Parlami di te di Alessandra Verace
Ebbene mi confidò di avere gravi problemi familiari, e non solo. Lui riteneva di essere malato psicologicamente.
Non provava emozioni, diceva, era anaffettivo con tutti, impassibile a qualsiasi cosa.
Non capivo. Ero sempre più confusa. Mi disse che aveva "scelto" me, che ero l'unica al mondo a saperlo.
Aveva scelto me.
Non potevo crederci, mi illudevo ancora del fatto che mi volesse bene, invece si fidava soltanto di me. Niente di più.
Diceva di aver scelto me perché sapeva che prima o poi avrei capito e che ero l'unica in grado di farlo.
Mi faceva paura.
Quando poi mi spiegò meglio finalmente capii. Avevo quasi timore del mio migliore amico.
Mi rendevo conto di essere la migliore amica di una persona che non conoscevo affatto.
Tutti i "ti voglio bene", tutti i "grazie di esserci, sei importante". Tutta finzione.
Mi cadde il mondo addosso. Ma d'altronde, l'aver scelto me stava a significare che in fondo per lui contavo qualcosa.
Mi sentivo davvero importante ad essere stata scelta man mano che mi rendevo conto della gravità della sua situazione.
Nonostante sapessi di questo suo grande segreto, Leo restava per me una figura misteriosa.
Nascondeva qualcos'altro.
Ma di sicuro meno grave dei suoi problemi.
Non sapevo con chi uscisse la sera, non sapevo dove andasse, chi fossero i suoi amici.
Questa storia continuò a lungo, ma mi ero stufata del fatto che avesse altri segreti da nascondere alla sua migliore amica.
Pretesi spiegazioni.
Non dovevo farlo. Mi sono pentita con tutto il cuore. Dovevo farmi gli affari miei.
Mi disse che fumava, non sigarette s'intende.
Tutte le sere a sballarsi con la gang di ladruncoli del paese.
Lui non rubava.
Mi diceva che frequentarli era l'unico modo per provare emozioni.
Non potevo giudicarlo, non ne sapevo molto a riguardo.
Era alle prime armi, non conosceva la marijuana. Era incosciente.
Lui non capiva che i suoi "amici" lo usavano per divertirsi.
Dare spinelli lunghi mezzo metro ad un ragazzo che prima d'ora non aveva mai provato neanche una sigaretta, per poi vederlo svenire a destra e a manca e poi vomitare l'anima.
Era questo quello che facevano, ed era divertente, per loro.
Ho provato ad avvertirlo, lo giuro!
Non mi credeva. Per lui era un sogno e non voleva svegliarsi.
Delle notti rimaneva a dormire per strada per non vedere la sua famiglia e i suoi genitori non si preoccupavano nemmeno di telefonargli per sapere dove fosse.
E fumava e si ubriacava il sabato. Ma fumava ogni sera.
Puzza di vino e cenere sui suoi vestiti che a volte non cambiava per giorni perché non tornava a casa.
I miei abbracci per lui c'erano sempre. Anche se lui puzzava di schiavitù e di dipendenza dal male, oltre che di fumo ed alcol.
Lui non ricambiava, rimaneva immobile mentre gli posavo le braccia al collo.
Ma percepivo che il mio affetto per lui era cosa sconosciuta, unica e rara, ma piacevole
Non aveva nessuno al mondo oltre me.