A Venezia per la Biennale di Architettura, e non solo

13-18 giugno 2021

Andrea Caranti


Col ritorno della possibilità di spostarsi fra regioni, dal 13 al 18 giugno 2021 sono stato a Venezia. Lo scopo principale era visitare la Biennale dell'Architettura, ma ne ho approfittato per vedere la Collezione Peggy Guggenheim, Punta della Dogana (nella foto del titolo, con la Salute), la Fondazione Prada, e Palazzo Cini, come vi racconto qui di seguito.

Biennale dell'Architettura - How will we live together?HOW WILL WE LIVE TOGETHER?

Premessa. Mentre frequento da un po' di anni la Biennale d'Arte, è da poco che ho cominciato ad andare anche a quella di Architettura. Trovo che alcune parti (specie quelle di progetti) siano un po' troppo da architetto ad architetto (da insider) per le mie capacità di comprensione. Mi attraggono di più le parti che più si avvicinano, fino a confondersi, a quello che potremmo vedere nell'altra Biennale.

È impossibile parlare di tutto quello che c'è in Biennale - ho pertanto fatto una piccola selezione - le mie scelte nel seguito sono assolutamente personali, e risentono sicuramente del fatto che quando stai sei/sette ore filate a vedere padiglioni, l'attenzione finisce per vacillare, e magari ti perdi per stanchezza qualcosa di bello.

Giardini

Comincio con una menzione per il Restroom Pavilion. Quando entrate ai Giardini, e svoltate a sinistra verso il Padiglione Centrale, trovate nell'ordine la Spagna, il Belgio, i bagni, e l'Olanda. Che spreco, deve aver pensato qualcuno di ingegnoso, ed ha allestito un padiglione nei bagni, intitolato Your Restroom is a Battleground.

Nel Padiglione della Spagna, intitolato Uncertainty, mi ha attratto l'installazione in cui decine di progetti appaiono volare via, appesi come sono a fili che corrono dal pavimento al soffitto.

Nel Restroom Pavilion. Notate l'asciugatore elettrico, e i lavandini nello specchio

Nel Padiglione della Spagna

Spettacolare il Padiglione USA, intitolato American Framing, e dedicato alle strutture in legno che fanno parte della tradizione, e vengono impiegate ancora oggi. Qui anche i modellini, ben esposti, li ho trovati attraenti.

L'esterno del Padiglione USA

Uno dei modelli nel Padiglione USA

Il Padiglione Israeliano, intitolato LAND.MILK.HONEY (una citazione biblica, Esodo 3:8), è forse quello che ho più apprezzato. L'idea è di esplorare la storia della trasformazione della terra fra il Giordano e il Mediterraneo (questo il termine anodino usato dagli espositori) da parte dei coloni europei, attraverso la storia degli animali autoctoni ed importati. I coloni tendevano a riprodurre i modelli europei a loro già noti. Per esemplificare, la prima sezione è intitolata Scapegoat (Capro espiatorio), e racconta come la capra nera autoctona fosse stata inizialmente scalzata dalla capra bianca europea. Poi il parlamento decide con voto unanime di proteggere la capra nera, e un filmato riporta il discorso di un parlamentare che celebra con un sorriso sotto i baffi l'ottenuta parità fra capre nere e capre bianche. (La metafora mi pare piuttosto esplicita.) Al primo piano c'è una installazione che ricorda Damien Hirst, con cassetti che si aprono e si chiudono, mostrando gli animali di cui si parla.

Uno dei cassetti appena descritti - si veda anche il video che segue

Veramente efficace il Padiglione della Romania. Da una parte dei pannelli molto ben realizzati ed esposti raccontano la storia della diaspora di tanti rumeni che hanno lasciato il paese negli ultimi decenni. Dall'altra viene mostrato l'effetto di questa diaspora sulla demografia di zone rurali e di centri urbani.

Dal Padiglione della Romania, la storia del baritono George Petean

Il Padiglione della Germania era un Cloud Pavilion completamente virtuale, spazi vuoti, con codici QR da inquadrare, che evocavano una rappresentazione di come vivremo nel 2038. Questa del virtuale potrebbe essere una tendenza in crescita, anche se i commenti che sentivo non erano proprio entusiasti.

Anche piuttosto vuoto (a parte una sala giochi a piano terra) era il Padiglione della Russia. Ma qui l'idea era di mostrare i lavori di ristrutturazione del Padiglione, che lo hanno reso più spazioso e flessibile per future installazioni.

Il Padiglione della Germania

Il Padiglione della Russia

L'affascinante Padiglione del Giappone presentava una casa tradizionale giapponese, nella sua evoluzione negli anni, scomposta nei suoi atomi, meticolosamente catalogati. Ho trovato molto intrigante cercare di ricostruire mentalmente la casa da tutti i suoi componenti. La casa non era più abitata, e finita la Biennale verrà rimontata in un paese nordico, dove verrà usata a scopi culturali.

Dal Padiglione del Giappone

Dal Padiglione del Giappone

Il Padiglione dei Paesi Nordici quest'anno era curato dalla Norvegia, e intitolato What We Share. A model for cohousing. La foto qui sotto vuole celebrare la bellezza del Padiglione stesso, con gli alberi al centro, e i bellissimi effetti sul pavimento della luce che filtra dai vetri del soffitto.

Termino la sezione sui Giardini con questa finestra dal Padiglione Centrale, che è un classico stilema di Carlo Scarpa.

