(Da: Il Foglio, 9 novembre 2005. L'originale in formato PDF)
di Lucio Picci e Gustavo Piga
Secondo la quasi totalità degli indicatori, l’Italia è tra i paesi più corrotti d’Europa, e il sud d’Italia è molto più corrotto rispetto alla media nazionale. Il settore delle opere pubbliche è particolarmente coinvolto. Da uno studio recente risulta che se in Umbria si fosse speso con la stessa efficienza della media nazionale, le infrastrutture oggi esistenti sarebbero il 56% di quelle che osserviamo. Ma se consideriamo la Calabria, questa dovrebbe avere due volte e mezzo le infrastrutture di cui dispone in realtà.
Complimenti all’Umbria allora; ma che fare per la Calabria? Vi è là evidentemente una carenza di infrastrutture sociali ed istituzionali. Per questo ben venga il contributo che può fornire un controllo certosino del territorio da parte delle forze dell’ordine, il rafforzamento della magistratura, e gli investimenti in capitale umano. E´ però paradossale che nel dibattito sull’eterna nostra “questione meridionale” ci si occupi poco del veicolo principale che ha permesso alla corruzione di affossare lo sviluppo pieno del Sud: l’appalto pubblico, che è anch’esso strumento nelle mani dello Stato al pari degli uomini in uniforme, dei magistrati e dei maestri di scuola.
Un appalto può essere scritto bene oppure male. Può dare spazio massimo alla concorrenza, o può contenere clausole che di fatto determinano a priori il vincitore. Può ridurre la discrezionalità di chi giudica le offerte, o massimizzarla al punto da rendere poco resistibile la tentazione di corrompere, o di farsi corrompere. Il controllo puntuale di tutti gli appalti è impossibile, anche per un’amministrazione più efficiente della nostra. E inoltre non basterebbe, perchè dopo l’appalto c’è l’esecuzione dei lavori, che richiede un difficoltoso controllo sulla qualità della realizzazione. Si dirà che il problema è che ci vorrebbe più onestà. Ma l’onestà è figlia delle istituzioni, degli incentivi o delle punizioni che seguono comportamenti virtuosi o disonesti, perché altrimenti non si spiegherebbero le enormi differenze che si osservano nei livelli di corruzione tra paesi, a meno di ricorrere ad implausibili spiegazioni razziali.
Procediamo oltre, allora. E per farlo è indispensabile considerare seriamente il contributo che possono fornire le tecnologie di Internet e, in particolare, i sistemi di aste on-line ed i mercati elettronici. E’ illuminante l’esempio di E-Bay, uno dei mercati elettronici di maggior successo. Su E-Bay ogni acquirente può dare un voto al venditore, visibile a tutti. Così si crea fiducia, anche tra sconosciuti, perché l’acquirente sa che è in grado di punire con un voto negativo il venditore disonesto rendendogli difficile, in futuro, trovare nuovi clienti a causa della sua scarsa reputazione. Persa la visibilità fisica della controparte, che si ha in un mercato tradizionale, si è costruita ad arte una visibilità virtuale tra gli interlocutori.
Nel campo degli appalti, un "sistema reputazionale" simile permetterebbe innanzitutto di osservare le caratteristiche e il prezzo di ciascuna opera pubblica realizzata, contribuendo al calcolo e alla massima pubblicità di quei "costi standardizzati" della cui realizzazione è responsabile per legge, ma con ovvie barriere conoscitive dati i mezzi utilizzati, l’Autorità per la Vigilanza sui Lavori Pubblici. Per ciascuna opera, i cittadini interessati potrebbero poi esprimere una loro opinione, contribuendo così alla formazione di una reputazione delle imprese e degli amministratori responsabili. Si raggiungerebbe un risultato duplice: per primo, si darebbe visibilità massima a tutte le situazioni critiche, così indirizzando le ispezioni dell’amministrazione, ed eventualmente le indagini della magistratura. Inoltre, le amministrazioni, gli amministratori, e le imprese, si vedrebbero fortemente spinti a costruire una loro reputazione positiva per evitare lo stigma pubblico, la punizione degli elettori o dei superiori gerarchici, ed eventuali danni economici.
E’ tempo di dare battaglia alla mafia degli appalti con nuovi strumenti, che amplino la comunità in grado di vigilare, protestare e sanzionare comportamenti irresponsabili, lacunosi e/o criminali. Con risorse modeste, l’Autorità per la Vigilanza sui Lavori Pubblici e l’Alto Commissario contro la corruzione (che fine ha fatto?) possono costruire un tale sistema di monitoraggio delle opere pubbliche. E’ un’utopia? No, si tratta piuttosto di un’applicazione nuova di idee già sperimentate. Ma il confronto tra le amministrazioni è temuto da molti amministratori. Quegli stessi amministratori che, ben supportati dalla comunità civile, possono diventare degni protagonisti, assieme a magistrati, forze dell´ordine ed insegnanti, del rinnovamento civile del Paese.