Gli USA e l'ambiente

Di Anna Armanti

In questo periodo il cambiamento climatico sta diventando una priorità. Uno dei Paesi più influenti è l’America perché si trova al secondo posto nella classifica dei Paesi più inquinanti, con l’impronta ambientale più pesante e quindi maggiormente responsabili del degrado ambientale del nostro Pianeta. Al primo posto troviamo il Brasile e al terzo la Cina. Inoltre gli Stati Uniti sono il primo Paese al mondo per l’utilizzo di fertilizzanti chimici e per emissioni di CO₂, il secondo per inquinamento delle acque e il terzo per volumi di pescato; anche se questi non sono sicuramente record positivi per un Paese.

Gli Stati Uniti sono uno tra i maggiori produttori di gas serra e, nonostante ciò, Trump non solo si è sempre disinteressato, ma ha anche annunciato il ritiro degli USA dall’accordo di Parigi. Questo accordo nel 2015 stabiliva che tutti gli Stati avrebbero dovuto impegnarsi per ridurre queste emissioni e fermare il cambiamento climatico, al fine di mantenere l’aumento medio della temperatura a 1,5 gradi centigradi.

Nonostante gli Stati Uniti in questi anni abbiano subito numerosi disastri ambientali, come gli incendi in California, che hanno bruciato una zona grande quanto il Lazio, uragani sempre più potenti, che si moltiplicano sulle coste americane, Trump ha continuato ad adottare una serie di leggi che non difendono l’ambiente, anzi, che lo danneggiano maggiormente.

Ad esempio erano stati indeboliti i limiti delle soglie di inquinamento. Questo ha infatti consentito il continuo rilascio di sostanze tossiche nell’ambiente, alti tassi di emissioni nei settori del trasporto e l’estrazione del petrolio dalle riserve naturali.

Inoltre l’Environmental Protection Agency ha comunicato che Trump ha rimosso le norme ambientali che ostacolavano le imprese americane, ma, come riportato da un recente studio sugli oceani, le società responsabili della maggior parte dell’acidificazione di essi e del contributo all'intensificarsi dei cambiamenti climatici fin dagli anni ‘60 sono 77 aziende petrolifere americane.

Recentemente il nuovo presidente Joe Biden ha invece chiarito che la sua campagna elettorale non è stata finanziata dalle multinazionali di gas e petrolio, anzi, che il suo impegno sarebbe stato volto a ridimensionare il ruolo nella politica e nell'economia americana di queste ultime.

Come per esempio l’agenda climatica che è rivolta alla riduzione del ruolo dei carboni fossili (petrolio e carbone) e a spostare i finanziamenti verso le fonti rinnovabili. Il piano del presidente mira a garantire che gli Stati Uniti raggiungano emissioni nette pari a zero entro il 2050. Biden promette quindi oltre 2.000 miliardi di dollari distribuiti sui 4 anni del suo mandato in modo da finanziare la crescita verde. Inoltre vorrebbe puntare a migliorare l’efficienza energetica di 4 milioni di edifici e di porre delle regole future in modo che le nuove abitazioni si fondano sul principio di efficienza e resilienza energetica.

C’è quindi la speranza che il nuovo presidente non segua le orme di Trump, ma che attui veramente una politica che sia in grado di salvaguardare al meglio il nostro Pianeta.