La questione Tuareg

GABRIELE PATO

la questione tuareg

PRE-COLONIALISMO / LA STAGIONE DELLE RIVOLTE / INDIPENDENZA E GUERRA IN MALI

pre-colonialismo

Il cuore del Sahara centro-occidentale, grande mare di sabbia e roccia attualmente diviso tra Mali, Niger, Algeria, Libia e Burkina Faso, è stato dominato per oltre un millennio da popolazioni berbere conosciute come Tuareg. In realtà il termine «Tuareg» è stato introdotto dai conquistatori arabi del VIII secolo d.C. (da Twāreg, abitanti della Targa, l'attuale Fezzan) mentre l'endonimo, il nome con cui la popolazione definisce sé stessa, è «Kel Tamasheq» (o «Kel Tamahaq») traducibile come “gente che parla il Tamasheq”. La lingua Tamasheq è il principale dialetto berbero meridionale, parlato da oltre un milione di persone e che presenta attestazioni scritte - in alfabeto tifinag – anteriori al I secolo a.C. Le prime fonti occidentali che fanno riferimento a questa popolazione – a volte identificata con i Garamantes ed altre volte con i Trogloditi – risalgono alle spedizione romane verso il fiume Niger ed il lago Ciad. Già all'epoca, essi erano pastori nomadi e mercanti carovanieri che attraversavano il deserto commerciando cammelli e beni provenienti da Gao (attuale Mali) quali sale, oro e lapislazzuli. Durante il periodo del califfato Omayyade (VII-VIII secolo d.C.) i Kel Tamasheq si convertirono all'Islam e da allora giocarono un ruolo fondamentale nell'espansione del sunnismo malikita nel resto dell'Africa ed assunsero fama di musulmani devoti e moderati nei costumi.

Dopo svariati secoli di dominio politico e militare incontrastato nell'area sahariana, sul finire del XIX secolo i Kel Tamasheq videro occupare i propri territori dalle milizie coloniali francesi, le quali tentarono di imporre il pagamento di imposte sul commercio carovaniero. Data l'enorme difficoltà riscontrata nel tenere sotto controllo uno spazio straordinariamente vasto, ostile e sconosciuto a funzionari e soldati europei, Parigi si arrese ad una tattica di dividi et impera, cercando di alimentare le rivalità tra i diversi clan della Federazione Kel Tamasheq.

Nel 1911 una prima rivolta venne facilmente domanta a Mènaka, nel Sahel maliano. Cinque anni più tardi, i francesi dovettero affrontare una vera e propria insurrezione di massa nella regione del Aïr, zona montuosa del Niger, conosciuta come «rivolta di Kaocen». Ag Mohammad Wau Teguidda Kaocen, influente membro della nobiltà e appartenente alla confraternita sufi dei Senussi, approfittò della prima guerra mondiale per affrontare l'esercito coloniale in un momento di scarsità di risorse. Per oltre un anno i Kel Tamasheq occuparono la fascia settentrionale di Mali e Niger ma nel 1917, quando un milione di soldati americani sbarcarono in Europa, la Francia fu di nuovo in grado di muovere truppe a difesa delle colonie e debellò l'insurrezione, ricorrendo a tremende violenze e saccheggi che distrussero gran parte delle antiche tracce materiali dei popoli del Sahara e del Sahel. Nel decennio successivo, gli occupanti si resero conto di quanto fosse più proficuo mantenere buone relazioni con i “padroni del deserto”, offrendo loro autonomie amministrative, evitando qualsiasi forma di tassazione e di limitazione alla libertà di movimento e consentendo la reintroduzione di una struttura di potere semifeudale esercitata dai Kel Tamasheq sulle altre popolazioni, arrivando a tollerare apertamente persino la tratta di schiavi.

Tra gli anni Trenta e Cinquanta, i Kel Tamasheq proseguirono i buoni rapporti con l'Eliseo, al punto che dopo la seconda guerra mondiale si fece largo l'ipotesi della creazione di uno Stato Sahariano Tuareg indirettamente controllato da Parigi. L'opzione venne liquidata a malincuore dai francesi durante le prime fasi della decolonizzazione. La scoperta di importanti giacimenti di oro ed uranio nel nord del Mali e del Niger, fece in modo che le élite locali esercitassero forti pressioni affinché fossero rispettati i confini coloniali per dare maggiore forza all'economia delle nazioni nascenti.

