L’Archivio capitolare di San Pietro in Vaticano, depositato presso la Biblioteca Apostolica Vaticana, contiene una serie dedicata agli inventari: nel primo volume di detta serie si trova in particolare un inventario non datato dei beni immobili e mobili del Capitolo.1
Il codice (420x300x30 mm), rilegato con una copertina di cartone rivestito in pergamena nel XVI secolo, conta oggi 65 fogli di carta, la cui filigrana in forma di pera con due foglie si avvicina ai tipi Briquet 7374 e 7376 (Firenze e Siena, 1345-1356),2 distribuiti in 6 fascicoli. È intitolato Inventarium Bonorum Mobilium et Immobilium Basilicae nostrae, scritto sulla costola da una mano del secolo XVI, e, sul piatto, la data, = 1361 =, da una mano più recente. Il manoscritto è stato restaurato nel XVI secolo, come viene ricordato sul contropiatto anteriore da una mano che potrebbe essere quella del priore dei beneficiati Pace Pico: «Inventarium antiquum omnium bonorum mobilium et inmobilium sacrosancte Basilice Principis Apostolorum de Urbe atque omnium ecclesiarum dicte sacrosancte basilice subiectarum, tam in Urbe existentium quam extra, vetustate luxatum et corruptum, per Pacem Picum priorem benefitiatorum eiusdem sacrosancte basilice instauratum», mentre un’altra mano coeva ha aggiunto: «Pax Picus die 12 januarii 1539 accepit possessionem beneficiatus, ut in libro Descendentiae fo: 338 et obiit die 21 martii 1563».3
Durante il restauro del codice, le carte sono state rifilate in modo tale da far scomparire una parte della foliazione originaria dei secoli XIV-XV, scritta nell’angolo superiore destro; tuttavia essa è stata ricopiata in modo identico, sempre nell’angolo superiore destro ma più centrato nella pagina, da una mano coeva, verosimilmente quella che dà segnalazione del restauro sul contropiatto anteriore.
Il fascicolo preliminare conta 4 fogli bianchi non numerati di cui il primo è incollato al contropiatto anteriore della copertina; la carta si distingue da quella degli altri fascicoli da una filigrana diversa e da vergelle più sottili e più strette; si può supporre che questo fascicolo, che non apparteneva al manoscritto originario, è stato aggiunto durante il restauro cinquecentesco del codice. Il secondo fascicolo è un falso binione, i cui fogli sono stati incollati due a due e di seguito rilegati nel corso del restauro del manoscritto: si compone di una prima carta bianca non numerata, di una seconda carta non numerata dove inizia l’inventario delle vigne, e delle carte XIII e XIV. I successivi fogli XV e XVI risultano mancanti. Il terzo fascicolo è un ottonione regolare integro (cc. XVII-XXXII). La carta XXXIII manca. Il quarto fascicolo è un settenione regolare (cc. XXXIIII-XLVII). Il quinto fascicolo è un ottonione irregolare (cc. XLVIII-LXIII), di cui la carta LXI è stata strappata dopo la rilegatura cinquecentesca. Il sesto e ultimo fascicolo è un settenione irregolare (cc. LXIIII-LXXVII) – di cui mancano le carte LXXV e LXXVI – mentre la carta LXXVII è incollata al contropiatto posteriore.
Il manoscritto originario contava di conseguenza 77 carte numerate e una non numerata – di cui 17 sono andate perdute – distribuite in 5 fascicoli. Le carte LXI, LXXV e LXXVI sono state strappate dopo il restauro cinquecentesco del codice mentre le carte I-XII – tranne quella interamente bianca e quella non numerata dove inizia l’inventario con l’elenco delle vigne nel luogo Suvereta – sono state perdute prima del restauro del codice o eliminate dal restauratore perché troppo danneggiate, così come le carte XV, XVI e XXXIII, di cui il manoscritto nello stato attuale non contiene le carte corrispondenti. Si può così proporre la ricostruzione seguente dei cinque fascicoli del codice originario: 1) un ottonione composto da una carta preliminare non numerata e di 15 carte numerate da I a XV (cc. ** + [I]-[XV], di cui rimangono 4 carte non collegate tra di loro), 2) un nonione (cc. [XVI]-[XXXIII], con la perdita del bifolio esterno XVI-XXXIII), 3) un settenione – l’unico fascicolo giunto integro – (cc. XXXIIII-XLVII), 4) un ottonione (cc. XLVIII-LXIII con la perdita della carta LXI) e 5) un settenione (cc. LXIIII-LXXVII, con la perdita delle carte.LXXV e LXXVI).
