"L'antica fiamma"

autore: Marianna Giglio Tos
genere: storico, di formazione, narrativa
editore: Edizioni Pedrini (CE NON a pagamento)
anno di pubblicazione: maggio 2021
pagine: 624 
formato: 15x21 cm prezzo: 18 euro
note 1: le citazioni di Dante Alighieri e Virgilio si intrecciano alla trama
nota 2: all'interno, particolari delle tavole di Gustave Dorè
Il romanzo è disponibile anche in formato e-book

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Sulla pagina "Castello dei Sogni" ti aspetta un viaggio... la rinascita della mia protagonista!
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trama in 4° di copertina
Il ritrovamento di alcuni diari perduti porta alla luce la vera storia di Bianca Maria, contessa di Challant e l’oscura maledizione riversatasi sul castello di Issogne. Misteri e complotti nascosti tra vecchie pagine e antichi affreschi, ci conducono nel primo Cinquecento, in un mondo ancora assoggettato alle credenze e alla religione, diviso dalle guerre tra Francia e Impero. Un viaggio tra passato e presente, tra le terre di Valle d’Aosta, Piemonte e Lombardia si rivelerà un viaggio spirituale nella terra più buia: l’Ombra dell’animo umano. “Forse per ciò ero destinata, tra tanti, a sentire i draghi di Issogne, a spingermi fin ove erano nascosti i diari. Le parole di Dante e Virgilio hanno unito Bianca e me, tenendoci strette ai confini di 500 anni."

Un romanzo in cui passato e presente si intrecciano, a dimostrazione di quanto sia sempre viva la Storia.
Alla ricerca di quella fiamma antica, di quell'amore che vince su tutto, che muove il sole e le altre stelle.
"L'amore vince su tutto e noi cediamo all'amore"Publio Virgilio Marone
"L'amor che move il sole e l'altre stelle"Dante Alighieri
Dietro le pagine del libro
La prima bozza del romanzo nacque appena un anno prima della sua pubblicazione. Ma l'idea sbocciò da un germe che già da qualche mese albergava in me mettendo radici... Era l'autunno 2019 quando mi recai per la prima volta in un luogo che non avevo mai sentito nominare: Issogne. Motivo, scattare delle fotografie al Castello per una guida turistica. Fu letteralmente Amore a prima vista. Ma non furono solo la bellezza e l'unicità di quel luogo ad ammaliarmi. Per quanto sia conosciuto come "castello dei sogni" fin dall'ultimo suo degno proprietario, Vittorio Avondo, mi lasciò dentro una sensazione più simile ad un incubo! Il mio editore mi aveva preparata un po' a cosa avrei veduto ma non menzionò affatto ciò che, alla fine, più mi colpì: uno dei 4 draghi della fontana del melograno, quello di Sud, che pensò bene di balzare all'improvviso dentro l'inquadratura della macchina fotografica facendomi prendere un colpo. Si tratta di quattro bestiole particolari, piccole come passerotti e non della comune foggia con cui si ritraggono i draghi. Non contento, il drago di Sud prese a bisbigliare qualcosa di indecifrabile con istitenza e per tutta la durata della mia visita non stesse zitto un istante. Il mio sguardo saettava sempre al melograno senza che riuscissi a trovare una spiegazione per quella sensazione. E non la trovai per diversi mesi, fino alla primavera, quando ormai mi sentivo un po' come impazzita.


Intanto esplose la pandemia e le restrizione mi fecero perdere il lavoro e posero un fermo alle ricerche per il mio nuovo libro di “Una volta anticamente”. Iniziai a interrogarmi su cosa avrei potuto scrivere senza uscire da casa... ovviamente la narrativa era la risposta alla mia domanda. Il problema è che si tratta di un genere che seguii ai miei “esordi” e che abbandonai dopo molti tentativi falliti con le case editrici, in favore della ricerca storica e della saggistica che mi permisero di muovere i primi passi nell'editoria. Insomma, il dubbio era se sarei ancora stata capace di “inventarmi” una storia dopo aver trascorso gli ultimi 5 anni a narrare quella vera degli altri. Intanto il 3 maggio subii un lutto un po' particolare, quello di un caro amico d'infanzia, compagno di letture nella solitudine... un albero. Il mio profondo legame con Madre Natura, rafforzato dalla vita di campagna e dall'amore per la mitologia greco-latina, mi fece sprofondare nel buio per quella perdita.  Quel giorno, tra le fronde morenti del mio Amico, iniziai a riflettere molto sulla caducità della vita (tema a me molto vicino fin da che ero bambina e fondamentale nel romanzo) a fantasticare sul fatto che se il mio Amico-Albero fosse stato fatto di ferro non sarebbe morto. Un albero di ferro... come il melograno di Issogne! Finalmente in quella sinistra sensazione si aprì uno squarcio e vidi un po' di luce per far chiarezza sulla faccenda. Dovevo scrivere una storia ambientata al Castello di Issogne! Ma quale? Forse lo stesso drago me l'aveva bisbigliata ed io, incapace di comprendere la sua lingua, non l'avevo capita!
