Il furto

Capitolo 14

Il furto

Il furto

È utile ricordare (cf il paragrafo Le origini bibliche e Le Sette leggi secondo la Cabala) che il divieto di furto viene fatto risalire all’autorizzazione data ad Adamo di cibarsi di ogni albero del giardino dell’Eden tranne uno, quello della conoscenza del bene e del male. Così è di ogni cosa in terra che non ci appartenga per diritto. Ma che cosa ci appartiene legittimamente? Citiamo ancora rav Benamozegh:

Non usciremo dal nostro tema ricordando qui l’idea che l’ebraismo si fa della proprietà. Per la Tradizione... vi è una correlazione tra la nozione di proprietà e quella di lavoro: è con il lavoro che si arriva alla proprietà, ed è la trasformazione di un oggetto che costituisce il suo titolo di possesso.

Di conseguenza, il diritto di proprietà fondiaria non può essere assoluto per l’individuo come lo è il prodotto del proprio lavoro (op cit, pp 235-236)75.

Come abbiamo già sottolineato, ogni precetto della legge noachica si articola in un complesso di obblighi che lo specificano. Ciò avviene quindi anche per quanto riguarda il furto, che comprende una serie particolarmente complessa di sottoparagrafi. Vediamoli dettagliatamente:

1. Non rubare; precetto negativo 244.

2. Non commettere rapina; precetto negativo 245.

Nella norma, si considera rientrante nel precetto negativo 244 l’appropriazione mediante furto, mentre il precetto 245 riguarderebbe l’appropriazione indebita attraverso l’uso della forza. Secondo alcuni autori, però, ci si troverebbe di fronte alla violazione di quest’ultimo precetto ogni volta che si verifichi la sottrazione illegale dell’altrui proprietà. Per approfondire questo punto, consultiamo il Talmud dove ci viene insegnato che il divieto di rubare (il precetto negativo 244) si applicherebbe esclusivamente alla situazione descritta in Baba Kama 27b:

Bagbag dice: «Non accedere alla proprietà altrui furtivamente nemmeno per prendere un oggetto che ti appartiene, se non vuoi essere considerato un ladro. Affronta invece il tuo vicino con forza, proclamando: “L’oggetto che prendo mi appartiene”».

Il divieto di rubare si riferisce qui al metodo con cui viene effettuata l’appropriazione, indipendentemente da chi sia il vero proprietario dell’oggetto stesso. Il divieto di rapina, invece, si applica ad ogni sottrazione illegale della proprietà altrui, indipendentemente dal modo in cui venga attuata. Anche la legge noachica vieta il furto in entrambe le situazioni. Leggiamo nella Toseftà, Avodà Zarà 9, 4: Come trasgredisce (un noachide o un ebreo) la legge sul furto? Se egli commette un furto o una rapina. Quindi sembra provato che, attraverso la citazione dei due termini, venga vietata sia l’appropriazione indebita attraverso l’uso della forza sia quella in cui ci si avvalga della destrezza.

3. Non spostare la pietra confinaria; precetto negativo 246.

Si tratta di un tipo di furto che consiste nell’accrescere i propri beni a scapito di altri spostandone i confini e quindi si fa rientrare nella legislazione noachica. Maimonide a questo proposito sostiene che soltanto in Terra santa la violazione del precetto negativo 246 comporta contemporaneamente anche quella del 244 e 245.

4. Non frodare; precetto negativo 247.

Questo precetto si riferisce al mancato pagamento del salario a un lavoratore e alla mancata restituzione di una somma o di un oggetto presi a prestito. Generalmente, in casi simili l’oggetto della contoversia è entrato legalmente in possesso del frodatore e l’illecito è rappresentato essenzialmente da un atto di omissione; si tratta comunque pur sempre di furto.

5. Non rifiutare di pagare una somma dovuta; precetto negativo 248.

È un’estensione del precetto precedente; qui vi è il rifiuto di adempiere a una o più delle obbligazioni menzionate al punto precedente, anche se vi è la tacita intenzione di pagare alla fine il dovuto.

A questo proposito è interessante citare una riflessione di Halevi sul versetto di Deuteronomio 5, 18 in cui si dice non desiderare la casa del tuo vicino:

La proibizione di desiderare l’altrui proprietà... rientra nel più ampio divieto di commettere il furto, che costituisce una delle Sette leggi cui tutto il genere umano è soggetto.

... È come se si dicesse «non rubare, o meglio, non pensare nemmeno di farlo»; quindi il non desiderare la cosa altrui rientra nel concetto più specifico del non rubare (Sefer Hahinnuch, basato sulla prima edizione veneziana edita nel 1533 da Charles Chavel. Mosad Harava Kook, Gerusalemme 1952).

