Alan Turing, nel 1950, solleva la questione se una macchina possa essere considerata intelligente (per alcuni: cosciente), suggerendo di risolvere il problema per mezzo di un test operazionale: è in grado un computer di imitare la conversazione di un umano così bene che non sia possibile distinguere le due prestazioni? Nei termini di questo famoso test, l'intelligenza artificiale sarebbe realizzata il giorno in cui una persona potesse avere una conversazione con un'altra persona o con un computer senza riuscire a distinguerli. Il test di Turing origina da un approccio comportamentista: se il comportamento della macchina è uguale a quello della mente (intelligente) allora la macchina è intelligente.
John Searle sostiene che un sistema il quale si limiti a elaborare simboli, senza averne coscienza, non può essere considerato equivalente a un essere pensante, anche se lo è la sua performance. Il computer non sta capendo che sta capendo, o, se vogliamo, un programma non è una mente.
Costruire un modello mentale del dispositivo che costruisce i modelli mentali...un paradosso o la descrizione dell'autocoscienza: la mente consapevole della mente? E in base a quale criterio si può affermare che se una macchina si descrive si sia anche capìta?
Patricia Churchland nel 1981 fa notare come l'idea di un modello di sé da parte dell'uomo potrebbe comunque essere errata, in fondo ciò che abbiamo oggettivamente è un modello delle opzioni disponibili al sistema operativo. La conoscenza, seppur limitata, di questo sistema operativo ci dà però un senso di autoidentità, continuità e individualità.
La Scienza Cognitiva suggerisce un'idea della mente in cui i processi mentali sono le computazioni del cervello. I processi mentali, tenendo per buona l'ipotesi funzionalista di Kenneth Craik, dipendono dall'organizzazione (funzionale) del cervello e, come evidenziano le successive riformulazioni della teoria funzionalista effettuate da George A. Miller, Eugene Galanter e Karl H. Pribram, l'elaboratore digitale ne è la metafora (il software sta all'hardware come la mente sta al cervello).
E la coscienza? Nessuno sa bene cosa sia, come funzioni e che cosa faccia. Ray Jackendoff suggerisce, per capirne l'effettiva funzione, di unire teorie computazionali e teorie della conoscenza.
La coscienza di sé potrebbe consistere in un sistema elaborativo-operativo in grado di controllare i diversi "moduli", con l'obiettivo di eliminare le configurazioni patologiche (la divisione tra componenti consce e inconsce della mente conforta questa ipotesi e si rivela nella rimozione, nella difesa percettiva, nelle infermità isteriche...).
Secondo l'ipotesi funzionalista la coscienza è in stretta dipendenza con le capacità computazionali del sistema nervoso. Tali computazioni richiedono un cervello di una certa dimensione e complessità per due ragioni:
1) la memoria condiziona la potenza del calcolo, ad esempio la differenza tra un automa a stati finiti e una macchina di Turing sta nella possibilità di estendere le operazioni di base accedendo a una memoria;
2) la velocità di calcolo è molto importante e dipende dalla quantità di elementi che si possono elaborare contemporaneamente (le decisioni coscienti vengono prese in tempo reale).
Ogni giorno le e capacità inferenziali umane (e degli esseri viventi in generale) sono messe alla prova. Il pensiero è caratterizzato da associazioni, creazioni, induzioni, deduzioni... Quando il pensiero concerne il pensiero stesso si può parlare di meta-pensiero, senza il quale gli esseri umani non sarebbero mai arrivati al pensiero inferenziale o alla logica formale.
Ma cos'è il pensiero inferenziale? Per definizione, un'inferenza è un processo di pensiero che conduce da un insieme di proposizioni ad un altro. Nella deduzione, invece, il processo di pensiero si basa su principi atti a stabilire l'esistenza di una relazione logica tra premesse e conclusione, quest'ultima è vera quando sono vere le premesse.