La raccolta si compone di due inventari vergati da due mani diverse, di scrittura minuscola, la prima di modulo un po’ più grande della seconda. Il primo inventario, acefalo, copre le cc. **r-LXVIr: è un inventario dei beni immobili e mobili del Capitolo di San Pietro, oggi senza data. Nello stato attuale, inizia con l’elenco delle vigne possedute dal Capitolo (cc. **r-XVIIIv), prosegue con quello delle chiese soggette (cc. XVIIIIr-XXVr)4 e con quello dei terreni edificati e delle case romane (cc. XXVIr-XXXIIv). Manca la carta XXXIII mentre la carta XXXIIII è bianca. Dalla carta XXXVr alla carta LXr, si trova l’inventario della sacrestia e dei paramenti liturgici,5 poi, dopo la carta LXv lasciata bianca e la carta LXI mancante, l’inventario della biblioteca del Capitolo (cc. LXIIr-LXVIr).6 Dopo una carta e mezza lasciate bianche (cc. LXVIv-LXVII), dalla carta LXVIIIr alla carta LXXIIr, si trova – vergato da un’altra mano dalla scrittura minuscola più fine e di modulo più piccolo – un elenco dei beni posseduti dal Capitolo a Tivoli datato 1361:7 si tratta dell’elenco dei beni di Santa Maria Maggiore di Tivoli, il cui patrimonio fu assegnato al Capitolo Vaticano da papa Alessandro IV nel 1257, dopo la soppressione della comunità benedettina che vi era stanziata. L’inventario del 1361 si presenta dunque come un aggiornamento di quello del 1320, edito da Renzo Mosti.8 In fine, le carte LXXIII-LXXIIII sono state lasciate bianche, mentre mancano le carte LXXV e LXXVI.
L’inventario del patrimonio del Capitolo di San Pietro in Vaticano che qui interessa (cc. **r-LXVIr) ci è pervenuto dunque mutilo: acefalo, risultano infatti mancanti ben 15 carte di questa parte del manoscritto originario (il 22,4 %), di cui in particolare 12 delle prime 16. Sono andati perduti pertanto titolo, elementi di datazione, eventuale prologo, così come l’elenco dei beni ubicati fuori le mura di Roma, tranne le vigne di cui è stata conservata una parte importante, ma verosimilmente non la totalità. È andata perduta interamente la lista delle terre, dei castra e dei casalia posseduti dal Capitolo, con cui iniziano i censuari di 1405 e di 1407.9 Se lo stato di conservazione del manoscritto è buono nell’insieme, invece il primo fascicolo originario, probabilmente un ottonione di cui rimangono solo 4 carte, è stato danneggiato gravemente dall’umidità e da altri eventi che ne hanno provocato la perdita dei tre quarti: la carta non numerata con cui inizia l’inventario delle vigne è stemperata e presenta una larga macchia di umidità nella sua parte superiore che ha reso illeggibili alcune parole delle due prime righe.