Intanto altre storie mi volteggiavano dentro.  La personificazione di quell'albero aveva evocato in me il Canto XIII dell'Inferno di Dante Alighieri - mio amato Maestro - che mi accompagna fin dall'età di 12 anni, a volte come un sogno, altre volte come un incubo. E' il Canto che più amo e quello che più mi rappresenta. 
Ma il 3 maggio è anche il giorno in cui festeggio il ritorno al Passo Borgo ...gli appassionati nel “Dracula” di Stoker mi capiranno al volo. Insomma, i miei riti annuali e quell'evento fortuito mi indussero ad elaborare la sensazione lasciatami dal drago di Issogne...  Mi scoprii consapevole che ormai la Storia fosse parte di me, che per quanta immaginazione avessi potuto (o sarei riuscita ad) usare, non sarei stata soddisfatta senza una buona parte di verità storica. E dire che avevo sempre ritenuto il romanzo storico ben lontano dalle mie possibilità!Dunque mi calai per ore nella ricerca della Storia del castello di Issogne. Il Sole fece il suo consueto (e illusorio) cammino su questa metà del cielo e il quaderno degli appunti che mi ero portata in giardino si riempiva sempre più.
In verità non dovetti cercare molto a lungo, procedendo a ritroso nel tempo nelle biografie dei personaggi storici legati a Issogne. Quando trovai Bianca Maria Gaspardone (per altro piemontese come me e come me assai sfortunata in amore) capii di aver trovato la mia protagonista. Mi occorreva infatti partire da una storia vera ma con qualche lacuna, così da permettermi di unire la Storia all'immaginazione. E Bianca Maria, prima moglie del Conte René di Challant giunse come un acquazzone estivo, un fulmine a ciel sereno. Approfondendo la sua biografia mi accorsi che anche i punti ufficiali sono in realtà intrisi di mistero e incertezza. Oltretutto morì di morte violenta, giustiziata secondo degli atti subito (e stranamente) andati perduti e molti oggi asseriscono di aver visto il suo fantasma nel castello di Issogne o in quello sforzesco di Milano, ove fu decapitata. Ma devo ammettere che non mi sarebbe mai venuto in mente (ed è a questo punto che la mia personale ricorrenza del 3 maggio assume le sembianze di un segno) di trasformarla in un vampiro se non fosse che l'ultima cronaca a lei legata, storicamente riconosciuta (ad opera di Antonio Grumello, cronista dell'epoca) l'avesse descritta da morte come sembrasse “ancora viva”, nonostante fosse decapitata. 
E gli appassionati come me di vampirismo sanno bene che la decapitazione sia, con l'impalamento del cuore, il solo modo per uccidere un vampiro. Finalmente, dopo mesi di incertezza, ogni tassello andava a posto!Quanto fin qui raccontato è parte dei numerosi elementi autobiografici inseriti nel romanzo, essendo il personaggio della ricercatrice costruito come mio alter ego.
La morte dell'albero, il Canto XIII della Comedìa... l'impatto con la fontana del melograno ed i suoi draghi accadde nella realtà esattamente come è narrato nel romanzo. Quel castello è veramente un luogo misterioso, sarà il melograno ed io suo rimando all'inferno, sarà per i draghi - da secoli considerati magici, ora con rispetto, ora con timore - sarà per le centinaia di graffiti lasciati sui muri che li rendono vere pagine di pietra... il Castello di Issogne ha un'anima.
Un doveroso ringraziamento è da rivolgere a Umberto Eco siccome presi spunto dal suo escamotage del “manoscritto ritrovato” ne “Il nome della rosa” per collegare il mio presente al passato di Bianca Maria Gaspardone attraverso il ritrovamento dei suoi diari e di quelli di 3 persone che si misero sulle sue tracce: Padre Solemastro (puramente inventato ma reso attendibile dai riferimenti alla medicina tipica dell'epoca), Antonio Grumello (personaggio realmente esistito e misteriosamente scomparso 3 anni dopo la presunta morte di Bianca) e Barbero (questo costruito sulla base di un sinistro messaggio inciso al castello...). A questi diari si aggiunge il mio (500 anni dopo i fatti) dunque la storia è narrata in prima persona dal protagonista del momento.
