AFRICAdi Lorenzo Balma

PATRICE LUMUMBA E L’INDIPENDENZA DEL CONGO

"Chi dimenticherà che a un negro si dava del “tu” non come a un amico, ma perché il “voi” rispettoso era riservato ai bianchi?"

(Patrice Lumumba)

Eroe nazionale congolese, Patrice Lumumba nacque il 2 luglio 1925 a Onalua, villaggio nella provincia del Kasai, nel Congo Belga, dove ricevette un’educazione cattolica nelle scuole dei missionari che collaboravano con il governo belga.

Il territorio in cui crebbe Lumumba fu punto strategico per le forze coloniali, causa l’incredibile quantità di risorse, sia preziose che estrattive (fu proprio con l’uranio estratto in Congo che si costruirono le bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki).

Successivamente, si trasferì a Stanleyville, dove si iscrisse ad un corso per diventare impiegato delle poste, in cui venne poi assunto. Nello stesso periodo decise anche di arricchire la sua istruzione, migliorando la sua conoscenza della lingua francese, così da poter anche leggere e studiare storia, filosofia e politica. Fu proprio a Stanleyville che incominciò ad intrattenere rapporti con il Partito liberale belga partecipando ad incontri di numerose associazioni, diventando infine presidente dell’associazione degli “évolué de Stanleyville”.

Gli “évolué” rappresentavano quella parte di società congolese che aveva raggiunto un adeguato livello di “civilizzazione”, confermato dalla loro istruzione e dal loro stile di vita. Il fatto che Lumumba ricevette lo status di évoluè influenzò anche i suoi scritti: sul tema del colonialismo, infatti, rimase inizialmente su una posizione moderata, condannando il razzismo delle potenze coloniali ma, allo stesso tempo, riconoscendo i progressi tecnologici, scientifici e culturali portati dalla civiltà occidentale.

Tornato da una visita ufficiale a Bruxelles, su diretto invito di Re Baldovino (evento più unico che raro per il Belgio che non permetteva di far andare all’estero gli abitanti delle proprie colonie), dovette scontare 14 mesi di carcere in cui scrisse l’unico suo libro “Libertà per il Congo”.

Dopo la detenzione venne assunto in qualità di direttore commerciale in una fabbrica di birra, che funse da pretesto per limare la sua dialettica e oratoria, convincendo i proprietari dei bar e i consumatori a bere la birra della sua fabbrica.

Gli anni ’50 si presentarono come l’inizio delle grandi lotte per l’indipendenza. Iniziarono nel ’56 il Marocco, la Tunisia e il Sudan e un anno più tardi anche il Ghana (ex Costa d’Oro). E’ in questo periodo che nacquero i primi partiti politici in Congo, come il Mouvement National Congolais, fondato con il prezioso contributo di Lumumba, che nel ’58 parteciperà alla prima conferenza Panafricana ad Accra. Quest’evento, organizzato da Kouamé Krouma, risultò decisivo per il cammino politico di Lumumba, che conobbe le personalità politiche e culturali africane di spicco, tornando in patria con idee più decise e radicali. Si licenziò infatti dalla fabbrica di birra per dedicarsi alla causa politica.

Il 4 gennaio 1959 scoppiò una rivolta partecipata da migliaia di persone, in seguito al divieto posto dall’amministrazione belga per una manifestazione politica, che segnò un punto di non ritorno nel rapporto tra europei e congolesi. In quell’occasione vennero di fatto sfregiati i simboli del potere coloniale e venne segnata anche la definitiva consacrazione della lotta per l’indipendenza come movimento di massa e non più, quindi, solo come una questione portata avanti dagli évolué. Con il timore che il Congo diventasse terreno di guerriglia come in Algeria, i Belgi organizzarono una tavola rotonda, a cui partecipò anche Lumumba per contrattare l’indipendenza del Congo, cercando di mantenere comunque il controllo economico delle sue risorse.

Il 30 giugno 1960 venne accordata l’indipendenza al Congo, che venne rinominato “Repubblica Democratica del Congo”. Il risultato delle prime elezioni democratiche in Congo fu un governo di coalizione tra il MNC e l’Alliance de Bakongo che ottenne il posto di Presidente per Joseph Kasa-Vubu, mentre Patrice Lumumba divenne Primo ministro e Ministro della difesa.

Nel giorno della festa dell’indipendenza, il Re Baldovino disse al comizio di presentazione del nuovo governo che: “l’indipendenza del Congo costituiva la realizzazione dell’opera concepita dal genio di Leopoldo II. Opera intrapresa con coraggio e tenacia, e continuata con perseveranza dal Belgio”, allontanando definitivamente Lumumba dal dialogo con l’ex potenza coloniale e portandolo a pronunciare uno dei più famosi discorsi politici nella storia dell’Africa. “[…] Noi che abbiamo visto saccheggiare la nostra terra in nome di princìpi falsamente legali, che riconoscevano solo il diritto del più forte […] abbiamo visto che la legge non era mai la stessa per un bianco o per un nero. Era accomodante per i primi e inumana per i secondi”.