La prima carta conservata – su cui non si vedono tracce della numerazione originaria – contiene l’elenco delle vigne nel luogo Suvereta: «Incipit inventarium vinearum loci vocati Sube[rete] do[natarum ba]si[lic]e Principis apostolorum per bone memorie dominum Iohannem Gaietanum [ca]rdinalem». Questo è probabilmente l’inizio dell’elenco della sezione contenente tutte le vigne possedute dal Capitolo: l’incipit è di forma analoga a quelli delle altre sezioni dell’inventario (chiese, case e così via); inoltre sembra verosimile che nel caso in cui le vigne ubicate in Suverata non fossero state elencate all’inizio della sezione delle vigne, la loro lista sarebbe stata introdotta dal titolo, centrato nella pagina, «Vinee in Suvereta» o semplicemente «Suvereta», in modo analogo agli altri paragrafi dell’inventario. Ma questa carta era veramente la carta XII del codice originario? Niente di meno sicuro. Infatti, gli item di questa prima carta conservata sono registrati quasi tutti sotto la forma «Item N., pro eius vinea, tenetur in tot solidis, sive florenis», mentre la carta XIIIr – che ne è oggi la successiva – inizia con articoli del tipo «item N. debet tot solidos» o soltanto «Item N., tot solidos», nella sezione che precede l’elenco delle vigne nella «Vallis Talliana». Una soluzione di continuità tra la carta dove inizia l’inventario e la carta XIII – e dunque la mancanza probabile di una carta al meno tra tutte e due – spiegherebbe questa differenza di forma tra gli item che vi sono registrati, altrimenti non comprensibile. Inoltre il paragone con i frammenti di un censuario delle vigne del Capitolo dell’anno 1380 confermerebbe una lacuna del manoscritto in questa sezione10 Oltre questa verosimile perdita, bisogna ribadire che l’elenco delle vigne è mutilo anche delle carte XV e XVI, tra le «vinee extra portam Pertusi supra valle Sancti Egidii» e le «vinee in proprietate Sancti Egidii». L’inventario delle vigne avrebbe perduto un minimo di 3 carte (cc. XII, XV, XVI) delle 8 su cui si stendeva al meno, ammettendo che non fosse più lungo (cc. XI-XVIII). La sezione delle case (cc. XXVIr-XXXIIv) si interrompe con il paragrafo dedicato alle case nella parrocchia di Santa Maria in Publicolis – di cui soltanto una unità è registrata (in fondo alla c. XXXIIv) – e potrebbe essere mutila della fine dovuta alla perdita della carta XXXIII, mentre la carta XXXIIII risulta bianca.
Al piatto della copertina del manoscritto e nel margine superiore della prima carta, una mano moderna ha scritto la data «1361», riportando la data dell’inventario dei beni del Capitolo a Tivoli vergato nella seconda parte del codice (cc. LXVIIIr-LXXIIr). Ma questa data non corrisponde a quella del grande inventario che occupa la maggior parte della raccolta (cc. **-LXVIr). Gli studi purtroppo incompiuti di Robert Montel sui canonici di San Pietro e le liste prosopografiche da lui pubblicate consentono di stabilire l’intervallo cronologico della compilazione dell’inventario nel secondo trentennio del XIV secolo e, con maggior probabilità, negli anni Quaranta e Cinquanta del secolo (corrispondendo tra l’altro alla datazione probabile della filigrana).11 L’incipit della sezione delle vigne ne fissa il terminus a quo alla morte del cardinale Giovanni Gaetano Orsini, il quale deve essere identificato – nonostante l’errore del Torrigio a riguardo12 – con l’omonimo canonico di San Pietro, promosso cardinale diacono del titolo di San Teodoro da papa Giovanni XXII il 18 dicembre 1316, defunto nel 1335. La donazione delle vigne in Suvereta, effettuata dal cardinale ancora in vita, viene ricordata dal Liber anniversariorum della basilica nella sua nota obituaria che data la sua morte al 30 agosto 1335.13 Si leggono di seguito i nomi di alcuni canonici registrati per la conduzione di vigne:
- Iordanus de Insula (item 72, 204, 229, 231, 233, 234): è il canonico Iordanus Francisci Iordani de Insula prebendato nel 1329, forse lo stesso Iordanus de Ponciis de Insula Licaonie la cui prebenda vacante per decesso fu attribuita a Francescus Guidonis nel 1368;14
