di Gabriele PatoAFRICA

LA SECESSIONE DEL KATANGA

Durante il periodo di decolonizzazione nel secondo dopoguerra, le colonie europee in Africa ed Asia furono uno dei principali rifugi per i mercenari. In questo tipo di guerre, sporche e distanti dalla percezione pubblica occidentale, i combattenti privati poterono trovare terreno fertile. Tuttavia, con il declino del colonialismo e delle guerre di indipendenza – la guerra d’Algeria fu uno degli ultimi conflitti in cui vennero impiegati massicciamente – le offerte di lavoro calarono bruscamente. Dunque, all’inizio degli anni Sessanta, il caos politico e le lotte armate seguite all’indipendenza del Congo, si rivelarono l’ambiente ideale per il rilancio della guerra su commissione.

Dopo la dichiarazione di indipendenza del 30 giugno 1960, seguì un periodo di sommosse violente contro gli europei ed il Belgio organizzò rapidamente l’evacuazione di tutti i suoi civili rimasti sul territorio. Mentre l’Armée Nationale Congolaise (ANC), teoricamente sottoposta al governo di Lumumba ma in preda all’anarchia, si dava al saccheggio nelle principali città e nelle campagne circostanti e nella capitale Leopoldville i politici si litigavano lo scranno del potere, l’Unione Mineraria dell’Alto Katanga (UMHK), impresa privata belga che sostanzialmente controllava questa regione, tentava di salvaguardare il proprio interesse: il controllo del ricchissimo sottosuolo del Katanga. L’alleato ideale venne riconosciuto in Moise Cchombe, che pochi anni prima aveva fondato un partito secessionista e che, spinto dall’UMHK, dichiarò la secessione del Katanga soltanto pochi mesi dopo l’indipendenza del Congo. Per favorirlo nell’impresa, prima di lasciare il paese, l’esercito belga aveva disarmato l’ANC nella regione e aveva rifornito Chombe di armi, denaro, medicine ed esperti istruttori militari. Nonostante nessuno – né URSS né USA, né altri paesi africani – desiderasse una ridefinizione dei confini nell’area, le truppe ONU presenti in Congo si concentrarono nella capitale cercando di sedare le violenze.

Privo di un vero e proprio esercito, ma ricco di armi e denaro, Chombe dunque decise di appoggiarsi ai mercenari europei. I primi raggiunsero il Katanga dai paesi che avevano da poco terminato guerre coloniali: Belgio, Inghilterra, Francia, Algeria, Rodesia e Sud Africa. Formarono un piccolo esercito, guidato da un centinaio di ufficiali bianchi e qualche migliaio di soldati reclutati tra le tribù locali, sconfiggendo rapidamente i Baluba grazie a campagne caratterizzate da straordinarie violenze e crudeltà per le quali vennero soprannominati “I Terribili”. I media locali ed internazionali raccontarono le atrocità perpetrate dai mercenari europei, ma ciononostante – e nonostante le continue richieste di Lumumba – i Caschi Blu negarono il proprio intervento. Così il primo ministro congolese, inascoltato da ONU ed USA, decise di rivolgersi all’Unione Sovietica, attirando su di sé le malevole attenzioni della CIA. Nel frattempo, la crisi di governo si fece sempre più grave: il presidente della repubblica Kasa-Vubu revocò l’incarico al primo ministro Lumumba, questi fece lo stesso con Kasa-Vubu e Mobutu – leader dell’ANC nonché futuro trentennale dittatore del paese – condusse un colpo di stato incruento, sciolse il parlamento, sospese la costituzione e costrinse Lumumba agli arresti domiciliari. Quest’ultimo, il 27 novembre 1960, riuscì a fuggire ma venne catturato e segretamente inviato in Katanga, dove venne ucciso.

Fatto fuori il suo principale nemico, Chombe era sempre più sicuro dei propri mezzi. Reclutò nuovi soldati in Belgio e Sud Africa, ai quali si aggiunsero un gruppo di paracadutisti della Legione Straniera francese e vari polacchi esiliati. Le truppe erano guidate da Jean “Black Jack” Schramme, ex colono belga in Congo, dall’irlandese Micheal “Mad Mike” Hoare e dal celeberrimo Bob Denard veterano delle guerre in Indocina e Algeria. Con circa cinquecento esperti mercenari bianchi e diverse migliaia di locali ben addestrati, Chombe non aveva motivo di temere alcun avversario. Fu forse a causa di quest’eccessiva sicurezza che i secessionisti fecero il proverbiale passo più lungo della gamba, uccidendo Patrick Lumumba. Già nell’autunno del 1960 le forze ONU, che appoggiavano il governo filoamericano di Mobutu, avevano avviato operazioni in Katanga ma erano state sistematicamente ridicolizzate e sconfitte dalle truppe afro-europee di Chombe. Dopo l’uccisione di Lumumba e la rapida sconfitta dei suoi sostenitori, queste poterono concentrarsi sul fronte meridionale: dal dicembre 1961 vennero avviate in Katanga massicce operazioni aree, mentre l’avanzata via terra fu affidata al corpo speciale indo-nepalese dei Ghurka. Avendo fiutato il pericolo, la maggior parte dei mercenari fuggì verso l’Angola. Nel giro di pochi mesi, all’inizio del 1963, le forze di Chombe vennero completamente sopraffatte, egli si rifugiò in Spagna e le truppe di Mobutu occuparono la regione. Infine, nel 1966, le miniere controllate dall’UMHK – principale oggetto del contendere – vennero nazionalizzate.

LETTURE ED APPROFONDIMENTI:

- D. Van Reybrouck, “Congo”, Feltrinelli, 2014.

- Documentario “The Untold Story of UN Betrayal” [ENG]: https://bit.ly/2tHUDKZ

- I.E. Ferrario, “Mercenari – Gli italiani in Congo 1960”, Mursia Editore, 2009.