Ovviamente il primo passo fu ricostruire la vera storia di Bianca Maria, relativamente agli ultimi 2 anni della sua vita. L'ambientazione si sposta da Issogne a Pavia, poi a Casale Monferrato e infine a Milano (ritornando poi ad Issogne con gli altri diari) ed ha come sfondo i conflitti bellici tra Impero e Francia (poi Lega) scaturiti con la celebre Battaglia di Pavia. Il romanzo non manca di molti riferimenti ai fatti politici descrivendo rivolte cittadine, esecuzioni e restrizioni governative rese possibili da cronache molto dettagliate dell'epoca (come quella del Guicciardini, dello stesso Grumello, solo per citarne due). Non mancano gli interventi (spesso anche importanti) a personaggi storici del calibro di Antonio De Leyva, del Marchese del Vasto d'Avalos, del Connestabile di Borbone e dell'alchimista Agrippa, figure chiave della storia italiana ed europea del primissimo Cinquecento. Sulla base di questo ho costruito la trama laddove la realtà (con le sue lacune) me lo rese possibile. Il primo mese fu dedicato alle ricerche, di qualsiasi genere (medico, alchemico, politico, etc), metà di quelle informazioni non furono neanche utilizzate per la trama ma la mia inguaribile curiosità e il mio amore per lo studio mi impedirono di comprendere quale fosse il momento giusto per fermarsi!
Cinque narratori in cerca del finale
Questo romanzo ha 1 solo autore ma 5 narratori diversi e nessuno di essi è onniscente ma scopre insieme al lettore quel che accadrà. Ognuno di essi è alla ricerca della conclusione della storia, della sua spiegazione. Io stessa non avevo tutto ben chiaro in mente fin dall'inizio, sebbene abbia dedicato un mese alla ricerca prima di iniziare la stesura. La ricerca per la verità non si è mai conclusa, sono riuscita a scoprire qualcosa fino all'ultimo mese di stesura (la bibliografia è chilometrica). Punto insindacabile sul finale (anzi sui finali) fu il ritorno a Issogne, fondamentale per chiudere il cerchio. Suddividendo il romanzo in due parti, quella passata e quella presente, è chiaro che entrambe siano iniziate ad Issogne e dunque era necessario che ad Issogne si chiudessero anche per focalizzare l'attenzione sull'Ouroboros (molto presente nel romanzo) simbolo di eterno ritorno e immortalità ma anche di autorigenerazione (molto affine alla fenice) e di completamento del cammino alchemico della Magnum Opus.
Adorando le storie a bivi (per quanto mi facciano imbestialire i finali aperti) e costruendo il romanzo tenendo conto di vari piani di lettura - una sorta di Magnum Opus letteraria/culturale - ho voluto che fosse il lettore a scegliere il finale de "L'antica fiamma". Il lettore infatti, come i personaggi, affronta il cammino alchemico di crescita spirituale, è una sorta di personaggio, di compagno d'avventura di Bianca Maria e degli altri... il finale gli permette di fare un'azione concreta. A seconda del carattere, delle aspirazioni e del livelli culturale del lettore, egli potrà scegliere un finale anzichè l'altro, spaziando da quello più felice al più macabro.
Chiavi di lettura
Quando consegnai la seconda stesura de "L'antica fiamma" al mio editore, malamente sopravvissuto alla consegna della prima (2000 pagine) mi sentii dire che era una storia molto complessa, non adatta a tutti, ricca di tematiche e dettagli. In sincerità dubito che qualcuno dei miei lettori li abbia mai colti tutti, per la maggior parte sono veramente nascosti bene. Ma dovevano esserlo, sono come piccoli indizi in quella che dopotutto è un'indagine sulla contessa di Challant ad opera di 4+1 investigatori.
E' un romanzo che si può leggere più volte, cambiando livello di lettura, affinando il proprio spirito di osservazione. Il lettore meno attento e meno consapevole dal punto di vista letterario/culturale/artistico leggerà una storia assai più semplice del lettore più attento. Per esempio le numerose citazioni di Dante e Virgilio sono poste a volte come spunto di riflessione (secondo il meccanismo dell'analogia) altre come indizio ma un lettore che leggesse il romanzo saltando quelle citazioni, capirebbe comunque il senso della storia. Chi le leggesse, invece, e sapesse anche intepretarle si troverà immerso in una storia più profonda e ricca di elementi. E' come osservare un quadro e comprenderne solo l'elemento principale oppure anche tutti i minimi dettagli che compongono l'immagine.