- Romanus de Insula (item 95): l’unico che può corrispondere è Romanus magistri Angeli de Insula Licaonie, canonico sotto aspettativa nel 1316, menzionato nel 1329;15
- Egidius (item 205): Egidius de Roffredis attestato dal 1330/1334 fino al 1354;16
- Franciscus de Valle Montonis (item 207): Franciscus Iohannis Pedonis de Vallemontone, canonico prebendato nel 1343, vicario e camerlengo del Capitolo nel 1347;17
- Iohannes Provincialis (item 213-214): le liste di Montel ne danno due omonimi: Iohannes Deodati alias dictus Provinciale, la cui prebenda è vacante per decesso nel 1326, da scartare per incompatibilità di data, e Iohannes Gualhardi, alias dictus Provinciale, canonico sotto aspettativa nel 1328, prebendato nel 1332;18
- Iohannes Bobonis (item 215): prebendato nel 1337;19
- Nicolaus de Astallis (item 218): attestato nel 1331-1332; il 26 gennaio 1347 riceve insieme al camerlengo in nome del Capitolo una donazione inter vivos; il canonicato e la prebenda sono segnalati vacanti per decesso il 13 maggio 1350;20
- Nicolaus Buccamatius (item 235): Nicolaus Iohannis de Buccamatiis, canonico prebendato nel 1331, è ancora menzionato nel 1362; da identificarsi forse con l’omonimo canonico implicato nell’assassinio di Alessandro Conti nel 1371;21
- Angelus (item 236): potrebbe esser identificato con Angelus Fraiapani (registrato nell’item 238), attestato dal 1325 al 1336 (ma questa ultima data non corrisponde a quella della sua morte),22 oppure con Angelus Mutus, attestato dal 1344 fino al 1370.23
La parte dell’inventario dedicata alle case consente di precisarne ulteriormente la data: posteriore al 1341-1342 (item 37 e 39), essa corrisponde a «isto anno iubileo» (item 42, 84, 144) – che viene registrato semplicemente «isto anno» nella maggior parte degli item – anno in cui i canoni delle case erano molto più alti di quelli richiesti abitualmente. Gli item 84, 144 e 162 precisano inoltre che l’inventario è stato compilato dopo il versamento dei canoni dovuti per l’anno giubilare: «isto anno iubileo habuimus florenos XXV» recita ad esempio l’item 84. Di conseguenza conviene stabilire la data della compilazione del documento all’anno giubilare 1350: sarebbe il più antico inventario conosciuto dei beni mobili e immobili del Capitolo di San Pietro. La datazione del documento al 1361 – proposta da Eugène Müntz e Arthur L. Frothingham sulla base di quella dell’inventario tiburtino delle carte LXVIIIr-LXXIIr – è da ritenere del tutto errata, così come l’ipotesi relativa alle ragioni che secondo i due studiosi avrebbero condotto i canonici di San Pietro a compilare l’inventario dei loro beni prima del ritorno del Papato a Roma.24 Luigi Schiaparelli, che all’inizio del Novecento editò le carte dell’Archivio di San Pietro anteriori al 1200, sottolineava l’attenzione che il Capitolo dedicò alla conservazione e all’ordinamento dei suoi archivi a partire dal XIV secolo. Egli menzionava egualmente il fatto che «nel 1350, anno di giubileo, essendo pontefice Clemente VI, il capitolo fece trascrivere e autenticare dal notaio Gualterius domini Frederici de Claromonte clericus Firmanus parecchi documenti, tra cui le bolle di Leone IX (J.-L. n° 4309) e di Eugenio III (J.-L. n° 9714) il 10 maggio, di Leone IX (J.-L. nn° 4293 e 4294) il 5 giugno».25 Del resto, il primo inventario degli archivi del Capitolo che ci è pervenuto data alla fine del XIV o all’inizio del XV secolo.26 Tale cura archivistica coincideva naturalmente con quella del patrimonio e della sua amministrazione, che necessitava innanzitutto della sua scrittura.27 Venne così compilato un grande inventario della totalità dei beni immobili e mobili del Capitolo, secondo un ordine classificatorio preciso, che iniziava con i beni fondiari, a seconda della loro varietà tipologica suddivisi poi per zone topografiche, per concludersi con i libri della biblioteca.