Nella seconda parte, che uscirà durante la prossima settimana, affronteremo nel dettaglio le conseguenze della decolonizzazione e le numerose rivolte che i Kel Tamasheq hanno intrapreso contro i governi nazionali, nonché la loro collocazione nell'universo dell'indipendentismo berbero.

la stagione delle rivolte

Alla fine degli anni Cinquanta, a causa della decolonizzazione, i Tuareg videro il proprio territorio suddiviso tra cinque diversi stati indipendenti, (Mali, Algeria, Niger, Burkina Faso e Libia) ognuno dei quali presentava una popolazione maggioritaria di lingua, cultura e tradizioni distanti dalle loro. In ognuno dei cinque paesi neonati vigevano governi autoritari e nazionalisti che vedevano i nomadi del deserto con grande sospetto e, non di rado, optarono per una aperta persecuzione etnica. Inoltre, i nuovi governi (con l'appoggio delle potenze straniere ancora fermamente radicate nel territorio) imposero un rigido rispetto delle frontiere, l'adempimento dei doveri fiscali e il pagamento di tasse doganali, abolirono la schiavitù e scoraggiarono in ogni modo il commercio carovaniero. A causa di queste limitazioni economiche e delle gravi siccità avvenute tra il '68 ed il '73, che uccisero gran parte del bestiame, enormi masse abbandonarono il loro abituale stile di vita, lasciando il deserto nella speranza di trovare una vita migliore nei pressi delle aree urbane, dando luogo al fenomeno degli «ishumar» (letteralmente “disoccupati”, dal francese “chomer”): gruppi di diseredati senza un lavoro, costretti all'emigrazione e malamente o per nulla integrati nelle realtà cittadine. Questo fenomeno fu particolarmente accentuato in Libia, dove gli ishumar furono integrati nei ranghi dell'esercito, apprendendo l'utilizzo di armi e tattiche militari sofisticate.

Come era inevitabile, la somma di divisione politico-amministrativa, persecuzioni, povertà e umiliazione (giusto o sbagliato che sia, i Kel Tamasheq consideravano tremendamente umiliante essere governati dalle popolazioni meridionali, ritenute incivili e che, fino a pochi decenni prima, rappresentavano esclusivamente una risorsa per il mercato schiavile) fomentarono ben presto numerosi focolai di rivolta. La prima grande ribellione scoppiò in Mali nel 1962, dove dopo anni di richieste per ottenere l'autonomia amministrativa, i Tuareg intrapresero azioni di guerriglia condotte attraverso attacchi a sorpresa e rapidissime ritirate in territorio algerino. Grazie ad una brutale repressione, il governo di Keita riuscì a reprimere la rivolta in meno di un anno grazie a brutali strategie quali impiccagioni pubbliche ed avvelenamento dei pozzi. Il suo successore, Moussa Traoré, proseguì con l'opera di militarizzazione dell'Azawad (il nord del Mali).

Dopo un paio di decenni di dura repressione militare e culturale, durante gli anni Ottanta i Tuareg tornarono a far parlare di sé a causa di una gravissima carestia che colpì Mali e Niger settentrionali. In questo periodo gruppi armati di Tamasheq libici – o rifugiati in Libia – che avevano già fatto parte delle milizie di Gheddafi, fondarono il Fronte Popolare di Liberazione del Niger. Al primo attacco armato del gruppo nei confronti di autorità nigerine, il governo rispose duramente, chiudendo le frontiere con Algeria e Libia e deportando migliaia di Tamasheq lontano dalle aree di confine, ma contemporaneamente promettendo aiuti per le famiglie di profughi e vagheggiando un futuro riconoscimento delle peculiarità della minoranza Tamasheq. Vedendo del tutto disattese le promesse governative, nel maggio 1990 il FPLN attaccò un posto di polizia a Tchin-Tarabadene, a cui il governo rispose torturando ed uccidendo diverse centinaia di civili inermi.

