di Alessandro Teti


Una sera d'estate


Anche oggi è una giornata senza un filo d’aria.

Mi affaccio sul balcone, il riflesso del sole sulla casa di fronte mi abbaglia la vista; incurvo la mano sulla fronte per schivare il riverbero.


 Guardo verso la discesa: un gatto si trascina stancamente alla vana ricerca di qualche rimasuglio di cibo per placare la fame e la debolezza.

 In lontananza si ode strepitare un motorino che probabilmente sta arrancando sulla salita che porta a Piazza Leonardo Vinci.


Poco dopo il silenzio assoluto ripiomba nel pomeriggio lattiginoso. Cosa faccio? “Vado giù, lì fa più fresco” ti dico. Aspetto una tua risposta, ma non arriva, non può… Mi soffermo ad osservare il tuo bel viso sorridente e sereno nella foto sul comodino. “Chissà cosa stavi pensando in quell’attimo!?


” “Chiudi la porta a chiave, non si sa mai” mi dicevi sempre. “Sì, la chiudo come vuoi tu!”


Scendo la scalinata esterna. Il fico con il suo tronco robusto piantato saldamente sul terreno del minuscolo giardino, si rinvigorisce di anno in anno; pare immortale e ogni estate regala i suoi frutti a ricordarci che la sua esistenza non è scandita dai calendari; con le sue radici vigorose è sempre pronto a difendere la “casa dei nonni” dagli attacchi del vento e degli scrosci temporaleschi che vorrebbero portarsela in fondo alla “timpa”.


L’ ulivo, che agli albori della sua vita era un minuscolo ramoscello, ha ormai superato l’altezza della “rizza” che protegge il giardinetto.


La quercia si avvia a svettare verso il cielo per dare frescura a chi un giorno, volgendo lo sguardo verso la sua chioma, evocherà il tuo nome. 


Le cicale non danno tregua da diversi giorni, ma oggi hanno concesso una pausa al loro stridulo frinire