Il compilatore dell’inventario era un canonico di San Pietro, come risulta dall’appellativo con il quale designava i suoi confratelli, «concanonici nostri».28 L’amanuense, nell’ipotesi in cui fosse stata una persona diversa, era anche archivista del Capitolo. Si riconoscono su diverse pergamene dell’Archivio capitolare note tergali scritte da sua mano: ad esempio sul verso dell’atto con il quale «domina Egidia uxor quondam Pucciarelli de Sasso mater quondam Petri Alberti beneficiati chori basilice S. Petri» donò con riserva d’usufrutto una casa ubicata «in ruga Francigena in contrata Portice S. Petri» il 26 gennaio 1347, egli notò «Instrumentum donationis inter vivos facte basilice Principis apostolorum de Urbe de domo cum signo vegetis sita in parochia Sancti Iustini in ruga Francigena».29 Lo stato ecclesiastico dell’autore dell’inventario si traduce in particolare nell’uso della geografia parrocchiale per elencare le case del Capitolo, laddove un notaio avrebbe utilizzato il sistema capitolino delle regiones e delle contradae, come fece per esempio il notaio Iohannes Omniasancti che compilò l’inventario-censuario del monastero di San Silvestro in Capite nel 1333-1334.30 Nonostante gli sforzi notevoli effettuati per ordinare il patrimonio e renderne agevole la scrittura, nel compilare il suo registro l’amanuense è stato disattento in varie occasioni: alcune parole dimenticate, altre errate, qualche item ricopiato due volte, testimoniano che egli non era uno specialista della scrittura e della registrazione.
Si propone in questa sede l’edizione delle due parti dell’inventario che interessano il patrimonio fondiario e immobiliare stricto sensu del Capitolo: inventario delle vigne suburbane (cc. **r-XVIIIv) e elenco dei terreni edificati e delle case romane (cc. XXVIr-XXXIIv). La lista delle chiese soggette (cc. XVIIIIr-XXVr) è stata edita di recente da Mirko Stocchi,31 l’inventario della sacrestia (cc. XXXVr-LXr) da Eugène Müntz e Athur L. Frothingham,32 mentre è ancora inedito quello della biblioteca (cc. LXIIr-LXVIr); di esso Stanislas Le Grelle (1874-1957), scriptor onorario della Biblioteca Vaticana, ha numerato gli item a matita sul manoscritto e segnalato in margine i rinvii a inventari successivi.33
I dati contenuti nella parte dedicata al patrimonio immobiliare urbano sono stati da me ampiamente utilizzati nei miei studi sulla proprietà immobiliare a Roma nel XIV secolo.34
1 Notizia descrittiva nell’inventario dell’Archivio: BAV, Sala cons. mss., 410: Archivio Capitolare di S. Pietro, Inventario a cura di Pio Pecchiai, 1945-1948, riv. e agg. da L. Fiorani, 1987, t. 2, c. 46: «Inventari 1: ‘Inventarium antiquum omnium bonorum mobilium et immobilium Basilicae nostrae’ (sulla costola). ‘1361’ (sulla coperta). Inventario di tutti i beni immobili della Basilica (terreni, chiese, monasteri e ospedali ad essa soggetti, case che pagano censi ecc.) posti in Roma o fuori Roma, e di suppellettili sacre e libri della sagrestia. Reg. cartaceo restaurato nel 1563, con copertura di cartone rivestito di perg., 1361.»
2 Ch.-M. Briquet, Les filigranes. Dictionnaire historique des marques de papier, 2a ed., Leipzig 1923 (rist. anast., Hildesheim-New York 1977).
3 Sul priore Pace Pico, cfr. D. Rezza, M. Stocchi, Il Capitolo di San Pietro in Vaticano dalle origini al XX secolo, I, Città del Vaticano 2008, p. 376.
4 L’inventario delle chiese soggette è stato edito da M. Stocchi, Il Capitolo Vaticano e le “ecclesiae subiectae” nel medioevo. I cataloghi dei secoli XIII-XIV, Città del Vaticano 2010, alle pp. 55-75. Ringrazio Mirko Stocchi per la disponibilità e per la comunicazione di alcuni studi suoi.
5 Edito in E. Müntz, A.L. Frothingham, Il tesoro della basilica di S. Pietro in Vaticano dal XIII al XV secolo con una scelta d’inventarii inediti, in «Archivio della Società romana di storia patria», 6 (1883), pp. 1-137, alle pp. 13-51.
