L'Italia alla conquista dell'Etiopia

GABRIELE PATO
AFRICA

l'italia alla conquista dell'etiopia

guerra d'etiopia
La guerra d'Etiopia

Fin dal primo decennio della propria esistenza il Regno d'Italia cominciò a mettere in moto esploratori e diplomatici allo scopo di acquisire delle colonie d'oltremare. Inizialmente, lo sguardo venne rivolto verso l'Asia sudorientale: Thailandia, Birmania, isole Andamane. Si arrivò addirittura alla stesura di pre-contratti per l'acquisizione del Borneo settentrionale e di alcune aree della Nuova Guinea, ma le trattative non andarono in porto a causa dell'opposizione delle potenze più influenti nell'area. Contemporaneamente, Cavour avanzò sporadici tentativi nel golfo di Guinea, prontamente stroncati dal Regno Unito. L'intervento privato si rivelò più efficacie: nel 1879 l'armatore genovese Raffaele Rubattino acquistò, come prestanome per lo Stato italiano, la baia di Assab in Eritrea. Cinque anni dopo, il governo De Pretis si accordò con il Regno Unito per l'acquisizione del vicino porto di Massaua. Nel 1890 i territori vennero uniti nell'Eritrea Italiana e nel 1895, approfittando della morte del Negus Giovanni IV, l'esercito occupò l'area orientale dell'altipiano etiopico – tra cui la città di Asmara – come base per una successiva espansione. L'anno seguente, a causa di una disputa sui confini, il regio esercito venne attaccato e sconfitto presso il monte Amba Alagi, a Macallé e ad Adua. Le gravi perdite, l'onta pubblica e le conseguenti proteste di piazza portarono alla firma della pace di Addis Abeba, con cui il Regno d'Italia prometteva di riconoscere l'Impero di Etiopia come stato sovrano e indipendente e di rispettarne i confini. Frattanto, tra 1890 e 1908, anche la Somalia si trasformò prima in protettorato e poi in colonia: il progetto di una grande Africa Orientale Italiana proseguiva nonostante Adua.

Fino a metà degli anni Venti, anche a causa della mancanza di risorse dovuta alla Grande guerra, la gestione dei territori già posseduti fu preferita a nuove rischiose avventure di conquista. Il vento cambiò, seppur lentamente, con l'ascesa di Mussolini al potere. Già dal 1925 vennero riallacciate relazioni diplomatiche con i capi ribelli del Tigré e si presero accordi segreti (poi pubblicati) con la Gran Bretagna per una ferrovia Mogadiscio-Asmara, che sarebbe dovuta passare in territorio etiope. Queste mosse politiche furono denunciate da Menelik II alla Società delle Nazioni, di cui facevano parte tutti i paesi coinvolti, senza però ottenere alcun risultato soddisfacente. Nel 1932, finalmente, Mussolini decise che era il momento di entrare in azione. Il Ministro delle colonie Del Bono, assistito dall'ambasciatore Guariglia, stese un'ampia relazione politica, economica e militare sullo stato delle cose in Africa orientale. La macchina propagandistica sull'Impero e sull'espansione coloniale venne avviata a massimo regime, attraverso mostre, esposizioni, discorsi pubblici, manifestazioni politiche e pubblicazioni editoriali che coinvolsero eminenti studiosi e accademici d'ogni sorta.

Tra il 1932 ed il 1935 lo Stato Maggiore italiano si dedicò alla preparazione dell'attacco, che fu causa di aspre lotte intestine e divisioni all'interno dell'esercito e del Partito Fascista. Alla fine si giunse ad un accordo tra i principali generali, che stabilì la mobilitazione di circa 130'000 soldati (80'000 italiani e 50'000 ascari eritrei) ed un'offensiva prudente. Nonostante i grandi progetti, che coinvolgevano navi, aerei, treni e mezzi pesanti, il governo italiano non aveva in alcun modo implementato le infrastrutture. In compenso, Mussolini e i suoi diplomatici riuscirono a far allontanare Regno Unito e Francia dal governo etiope e, attraverso numerosi trattati, a spianarsi la strada verso la conquista. Nel frattempo però, il Negus Hailé Selassié, in seguito all'incidente di Ual Ual, riarmò rapidamente il proprio esercito, annusando il peggioramento della situazione e l'abbandono da parte dei partner europei. Anche l'opinione pubblica mondiale comprese ben presto cosa stava accadendo: si svolsero manifestazioni pacifiste e a favore dell'Etiopia nelle principali città del globo, Londra, Parigi, Damasco, Città del Messico, Nairobi e Città del Capo.

L'offensiva partì, senza una dichiarazione di guerra, il 3 ottobre 1935 e la Società delle Nazioni, di conseguenza, approvò una serie di pesanti sanzioni nei confronti del Regno d'Italia, che comunque non fecero desistere Mussolini. In meno di un mese, il regio esercito raggiunse e occupò le città di Adua, Axum, Adigrat e Macallè. A causa un breve stallo nel mese di novembre, il generale Del Bono venne sostituito da Pietro Badoglio che, fermata la controffensiva etiope, proseguì la marcia verso Addis Abeba mentre da sud proseguiva la campagna condotta dal generale Graziani al comando delle truppe italo-somale. Tra l'aprile e il maggio 1936, ebbe luogo la marcia conclusiva verso la capitale: il 2 maggio Hailé Selassié fuggì e tre giorni dopo, il 5 maggio, la colonna guidata da Badoglio entrò in città. In realtà, Addis Abeba sarebbe potuta essere conquistata diversi giorni prima ma a quanto pare Mussolini impose che l'ingresso trionfale dovesse essere riservato alle truppe bianche nazionali e non agli ascari eritrei.

Nonostante la sconfitta, molti etiopi non si arresero e formarono gruppi di resistenza “partigiana” chiamati arbegnuoc, i quali continuarono la propria lotta fino alla riconquista della capitale – a supporto delle forze inglesi – nel 1941. Durante i sette mesi di conflitto, il Regio Esercito subì un totale di 4500 morti, dei quali la maggior parte vittime di malattie. Similmente, i danni ai mezzi causati dal nemico furono risibili: soltanto 8 velivoli furono abbattuti dagli etiopi, ma ben 65 furono persi a causa di incidenti o guasti. Le perdite etiopi invece, per quanto difficili da calcolare, vengono stimate in circa 250'000 persone dei quali, gran parte, furono vittime civili causate dai bombardamenti e dal massiccio uso di gas: questa condotta bellica, già proibita da convenzioni internazionali, era già stata pianificata nel 1934 e venne largamente applicata durante la controffensiva dell'inverno '35, quando gli agenti chimici furono utilizzati per privare gli etiopi delle principali risorse e per creare terrore tra la popolazione, colpendo con gas tossici villaggi, pascoli, mandrie, laghi e fiumi.

LETTURE E APPROFONDIMENTI:

RAI Storia: http://www.raistoria.rai.it/…/la-campagn…/29165/default.aspx

Angelo Del Boca – “Italiani in Africa orientale, vol. II: la conquista dell'Impero”; Mondadori; 2009.

Angelo Del Boca – “Italiani, brava gente?”; Neri Pozza; 2014.