Arsenale

L'Arsenale forse mi ha entusiasmato meno, ci ho visto troppo l'idea di rifondare il mondo, o almeno le interazioni sociali, con l'architettura giusta. C'era anche molto (per me, troppo) politicamente corretto. Comincio con una variazione sul tema dei fotografi fotografati (e chissà cosa succedeva alle mie spalle!), tema che mi piace sempre cercare di catturare - poi i colori di lei richiamavano quelli di lui..

Il Victoria & Albert presenta la storia di tre moschee a Londra, costruite ex novo o adattate da vecchi edifici (uno prima era un pub). Prendetevi del tempo per i video che offrono testimonianze di membri della comunità islamica. Oramai siamo abituati anche qui in Italia a incrociare immigrati, o figli di immigrati, che parlano un italiano regionale impeccabile (ho sempre in mente un gruppo di giovani cinesi sul tram a Roma, che parlavano romanesco meglio di me) - anche qui la maggior parte degli intervistati parla inglese in un modo che suggerisce perfetta integrazione, nel mantenimento della identità religiosa e di quella della propria comunità di origine.

La Croazia presentava Togetherness-Togetherless, una ironica e impratica costruzione, soggetta a una serie di prescrizioni, alcune delle quali ben familiari.

Le Filippine esplorano Structures of Mutual Support. Pure qui mi hanno affascinato aspetti formali, il contrasto fra le strutture dell'Arsenale e quelle dell'installazione, e il gioco di luci ed ombre prodotto dalla struttura.

All'interno di questa spettacolare costruzione si discute il tema dei rapporti fra gli abitanti del Cile di origine europea, e i Mapuche, una popolazione indigena. Il motto di questa installazione denominata ELEMENTAL è

Building places to get to know each other (Künü)

Building places to parley (Koyaü-we)

Per la Grecia, il progetto consisteva nel coltivare in laboratorio le spore di funghi prelevate da due stanze dell'Arsenale. Il progetto si chiama Entangled Kingdoms, come dire, dove ci sono umani lì ci sono anche muffe, che viste in questo contesto diventano quasi affascinanti.

Altri musei e mostre

Collezione Guggenheim e Fondazione Prada

La Collezione Peggy Guggenheim l'avevo vista da poco, ma l'alternanza delle opere esposte, e della loro collocazione, rende sempre interessante un'altra visita. Da questa visita estraggo un collage dell'artista dadaista Kurt Schwitters (per le cui opere provo una sconfinata passione). Sempre di Schwitters mostro un quadro, tratto dall'intrigante mostra di Peter Fischli Stop Painting, che si tiene alla Fondazione Prada, e il cui motto è

"Lo spettro che riappare continuamente per narrare la storia della fine della pittura è un problema fantasma?

E in caso affermativo, i fantasmi possono essere reali?”.

Qui il punto è che Schwitters, mentre faceva le sue sperimentazioni esplorando con biglietti, ritagli ed altro il senso della composizione (un po' come Morandi faceva con le bottiglie, mi sentirei di dire), al contempo dipingeva per se stesso quadri più convenzionali (ma sempre piacevolissimi, almeno per me). Fischli si chiede provocatoriamente se Schwitters ci credesse poi veramente, al suo dadaismo.

A proposito di Stop Painting, la mostra vera e propria si tiene negli spazi splendidamente affrescati del primo piano di Ca’ Corner della Regina. Ma a piano terra c'è un modello in scala del primo piano, dove si può avere un'anticipazione di quanto si vedrà salendo. E niente, a me piacciono molto queste idee ingegnose di allestimento.

Schwitters nella Collezione Guggenheim

Schwitters alla Fondazione Prada

Punta della Dogana

A Punta della Dogana è in corso la mostra Contrapposto Studies di Bruce Nauman. Una collezione di video minimalisti e ironici, che raccomanderei senza'altro. Qui sotto uno dei video (un po' fuori fuoco), e una delle performance dal vivo (che ho colto per caso) eseguite su precise indicazioni di Nauman,

Palazzo Cini

Mi sa che a Palazzo Cini non c'ero mai stato. Dalla non grande, ma bellissima collezione permanente del primo piano, vi riporto questi piatti di rame smaltato di manifattura veneziana del XV-XVI secolo. La collezione comprende

dipinti toscani dal XIII al XVI secolo, sculture e oggetti d’arte, tra i quali spiccano il nucleo di rami smaltati rinascimentali, il gruppo di avori gotici e il servizio di porcellane Cozzi, [e una] straordinaria raccolta di dipinti ferraresi del Rinascimento,

Una curiosità: il Giudizio di Paride di Botticelli esposto al momento alla mostra al MART di Rovereto viene da qui. In cambio, era esposto qui un San Giorgio e il drago di Paolo Uccello, proveniente dal Musée Jacquemart-André di Parigi, che farà anch'esso una mostra su Botticelli.

Al secondo piano è in corso una splendida mostra che contrappone le celebri stampe di Piranesi, alle foto con cui Gabriele Basilico le ha riprese e ripensate.

E per finire...

Fra le altre cose sono stato anche a Torcello, a visitare la Basilica veneto-bizantina di Santa Maria Assunta. L'abside della navata centrale era nascosto dai ponteggi dei restauri, ma il Giudizio Universale della controfacciata valeva il viaggio. Dentro non si poteva fotografare, così vi mostro il mug che ho preso, con i motivi del pavimento. Aggiungo anche una vista delle vigne di Mazzorbo, l'isoletta congiunta a Burano dal ponte dipinto da Umberto Moggioli.