6 Lista degli Incipit: «Incipit inventarium vinearum loci vocati Sube[rete] donat[arum ba]sil[ic]e Principis apostolorum per bone memorie dominum Iohannem Gaietanum cardinalem» (c. **r); «Incipit inventarium ecclesiarum, hospitalium, monasteriorum et locorum Deo dicata in summa singularitate subiectarum supradicte basilice Principis apostolorum de Urbe et per sanctorum patrum Romanorum pontificum in se ipsas et eorum censibus per spiritualia privilegia ac alia generalia debita spiritualitate concessa» (c. XVIIIIr); «Incipit inventarium domorum censualum et terraticorum sepedicte basilice Principis apostolorum de Urbe» (c. XXVIr); «Incipit inventarium omnium et singulorum dossalium, paramentorum, pluvialium sacristie basillice Principis apostolorum de Urbe» (c. XXXVr); «Infrascriptum est inventarium de omnibus libris sacristie basilice Principis apostolorum de Urbe» (c. LXIIr).
7 «In nomine Domini, amen. Infrascripte sunt domus et possessiones quas dicta sacrosancta basilica habet in Tybure ac eius districtu locate ad presens videlicet sub anno Domini millesimo CCC°LXI° tempore domini Innoce‹n›tii pape VI, sub die *** mensis decembris, XIIII indictione, Lippo magistri Raynaldi de Tybure pro annis quinque ad rationem de florenis auri *** pro quolibet anno; et primo que respondere debent locatariis singulis annis in festo sancte Marie de mense augusti prout inferius patet» (c. LXVIIIr).
8 R. Mosti, Il cabreo del 1402 delle chiese, degli ospedali e dei monasteri di Tivoli e un inventario del 1320 dei beni posseduti a Tivoli dal capitolo della Basilica Vaticana, Tivoli 1975 (Studi e fonti per la storia della regione tiburtina, X), pp. XXVI-XXVIII e pp. 89-102. Cfr. anche S. Carocci, Tivoli nel Basso Medioevo. Società cittadina ed economia agraria, Roma 1988 (Nuovi studi storici, 2), p. 284.
9 BAV, Archivio del Capitolo di San Pietro, Censuali, 3: censuario a. 1405, «In nomine Domini, amen. Infrascripta est censuale omnium castrorum, casalium, domorum, apothecarum, locorum, possessionum, terraticorum et aliorum bonorum Basilice prelibate factum et compilatum per camerarios anni IIIIC quarti», lista dei castra e dei casalia alle cc. 19r-26v e delle apothece Paradisi alle cc. 27r-28r. Struttura identica del censuario del 1407, ivi. Manca invece la lista delle vigne in questi due censuari, sicché non si può verificare la completezza dell’elenco qui edito.
10 BAV, Archivio del Capitolo di San Pietro, Censuali, 1, cc. 9r-40r.
11 R. Montel, Premières recherches sur la mense capitulaire de la basilique Saint-Pierre de Rome, École française de Rome 1972 (dattiloscritto); Un «casale» de la Campagne romaine de la fin du XIVe siècle au début du XVIIe siècle: le domaine de Porto d’après les archives du Chapitre de Saint-Pierre, in «Mélanges de l’École française de Rome - Moyen Age», 83 (1971), pp. 31-87; Le «casale» de Boccea d’après les archives du Chapitre de Saint-Pierre (fin XIVe-fin XVIe siècle), ivi, 91 (1979), pp. 593-617 et 97 (1985), pp. 605-726; Les chanoines de la basilique Saint-Pierre de Rome des statuts capitulaires de 1277-1279 à la fin de la papauté d’Avignon. Étude prosopographique, in «Rivista di storia della chiesa in Italia», 42 (1988), pp. 365-450 (I), 43 (1989), pp. 1-49 (II) e 413-479 (III).
12 Per l’identificazione errata con il cardinale Giovanni Gaetano Orsini, arciprete della basilica (1276-1277) e papa Nicola III (1277-1280) da parte dell’autore delle Sacre grotte vaticane, Roma 1635, Francesco Maria Torrigio (1580-1650), cfr. Stocchi, Il Capitolo Vaticano, pp. 55-56.
