L'apartheid in Sudafrica

GABRIELE PATO

APARTHEID IN SUDAFRICA

«Unitevi! Mobilitatevi! Lottate! Tra l'incudine delle azioni di massa ed il martello della lotta armata dobbiamo annientare l'apartheid!» (Nelson Mandela)

Tra i vari sanguinosi strascichi del processo di decolonizzazione, la segregazione razziale in Africa meridionale è fuor di dubbio uno dei più tragici. Nonostante si trattasse di una prassi già diffusa, l'idea di separare legalmente e fisicamente bianchi e neri entrò nel discorso politico soltanto in seguito alle guerre anglo-boere quando, nel 1910, l'Unione Sudafricana ottenne una parziale indipendenza dal Regno Unito e divenne un 'dominion' al pari di Canada e Australia.

Il termine afrikaans 'apartheid', traducibile come 'separazione' o 'partizione', venne introdotto nel 1917 dal politico e filosofo Jan Smuts. Nonostante egli fosse un convinto sostenitore della superiorità biologica della razza bianca ed abbia ricoperto la carica di primo ministro per due volte, la segregazione della popolazione autoctona prese valore legale soltanto alla conclusione del suo 'ultimo governo, nel 1948. La causa principale per cui l'apartheid non trovò completa applicazione fino al secondo dopoguerra fu la rivalità politica tra britannici e boeri; mentre i primi, anche se suprematisti, erano guidati dall'approccio coloniale paternalistico tipico della madrepatria e si mostravano in una certa misura più concilianti verso gli autoctoni, i secondi sposavano un progetto nazionalista volto alla protezione della propria identità dalle influenze britanniche e alla totale separazione tra autoctoni e coloni europei. Fu infatti un governo a maggioranza boera, guidato da Barry Hertzog, a varare nel 1928 i primi provvedimenti in questo senso.

Durante i primi anni Quaranta, il Partito Nazionale Purificato, quello Afrikaner ed il Partito Fascista Sudafricano si unirono per formare il Partito Nazionale, una coalizione guidata dai principali ideologi dell'apartheid ed influenzata dall'ideologia nazista. La coalizione di estrema destra raccolse numerosi consensi da parte della popolazione anglofona e ciò le permise di vincere le elezioni del 1948 e mantenersi al potere fino agli anni Novanta. I primi tre governi del NP furono guidati dai tre principali ideologi della segregazione: Malan, Strijdom e Verwoerd. Dal punto di vista ideologico, i sostenitori dell'apartheid teorizzavano la creazione di comunità indipendenti, divise da criteri etnici e culturali, lasciando che ognuno seguisse il proprio sviluppo sociale, economico e territoriale. Secondo questo principio Verwoerd, ministro degli affari interni, optò per la creazione delle così dette 'homeland' o 'bantustan': gli africani, che costituivano l'80% della popolazione totale, venivano adesso costretti a vivere in particolari riserve corrispondenti ad appena il 13% del territorio sudafricano.

Il governo dell'NP non riuscì mai a limitare tutta la popolazione nera in queste riserve e grandi masse di diseredati cominciarono a sviluppare le Townships, agglomerati urbani adiacenti alle città, in cui i neri non potevano accedere.

In parallelo alla coercizione nelle riserve, anno dopo anno venne sviluppato un programma di spoliazione dei diritti degli autoctoni: privazione della cittadinanza sudafricana, divieto di matrimoni misti, divieto di accesso alle città principali, divieto di accesso all'istruzione tranne che nelle scuole agricole per neri, proibizione dell'uso di risorse pubbliche quali parchi o fontanelle, chiusura forzata dell'ANC – unico partito a maggioranza nera –, divieto di frequentare persone bianche se non grazie ad un apposito passaporto. Nel 1956 la legislazione fu estesa a tutti i cittadini non-bianchi, compresi gli asiatici, e nel 1978 il ministro per lo sviluppo delle relazioni razziali, arrivò a dichiarare che il fine ultimo sarebbe stato quello di espellere tutti i non-bianchi dal Sudafrica.

Inizialmente, durante tutti gli anni Cinquanta, esistettero vari movimenti per l'abolizione dell'apartheid e la convivenza tra etnie diverse, i quali vennero duramente repressi. Dal decennio successivo, quando l'ANC fu messo definitivamente al bando, l'ala militare del partito – chiamata Umkhonto we Sizwe – fondata da Nelson Mandela cominciò la lotta armata contro lo stato segregazionista. Anche la comunità internazionale si schierò duramente contro le politiche razziste dei governi bianchi sudafricani: dal 1971 l'apartheid fu riconosciuto ufficialmente come crimine contro l'umanità e, da quel momento, molti stati africani e non applicarono sanzioni economiche alla Repubblica Sudafricana ed i suoi atleti non furono mai ammessi ai giochi olimpici. Soltanto alla fine degli anni Ottanta, a causa delle gravi pressioni interne ed esterne, il regime razzista cominciò a cedere; nel 1990, dopo 27 anni di carcere, Nelson Mandela venne liberato. Le elezioni successive furono riaperte agli elettori nei e l'ANC venne riabilitato: vinse con il 61% dei voti e poté, finalmente, abolire l'apartheid e cominciare il difficile percorso verso la convivenza e l'eguaglianza tra le comunità.