Si può quindi considerare il mancato pagamento di un debito come il desiderare la proprietà altrui e dunque rientrante nella categoria del furto.

6. Non far pagare un prezzo eccessivo; precetto negativo 250.

Si ritiene infatti ingiusto trarre profitto da un abuso piuttosto che dal frutto del proprio onesto lavoro.

7. Non concupire; precetto negativo 265.

8. Non desiderare; precetto negativo 266.

La concupiscenza va intesa come conferma del desiderio attraverso un atto, come la richiesta insistente al possessore di un oggetto di separarsene mentre il desiderio, anche se intenso, non implica necessariamente una sua manifestazione esteriore.

9. Al lavorante sarà concesso [a certe condizioni] di mangiare parte dei frutti ai quali lavora; precetto positivo 201.

Leggiamo nel Talmud Sanhedrin 57a:

Quand’è che il vignaiolo ha mangiato dell’uva? Se l’ha mangiata in occasione del lavoro connesso al raccolto, ne aveva il permesso. Se l’ha mangiata in occasione di altro lavoro, quale può essere quello della potatura, allora si tratta di comune furto.

10. Il lavorante non mangi tale frutto; precetto negativo 267.

11. Il lavorante non porti a casa tale frutto; precetto negativo 268.

Questi ultimi due precetti sono una conseguenza delle limitazioni di quello che li precede.

12. Non rapire a scopo di estorsione; precetto negativo 243.

Il rapimento a scopo di estorsione è infatti, e ovviamente, uno dei tanti tipi di furto.

13. Non fare uso di falsi pesi e misure; precetto negativo 271.

È un caso particolare di eccessivo addebito (precetto negativo 250) ma diventa un precetto a parte per evidenziarne l’importanza. Bisogna qui osservare che la legge ebraica non evita in nessun modo l’uso di ripetizioni nell’ambito dei 613 precetti, anzi; infatti, attraverso la ripetizione si cerca di mettere in luce gli aspetti particolarmente odiosi o insidiosi di una trasgressione. Il precetto negativo 246, per esempio (non spostare una pietra confinaria), rappresenta una violazione dei precetti 244 (non rubare) e 245 (non commettere rapina).

14. Non possedere falsi pesi e misure; precetto negativo 272.

Anche in questo caso il precetto è un’estensione di quello precedente; come abbiamo già visto per il precetto di non desiderare, qualsiasi estensione del divieto di furto ha caratteristiche tali da essere applicabile anche ai non ebrei.

15. Sii preciso nell’uso di pesi e misure; precetto positivo 208.

È l’espressione in forma positiva del precetto 271.

16. Il ladro dovrà restituire (o ripagare) l’oggetto rubato; precetto positivo 194.

In merito all’applicabilità di questo precetto ai noachidi, ci sono pareri contrastanti. Si tratta di una controversia che si svolge intorno all’esatta interpretazione dell’affermazione talmudica: Il noachide è punibile con l’esecuzione capitale per il furto di una somma inferiore ad una prutà, e non sarà tenuto alla restituzione76. Secondo la legge ebraica infatti, non si può avviare nessuna azione legale se la disputa nasce per un valore pari o inferiore ad una prutà (piccola moneta). Rashi esclude l’obbligo di restituzione in assoluto; nel suo Commento a Eruvin 62a scrive: Non è tenuto alla sua restituzione perché il versetto di Levitico (5, 23) “dovrà restituire quanto rubato” trova applicazione per l’ebreo e non per il gentile il quale, essendo soggetto alla condanna capitale, non è tenuto alla restituzione di quanto sottratto.

Diverso è invece il parere dei tosafisti, secondo i quali il precetto positivo 194 è parte integrante della legge noachica e non si applicherebbe soltanto nel caso che il non ebreo rubi ad un ebreo una cifra inferiore a una prutà, in quanto è consuetudine fra gli ebrei rinunciare ad ogni pretesa su cifre inferiori a questo ammontare. La restituzione deve invece avere luogo quando il furto sia di un valore pari o superiore a una prutà, quando la parte lesa sia un non ebreo e quando l’oggetto rubato sia ancora esistente.

Secondo un altro maestro, la non restituzione è consentita nel caso in cui il maltolto abbia un valore inferiore a una prutà e quando non si tratti di rapina, poiché è scritto in Levitico 5, 23: restituirà il maltolto che ha sottratto con la forza. Di conseguenza, quanto stabilito dalla Torà troverebbe applicazione nella legge noachica unicamente quando i dettagli di natura legale coincidano.

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