13 Montel, Les chanoines, I, pp. 418-419; P. Egidi, Liber anniversariorum della Basilica Vaticana, in Necrologi e libri affini della Provincia romana, a cura di Id., I, Roma 1908, pp. 246-247, 30 agosto, e pp. 268-269, 10 novembre.
14 Montel, Les chanoines, I, p. 424; II, p. 29, 36.
15 Ivi, I, p. 441.
16 Ivi, I, pp. 404-405.
17 Ivi, I, p. 410; BAV, Archivio del Capitolo di San Pietro, caps. 58, fasc. 212, n. 1, ad diem 26/01/1347; M. Stocchi, Archivio del Capitolo di San Pietro. Regesti delle pergamene (1305-1378), Città del Vaticano 2020, n° 178.
18 Ivi, I, p. 416 e 418.
19 Ivi, I, p. 447.
20 Ivi, I, p. 429; BAV, Archivio del Capitolo di San Pietro, caps. 58, fasc. 212, n. 1, ad diem 26/01/1347; Stocchi, Archivio, n° 178.
21 Ivi, I, p. 430 e II, pp. 47-48.
22 Ivi, I, p. 406.
23 Ivi, II, p. 2.
24 Müntz, Frothingham, Il tesoro della basilica di S. Pietro, p. 13, nota 2: «I canonici di S. Pietro, come se avessero il presentimento del prossimo ritorno della Papazia a Roma e del ristabilimento, anche momentaneo, della tranquillità pubblica, fecero redarre l’inventario qui riprodotto quasi alla vigilia dell’elezione di Urbano V, il primo dei papi Avignonesi che tentò seriamente di tornare all’Eterna Città». Cfr. Stocchi, Il Capitolo Vaticano, p. 56.
25 L. Schiaparelli, Le carte antiche dell’archivio capitolare di S. Pietro in Vaticano. Notizie intorno all’archivio, in «Archivio della Società romana di storia patria», 24 (1901), pp. 393-426, alle pp. 401-402. Cfr. J. Johrendt, Die Anfänge des Kapitels von St. Peter im Vatikan? Zu den Urkunden Leos IX. für die Basilikalsklöster der Peterskirche (1053), in «Deutsches Archiv für Erforschung des Mittelalters», 65 (2009), pp. 83-110, alla p. 87, nota 10. La compilazione dell’inventario questo anno si inserisce dunque perfettamente nella storia dei beni del Capitolo e della cura della loro buona documentazione.
26 Cf. Schiaparelli, Le carte antiche, pp. 402-403 e l’edizione alle pp. 418-426.
27 Su questo argomento, vedi C. Carbonetti Vendittelli, Scrivere per amministrare il patrimonio a Roma nei secoli XII e XIII, in «Bullettino dell’Istituto storico italiano per il medio evo», 121 (2019), pp. 139-169.
28 Item 72, 95, 204, 205, 207, 213, 215, 218, 229, 231, 233, 234, 235, 236, 237, 239 dell’inventario delle vigne.
29 BAV, Archivio del Capitolo di San Pietro, caps. 58, fasc. 212, n. 1, ad diem 26/01/1347; Stocchi, Archivio, n° 178; vedi l’item 56 dell’inventario delle case.
30 Cfr. É. Hubert, Un censier des biens romains du monastère S. Silvestro in Capite (1333-1334), in «Archivio della Società romana di storia patria», 111 (1988), pp. 93-140 (caricabile su questo sito).
31 Stocchi, Il Capitolo Vaticano, pp. 58-75.
32 Müntz, Frothingham, Il tesoro della basilica di S. Pietro, p. 13-51.
33 Cfr. P. Canart, Catalogue des manuscrits grecs de l’Archivio di San Pietro, Città del Vaticano 1966, p. 5, nota 3; vedi pure G. Mercati, Codici latini Pico Grimani, Città del Vaticano 1938, alle pp. 144-168.
34 Cfr. É. Hubert, Économie de la propriété immobilière. Les établissements ecclésiastiques et leur patrimoine au XIVe siècle, in Roma nei secoli XIII e XIV. Cinque saggi, a cura di É. Hubert, Roma 1993, pp. 175-230, alle pp. 179-187 e 208-213.