Lo SPES contro la mafia

CALOGERO TRAMUTA E IL SOGNO DELLE ARANCE DI SICILIA LIBERE DALL’ OPPRESSIONE MAFIOSA.

Di S. Casa, G. Giusti, C. Martellacci, G. Rizzi, M. Testi

"Leggete, studiate e lavorate sempre con etica e con passione. Ragionate con la vostra testa e imparate a dire di no. Siate ribelli per giusta causa e difendete la natura e i più deboli , non affiancatevi al carro dei vincitori. Siate forti e siate liberi altrimenti quando sarete vecchi e deboli rimpiangerete le montagne che non avete salito e le battaglie che non avete combattuto." Mario Rigoni Stern

Sabato 17 Aprile, nei locali del palazzetto dei Congressi, abbiamo incontrato la sorella di Calogero Tramuta, vittima della mafia. Questo incontro è avvenuto all'interno di un progetto intitolato "Terra solchi di verità e giustizia" organizzato da Libera presidio di Rossella Casini, Castagneto Carducci e San Vincenzo.

Calogero era una guardia di finanza in pensione, che commerciava arance. Fu proprio a causa di questa attività che fu ucciso il 27 Aprile del 1976 a Lucca Sicula, in provincia di Agrigento, mentre si trovava davanti a una pizzeria del paese a parlare con gli amici. Dava fastidio a Emanuele Radosta, boss titolare di un'azienda agricola.

A distanza di 22 anni, quello che ci ha sorpreso è che la sorella Piera continui ad emozionarsi nel raccontare le vicende accadute al fratello. Calogero aveva lasciato la terra natale all'età di 16 anni per cercare lavoro nel Nord Italia ma il suo sogno era di ritornare nel suo paese, la zona delle arance, degli agrumeti impregnati dal profumo delle zagare. Crearsi una famiglia e condurre una vita corretta ed onesta, in quelle terre, non era sempre facile, nonostante ciò Calogero era riuscito ad incrementare la produttività del suo terreno e la quantità di agrumi della famiglia ed aveva impiantato un fiorente commercio con il mercato del luogo. Purtroppo però, questo suo modo di lavorare aveva irritato Emanuele Radosta, boss mafioso, abituato a gestire ogni attività del paese. Vedendosi intralciare nelle sue attività, il boss iniziò a boicottare e danneggiare il commercio di Calogero. Per diverso tempo Calogero fu vittima di questi soprusi, fino a quando, un pomeriggio, affrontò a viso aperto Emanuele sulla piazza del paese, minacciando di denunciarlo e invitandolo ad un comportamento più corretto. "Chi tocca a me si brucia". Queste furono le parole di condanna per Calogero Tramuta, che qualche ora dopo venne freddato con 27 colpi di mitra da parte di uno “sconosciuto” mandante. Calogero e tutta la sua famiglia hanno avuto giustizia grazie a due testimoni di giustizia. Durante il processo ci sono stati avvenimenti drammatici, tra cui la violenza subita da Piera Tramuto da parte degli scagnozzi del mafioso; altrettanto spiacevole è il fatto che i mafiosi abbiano organizzato “spedizioni” per mettere timore alla gente e dopo festeggiare con cene.

Però questa volta i criminali hanno pagato, la giustizia è stata uguale per tutti e Emanuele Radosta ha avuto 28 anni di galera più altri 30, perché durante questo processo si è scoperto che era stato l’esecutore materiale di un altro omicidio.

Per Piera essere qui a raccontarci l’accaduto è una rivincita, perché l’assassino di suo fratello non sarebbe felice di questo.

Calogero Tramuta e sua sorella Piera