. In fine, il 21 maggio 1991, la Repubblica Democratica Popolare d'Etiopia venne rovesciata da un nuovo colpo di Stato e Menghistu si rifugiò in Zimbabwe presso il suo amico Robert Mugabe, dal quale è tutt'ora protetto. Il primo governo democratico costituì un tribunale per i crimini di guerra sul modello di Norimberga – seppur mai riconosciuto a livello internazionale – e dopo un processo lungo oltre 12 anni condannò a morte Menghistu e settantatrè suoi collaboratori, tra cui il Patriarca della Chiesa Ortodossa Etiope. Quattro di questi 73 condannati trovarono rifugio nell'ambasciata italiana dove i due di loro ancora vivi sono tutt'oggi ospitati.