Il libro che era una trilogia
Un aneddoto esilarante ma per me profondamente sofferto riguarda la consegna della stesura che credevo definitiva al mio editore, ai primi di marzo. Il tempo era ormai alle strette. Dopo lunghi mesi trascorsi in simbiosi col computer così da avere il romanzo pronto per l'anno del 700esimo anniversario dantesco, dopo essermi rovinata occhi e salute, staccandomi dallo schermo giusto per dormire una manciata di ore... era finalmente giunto il momento della consegna. Quindi immaginate la costernazione quando in casa editrice mi fecero notare di aver scritto un romanzo di 2000 pagine. E' doverosa una puntualizzazione: lo spazio è sempre stato un problema per me, del resto soffro un po' di claustrofobia e questo si riflette anche nella scrittura! Quando scrivo un libro non tengo mai conto delle pagine, perché per me scrivere è come respirare  e sarebbe dunque come dirmi di respirare la metà del normale. E' inconcepibile. Purtroppo il rovescio della medaglia è dover poi tagliare l'eccesso, una esperienza traumatica a cui dopo 5 anni e 5 libri non ero ancora abituata. E non lo sono tuttora! Solitamente i tagli cui sono avvezza sono di un 20% sul prodotto complessivo. Quindi potete immaginare la mia reazione quando mi fu detto che quelle 2000 pagine dovevano ridursi a 750. Non era solo una questione fisica (la tipografia della Pedrini non rilega volumi superiori alle 800 pagine) ma anche mentale siccome il mio romanzo fu ritenuto “troppo pieno”, un po' già per i temi affrontati (alchimia, medicina, cristianesimo, vampirismo, storia, guerra, solo per citarne alcuni) ma soprattutto per i fatti narrati, molti dei quali furono ritenuti un extra rispetto alla trama principale. Era dunque un romanzo creato sulla mia mania della ricerca, costruito senza tener conto che avrei rischiato di far perdere il filo al lettore.
Ma in quel momento chiedermi di ridurre una storia di 2000 pagine a 750 fu come chiedermi di spiccare il volo o di svanire nel nulla come sotto un mantello dell'invisibilità. Le alternative proposte furono un e-book (un sacrilegio a cui non mi sottoporrò mai neanche sotto tortura, piuttosto rinuncio alla pubblicazione) e una trilogia. Sebbene la realizzazione di una trilogia sia un sogno accarezzato da tempo, non lo avrei accettato con “L'antica fiamma” per una questione di tempistiche che mi avrebbe portata a posticipare il mio omaggio a Dante all'anno della sua celebrazione. Inoltre la trama avrebbe perso molta della sua atmosfera se suddivisa in tre volumi, non è il genere di storia che possa essere frammentata.Sono consapevole che possa sembrare assurdo ma in quel momento mi sentii veramente morire. Questo è il mio romanzo, quello in cui ho riversato i miei sogni, i miei pensieri più intimi, le mie speranze, in cui ho preso coraggio, col quale riscatto l'adolescente che dovette rinunciare al sogno di creare una magia che potesse salvare gli altri. Ma è anche il romanzo che ho realizzato rinunciando per un anno al resto della mia vita, a sentire gli amici e perfino vederli nei momenti in cui le restrizioni lo permettevano. E' il romanzo che mi ha tenuta stretta al computer per 17 ore giornaliere, ogni giorno per 9 mesi (una vera gestazione!), a costo di rovinarmi la salute, per il quale ho studiato latino e greco, medicina e alchimia. Fu un'avventura straordinaria ma anche un notevole sacrificio... ridurre quelle 2000 pagine a 750 per me era come distruggere oltre metà di quel sacrificio. Ma rinunciarvi sarebbe stato oltremodo peggiore.
Per un mese restai dunque immersa in quelle pagine per giungere alla stesura definitiva. Alla fine notai il lato comico ma anche sorprendente della faccenda: avevo così a lungo narrato della Nigredo - la fase di pulizia interiore dalle cose inutili - a cui avevo sottoposto i personaggi del romanzo e paradossalmente alla fine dovetti affrontarla io stessa, liberando la trama di tutto il superfluo. Quando giunsi alla stesura finale compresi quanto fosse stato un passaggio sofferto ma necessario. E pensai che forse quel che avevo eliminato potesse perfino tornarmi utile un giorno... ho disseminato qua e là nel romanzo degli agganci per scrivere un possibile seguito (anche per svelare finalmente quale sia il vero finale). Non è detto che la trilogia non possa realizzarsi davvero.
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