Il 4 luglio dello stesso anno la Force Publique, la polizia congolese, si ammutinò: i sottoufficiali neri iniziarono a rifiutare gli ordini dei superiori che di nazionalità belga. La tensione interna alle forze armate in breve si estese a tutto il paese portandolo sull’orlo del tracollo. Le violenze e gli scontri di piazza coinvolsero anche gli imprenditori occidentali, rimasti nella regione di Léopoldville (ora Kinshasa) e i militari congolesi si resero responsabili di stupri e saccheggi ai danni della popolazione civile. Alla fine degli scontri Lumumba accontentò i militari nominando Victor Lundula capo dell’esercito. Nominò inoltre come nuovo comandante in forza maggiore Joseph Désiré Mobutu, che durante le trattative di Bruxelles era stato assoldato come informatore dall’intelligence Belga e dalla CIA.

Il giorno seguente nella città di Elizabethville vennero uccisi cinque europei, che furono usati come pretesto dal Belgio per inviare le proprie truppe nel Congo a proteggere i propri connazionali. Approfittando di disordini in corso, l’11 luglio 1960 Moise Ciombe, il leader del Conakat, proclamò la secessione della provincia del Katanga, ricchissima di giacimenti minerari.

In questa situazione, Lumumba, che aveva accusato Bruxelles di aver fomentato la secessione nel Katanga, chiese aiuto militare agli Stati Uniti per portare l’ordine, che però non intervennero. Invocò, quindi, la supervisione dell’ONU. Il mandato per le truppe Onu, che erano composte principalmente da tunisini e ghanesi, non prevedeva però l’intervento contro le truppe belghe, riconosciute dal governo congolese come nemiche. Lumumba allora chiese aiuto a Nikita Chruscev, leader del Cremlino, che inviò truppe dell’Armata Rossa in Congo.

Successivamente, durante un tentativo di secessione del Sud Kasai, regione ricca di diamanti, l’esercito congolese sedò la rivolta sparando sulla folla, provocando l’accusa, invocata da Lumumba, di genocidio.

È in quest’occasione che Kasa-Vubu ufficializzò il primo ministro Lumumba sollevato dall’incarico e quest’ultimo dichiarò altrettanto del Presidente.

Questo impasse istituzionale spianò la strada al colpo di stato di Mobutu il 14 settembre 1960, con l’aiuto della CIA e dei servizi segreti belgi.

Lumumba, dopo un periodo agli arresti domiciliari, decise di intraprendere un viaggio in automobile di 2000km verso Stanleyville dove i suoi sostenitori avevano cercato di formare un nuovo governo. Il primo dicembre 1960, durante questo viaggio in cui si fermò spesso nei villaggi per fare comizi politici, venne catturato e portato in un campo di prigionia. Il 17 gennaio 1961 fu portato a Elizabethville (ex capitale del Katanga ribelle, ora Lubumbashi) dai soldati di Mobutu, torturato e fucilato con due dei suoi ministri. I loro corpi furono fatti a pezzi e sciolti nell’acido.

La colpa per cui Lumumba venne condannato a morte dalla diplomazia occidentale, infatti, fu quella di essersi rivolto al presidente russo Nikita Kruscev, per sedare la ribellione separatista del Katanga del 1960 e per allontanare dal proprio territorio un esercito straniero. Fu accusato anche di essere un filo-comunista anche se, in realtà, Lumumba non voleva nemmeno lontanamente apparire comunista: per quanto il leader africano avesse studiato da autodidatta, dai suoi discorsi traspariva un convinto rivoluzionario legato più al patriottismo ottocentesco, di cui molto aveva letto, che a qualunque altra ideologia. L’assassinio politico di Patrice Lumumba, che divenne uno dei più rilevanti di tutto il Novecento, fu sicuramente tanto il risultato della logica nefasta dei blocchi della Guerra Fredda, quanto della volontà occidentale di non mollare la presa su tutto un continente.

LETTURE ED APPROFONDIMENTI:

• Patrice Lumumba, “Libertà per il Congo”, Editori Riuniti

• Alessandro Aruffo, “Patrice Lumumba e il Panafricanismo”, Massari Editore

• M.Stella Rognoni, “Scacchiera congolese. Materie prime, decolonizzazione e guerra fredda nell’Africa dei primi anni Sessanta”, Polistampa