Sempre nel 1990, due anni dopo la fondazione del Movimento per la Liberazione dell'Awazad, i Tamasheq separatisti del nord del Mali attaccarono gli edifici governativi di Gao, capoluogo del Mali settentrionale ed il governo rispose torturando ed uccidendo centinaia di civili inermi. Una nuova rivolta portò, nel 1994, ad una vera e propria guerra civile tra Tuareg e Songhai, risoltasi nel 1996 con una solenne cerimonia svoltasi a Timbuktu. Il governo di Bamako creò una regione parzialmente autonoma ma priva di accesso a qualsivoglia risorsa, il Kital. Relegati in quest'area desertica, i Tamasheq si trasformarono presto nei signori incontrastati dei traffici illeciti Sahariani. Gli anni a seguire videro fiorire nuovi gruppi indipendentisti e numerose rivolte armate. La ribellione di più ampia portata si ebbe nel 2006, quando un'ingente operazione antiterrorismo contro Al Qaeda del Maghreb Islamico – unita alla scoperta di giacimenti petroliferi – portò ad una massiccia presenza militare nelle aree a maggioranza Tuareg, che reagirono con violenza. La guerra durò fino al 2009 quando, grazie alla mediazione del governo algerino, vennero stipulati gli accordi di pace. Questa rivolta, più spontanea e disorganizzata delle precedenti, fu un punto di rottura per i movimenti ribelli, che si spezzarono in diverse fazioni, alcune intenzionate a rispettare la pace, altre pronte a lottare per l'indipendenza, altre addirittura si avvicinarono molto strettamente ad Al-Qaeda, tanto che il famoso leader fondatore del primo Movimento Nazionale di Liberazione dell'Azawad Iyad ag Ghali venne espulso dall'Arabia Saudita nel 2010 a causa dei suoi legami con il terrorismo islamico e, di conseguenza, fondò una milizia per l'imposizione della sharia in Mali denominata Ansar Dine (letteralmente, “Ausiliari della religione”).

Nella terza ed ultima parte, la prossima settimana, tratteremo della guerra del Mali settentrionale, scoppiata nel 2012 e tutt'ora in corso, un conflitto di importanza cruciale non soltanto per l'Africa ma anche per l'occidente, a causa del coinvolgimento diretto di truppe francesi e delle Nazioni Unite e dei legami con il terrorismo internazionale e il traffico di esseri umani verso la Libia.

indipendenza e guerra in mali

Il 22 marzo 2012 il ministro della difesa maliano Sadio Gassama si recò presso il campo militare di Kati allo scopo di disinnescare una protesta contro la cattiva gestione dell'esercito, pressoché del tutto disorganizzato, privo di risorse e incapace di sedare le proteste dei ribelli nel nord del paese. Giunto all'accampamento, il ministro venne subissato di fischi e fatto oggetto di una sassaiola. Egli riuscì a fuggire incolume, ma la reazione delle truppe di Kati fu soltanto il preambolo del colpo di stato che stava avvenendo nella capitale. Poche ore dopo, il capitano Amadou Sanogo, presentandosi come presidente del Comitato Nazionale per il ripristino della democrazia e dello Stato (CNRDR), apparve in onda sulla televisione nazionale dichiarando il coprifuoco immediato e nominando il presidente del Parlamento Diocounda Traoré come presidente ad interim in attesa di nuove elezioni (che si svolgeranno l'anno seguente e saranno vinte da Ibrahim Boubacar Keita).

