Il genocidio in Rwanda

GIORDANO PIGNA
AFRICA

il genocidio in ruanda

«Quando la gente, cari telespettatori, mi chiede "perché odi i Tutsi?" io rispondo: "leggete la nostra storia”»

(da "Hotel Ruanda")

Le due etnie Hutu e Tutsi non si sono trovate a vivere insieme casualmente, ingabbiate dalle frontiere artificiali decise alla Conferenza di Berlino del 1885: già da secoli erano organizzate in società feudali dalla struttura ben articolata, che furono descritte con sorpresa dai primi esploratori europei giunti in questa parte dell'Africa centrale.

In Ruanda (anche Rwanda, dalla lingua francese), a partire dal XVI secolo, si era costituito un regno molto centralizzato, basato su una rigida divisione di ruoli tra gli allevatori-guerrieri Tutsi e i coltivatori Hutu. Una terza etnia, quella dei pigmei Twa, era estremamente minoritaria (circa l'1%) e sempre relegata in una posizione di grande marginalità. Il sovrano era appartenente alla etnia tutsi ed esercitava un potere effettivo su una classe di capi, anch'essi della stessa etnia. Ad ogni modo lingua, religione, tradizioni erano le stesse per gli Hutu come per i Tutsi e frequenti erano anche i matrimoni misti. Le due etnie convissero pacificamente per lungo tempo fino a quando il paese, dopo essere stato protettorato tedesco (faceva parte della Deutsch-Ostafrika), passò sotto il dominio coloniale del Belgio al termine della Grande Guerra.

La stagione del colonialismo belga è quella che più ha influenzato i successivi sviluppi politici del Ruanda (e del Burundi). Il Belgio favorì pesantemente i Tutsi, che rappresentavano circa il 15% della popolazione del paese. La scelta di appoggiarsi a questa etnia fu determinata tanto dal fatto che essi costituivano la fascia più ricca del paese (in quanto allevatori e possidenti terrieri), quanto dalla loro conformazione fisica, più vicina a quella europea. Infatti i Tutsi sono alti, tendenzialmente magri e hanno una carnagione più chiara rispetto agli Hutu, perlopiù tozzi e di pelle molto scura. L’aristocrazia locale tutsi poté dunque godere di un notevole appoggio per accrescere il proprio peso economico e politico, essendo stata scelta come perfetta alleata della struttura coloniale.

I belgi iniziarono a studiare le due etnie da un punto di vista etnico-razziale, sulla scia delle concezioni scientifiche dell’epoca; si fece largo l'idea che si trattasse di due popolazioni con una distinta origine e con dignità ben diverse. Il fatto che Tutsi e Hutu siano due gruppi etnici distinti è stato oggetto di un notevole dibattito, e oggi l'ipotesi di un'importante differenza di origine etnica viene raramente presa in considerazione.

Concedendo ai Tutsi la supremazia sugli Hutu, i colonizzatori alimentarono un profondo risentimento tra la maggioranza Hutu. L’appoggio belga ai Tutsi terminò negli anni ’50, a seguito del malcontento provocato dallo sfruttamento coloniale, che aveva portato gli Hutu a ribellarsi ai padroni Tutsi e i Tutsi a progettare l'indipendenza del paese dal Belgio. I colonizzatori sceglieranno allora di appoggiare la rivolta degli Hutu.

Con l'indipendenza del 1962 ebbe inizio da parte delle istituzioni ora in mano agli Hutu un lungo periodo di segregazione e massacri anti-Tutsi. Guerre e spargimenti di sangue continuarono fino al 1993, anno in cui le Nazioni Unite negoziarono un accordo che spartiva il potere tra le parti. Quando l'accordo era sul punto di essere firmato, il 6 Aprile 1994 l'aereo che stava trasportando il presidente ruandese Juvénal Habyarimana verso Kigali esplose in circostanze poco chiare. Le tensioni emersero brutalmente, e tra il 6 aprile e il mese di luglio del 1994 ebbe luogo quello che viene chiamato il "Genocidio del Ruanda".

Per 100 giorni si susseguirono massacri e barbarie di ogni tipo; vennero trucidate più di un milione di persone in maniera pianificata e capillare, prevalentemente a colpi di economico machete. I numeri sono impressionanti: su una popolazione totale di 7.300.000, le cifre ufficiali diffuse dal governo ruandese parlano di 1.174.000 persone uccise; altre fonti indicano 800.000 vittime. Tra queste il 20% circa è di etnia hutu, uomini e donne che semplicemente non volevano prendere parte allo sterminio dell'etnia avversaria. Si contarono a migliaia le donne violentate e in seguito contagiate dal virus dell'HIV.

Il 20 Marzo 2017 Papa Francesco ha incontrato in Vaticano il presidente del Ruanda Paul Kagame, e ha chiesto perdono per il ruolo della Chiesa cattolica nel genocidio del 1994 oltre ad avere «rinnovato l’implorazione di perdono a Dio per i peccati e le mancanze della Chiesa e dei suoi membri, tra i quali sacerdoti, religiosi e religiose che hanno ceduto all’odio e alla violenza, tradendo la propria missione evangelica».