di Gianna Molinari
Inquietudine: malessere del nostro tempo
Il XXI secolo, con le sue sfide e i rapidi cambiamenti, ha generato un senso diffuso di malessere, che è l'inquietudine.
La parola "inquietudine", dal latino inquietudo ("non quiete"), descrive perfettamente questa assenza di pace: una vibrazione interiore, una sensazione di disagio che non è una malattia, ma uno stato che punge la coscienza e spinge a porsi delle domande. Lo scrittore Ignazio Silone la vedeva come una forza intrinseca che spinge l'essere umano a cercare un senso e un futuro migliore.
Viviamo in un'epoca di paradossi, in una "società liquida" in cui tutto sembra incerto. La tecnologia, pur connettendoci a un mondo vastissimo, genera stress e ansia a causa della connessione costante, della pressione per un'immagine online perfetta e del bombardamento di notizie negative.
Questo porta a un senso di alienazione e isolamento, di insoddisfazione.
A questo si aggiungono l'incertezza economica, la competizione globale e la mancanza di equilibrio tra vita lavorativa e personale.
La ricchezza di pochi coesiste con la povertà di molti, e le guerre e i genocidi che vediamo quotidianamente creano un senso di impotenza e disorientamento.
Molti scelgono di rifugiarsi nella propria "bolla" per non essere sopraffatti.
Aumenta anche la sfiducia generalizzata, alimentata dalla percezione che la ricerca del potere personale abbia soppiantato il bene comune.
Questa corsa al benessere individuale a scapito della collettività rende l'inquietudine ancora più acuta, poiché sembra che nessuno si preoccupi realmente di costruire un futuro migliore per tutti.