P.N.Johnson-Laird e Ruth M.J.Byrne:
"...nella visione un modello è formato da operazioni in parallelo, lo stesso principio si potrebbe applicare alla costruzione di modelli nella deduzione". Per alcune aree cognitive è possibile formulare una teoria in grado di indicare cosa e perché debba essere computato e definire algoritmi per calcolarlo che siano psicologicamente plausibili (ex. la teoria dell'analisi sintattica, specifica gli appropriati algoritmi per computare le strutture delle frasi). Nel caso dei processi inferenziali nessuno è mai riuscito a indicare cosa la mente computi; si è tentato di ovviare al problema considerando la logica formale come componente della logica mentale. La logica mentale ha, però, un limite di fondo, cioè i principi del pensiero non sono sempre basati su regole formali di inferenza. La logica formale esiste solo nella testa dei logici, e questi difficilmente la usano nel quotidiano.
Secondo Woodworth & Sells il contenuto delle premesse influenza notevolmente le conclusioni della gente: è "l'effetto atmosfera" (tale effetto agisce sulle procedure logiche per cui, ad esempio in un sillogismo, una premessa universale ed una particolare producono un’atmosfera particolare; una premessa affermativa ed una negativa producono un’atmosfera negativa; un’ipotesi aggiuntiva tende a creare un’atmosfera prudente). Le persone sono in grado di costruire, attraverso processi largamente inconsapevoli, modelli mentali di ciò che è reale e di ciò che è immaginario e di ragionare manipolando tali modelli. Produrre un algoritmo che possieda una plausibilità psicologica non è cosa semplice. Probabilmente, conoscere le conclusioni tratte normalmente dalle persone a partire da premesse di tipo formale potrebbe essere d'aiuto. P.N.Johnson-Laird fa notare quanto raramente la ricerca indaghi partendo da questo punto di vista, a conferma della forza insita nell'idea che, essendo la logica a caratterizzare ciò che é computato dalla mente, non ci sia bisogno di raccogliere dati osservativi.
Attualmente non si è ancora in grado di indicare una teoria che spieghi l'insieme dei modelli mentali. Si possono però individuare almeno tre vincoli ad ogni modello:
1) i modelli mentali e il dispositivo che li costruisce e interpreta sono computabili (principio di computabilità) - in altre parole, il numero dei modelli mentali possibile è infinito numerabile;
2) un modello mentale ha necessariamente dimensioni finite e quindi non può rappresentare direttamente un dominio infinito (principio del finitismo);
3) un modello mentale viene costruito disponendo dei contrassegni in una particolare strutturazione atta a rappresentare un determinato stato di cose (principio del costruttivismo) - cioè: i modelli mentali rappresentano stati di cose e dato che il numero di questi stati di cose rappresentabili è potenzialmente infinito (ma per costruirne delle rappresentazioni si ha a disposizione solo un meccanismo finito) occorre formare i modelli mentali mediante più costituenti di base...
Secondo P. N. Johnson Laird, i compiti principali della mente sono: - percepire il mondo - imparare, ricordare e controllare le azioni - pensare e creare nuove idee - controllare la comunicazione con gli altri - creare l'esperienza dei sentimenti, delle intenzioni e della consapevolezza di sé P.N.Johnson-Laird avanza inoltre tre indicazioni sulla natura della mente umana:
1) la mente utilizza diversi livelli di organizzazione (ex. nel linguaggio: suoni, morfemi, frasi, discorsi);
2) i processi mentali di elaborazione tengono conto del contesto (l'effetto percettivo di ogni indizio dato dipende in larga parte dal contesto in cui ricorre);
3) i processi di elaborazione ai diversi livelli sono interattivi (è plausibile che i processi di un dato "modulo" siano influenzati da informazioni provenienti da altri "moduli"). Così avremmo separate unità di elaborazione operanti simultaneamente a diversi livelli; a un livello un dispositivo di elaborazione operante su un dato elemento (mentre altri dispositivi si occupano del contesto) e, ad altri livelli, le unità di elaborazione che interagiscono fra loro.
Tutto ciò conduce verso un principio essenziale: i processi mentali si svolgono in parallelo. Un'ipotesi sull'architettura della mente basata su questo principio ci viene proposta dal connessionismo...