Il tracollo del già fragilissimo potere statale nei territori ribelli permise ad una forza separatista, il Movimento Nazionale di Liberazione dell'Azawad (MNLA), di prendere il controllo dell'intera area nell'arco di pochi giorni. Il nuovo MNLA, fondato nell'ottobre 2011 ed omonimo del primo movimento di liberazione, era costituito da reduci delle rivolte del 1990 e del 2006, da combattenti assoldati durante la guerra civile in Libia (fonte di gran parte degli armamenti del gruppo), da volontari di varie etnie maliane (kel tamasheq, songhai, peul e mauri) e da numerosi disertori dell'esercito regolare. Preso il controllo dei principali centri abitati e delle vie di comunicazione senza grosse difficoltà, l'MNLA dichiarò unilateralmente l'indipendenza dell'Azawad il 6 aprile 2012, proponendo la creazione di un nuovo stato laico e democratico, che pone tra i propri obiettivi fondamentali la lotta al radicalismo islamico nel Grande Sahara. Nonostante il buon proposito, le difficoltà presentatesi in seguito alla proclamazione di indipendenza – mai riconosciuta né dall'ONU né da nessun altro paese membro delle Nazioni Unite – e la resistenza dell'esercito regolare e delle milizie favorevoli al governo di Bamako, portarono alla creazione di una coalizione tra il MNLA e vari gruppi islamisti presenti nell'area, tra cui Ansar Dine, guidato dallo stesso Iyad bin Ghali che fu leader della resistenza laica tuareg nel 1990. Addirittura, il 12 maggio il MNLA e Ansar Dine dichiararono lo scioglimento delle rispettive sigle e l'unione nel Consiglio di transizione per lo Stato islamico dell'Azawad, mantenendo però sempre una ferma opposizione nei confronti di Al Qaeda nel Maghreb Islamico (AQIM).

Il sogno di un Azawad pacifico e indipendente dei Kel Tamasheq andò presto ad infrangersi contro la forza del fondamentalismo islamico. All'inizio del giugno 2012, dopo alcuni combattimenti nell'area di Gao, gli Ansar Dine decidono di ricostituirsi e di cambiare fazione, ponendosi al fianco dei gruppi salafiti (AQIM e Movimento per l'Unicità e il Jihad nell'Africa Occidentale) e escludendo dal potere il Movimento tuareg. Scacciati i pochi laici e democratici della regione, i gruppi fondamentalisti applicarono rigidamente la legge coranica e cominciarono una sistematica distruzione degli antichi sepolcri e luoghi di culto della tradizione sahariana e maliana, lasciando la popolazione locale in preda al più assoluto terrore. Durante l'autunno, gli eserciti salafiti si spinsero profondamente a sud, fino ad occupare per un periodo le tre principali città del paese: Gao, Timbuctù e la capitale, Bamako.

La grande svolta nella guerra civile si ebbe nel gennaio 2013, quando la Francia decise di intervenire in sostegno del governo del Mali tramite l'Operazione Serval. Con il sostegno di Parigi, le forze regolari maliane ripresero Bamako in un solo giorno di combattimenti e il MNLA mise a disposizione le proprie forze a sostegno della coalizione contro il terrorismo islamico. Pochi giorni dopo altri paesi, tra cui l'Italia, decidono di dare manforte inviando armi e mezzi. Nel giro di poche settimane, vengono riprese anche Gao e Timbuctù e, all'inizio di febbraio, viene ripresa anche Tessauit, principale città tuareg della regione.

Alla fine delle operazioni, nell'estate 2014, il governo guidato da Keita, ha definito il Movimento di Liberazione dell'Azawad come l'unica forse con cui sia possibile tessere un dialogo per la ricostruzione del tessuto sociale post bellico nel nord del Mali. Contemporaneamente però molti leader Kel Tamasheq sono stati accusati di terrorismo e Bamako ha sempre rifiutato fermamente di piegarsi alle richieste di indipendenza o maggiore autonomia da parte dei Tuareg. Un accordo di pace venne poi siglato nel 2015, più per necessità che per reale volontà: questo non riconosceva né l'indipendenza né l'autonomia politica e culturale dell'Azawad come regione o del popolo Tuareg. L'accordo si limitò a costituire assemblee regionali elette a suffragio universale diretto, ad integrare i soldati del MLNA all'interno dell'esercito regolare, a ritirare i mandati di arresto per i leader Tamasheq separatisti e a promettere una maggior rappresentanza nel governo di Bamako. Nel 2016 Nina Wallet Intonou, imprenditrice e leader del MLNA, viene scelta come Ministro dell'Artigianato e del Turismo marcando un doppio record: prima donna e primo Tuareg a ricoprire il ruolo di ministro.