Il 23 gennaio 1799, con l'approvazione e l'appoggio del comandante dell'esercito francese Championnet, venne proclamata a Napoli la nascita della Repubblica.A Ruvo di Puglia, come in tutto il Regno, si diffusero presto le notizie provenienti dalla Capitale dell’ex regno borbonico e già il 30 gennaio verso le 22 fu issata sulla torre civica dell’orologio la bandiera francese. Parteciparono il Sindaco e molti civili che subito si fregiarono di coccarde tricolore.La Repubblica, però, non ebbe subito vita facile: il popolo non riusciva a comprendere le idee libertarie e pensava più “alle cose della terra” che agli alti ideali rivoluzionari.A Ruvo, lontana dall’imperare dell’esercito francese, presto i popolani si ammutinarono e iniziarono a perseguitare il Governatore e i civili giudicati responsabili della deriva giacobina. Solo l’ammainamento della bandiera francese riportò la pace, seppur apparente.Il 4 febbraio nella vicina città di Trani, ben più aperta alle novità libertarie, si piantò l’albero della libertà e sulla scia di questi avvenimenti il giorno dopo, 5 febbraio 1799, ultimo giorno di Carnevale, anche a Ruvo il popolo stesso cercò di piantare l’albero della libertà in mezzo alla piazza. E così molti cittadini si recarono al giardino del Capitolo presso i Cappuccini, tagliarono un albero di cipresso, e portatolo con loro, lo situarono in mezzo alla piazza. L’albero, piantato nell’attuale Piazza Menotti Garibaldi, fu decorato con drappi colorati, coccarde, con una coppola rossa e un tricolore sulla cima. Balli, suoni di tamburini, spari e canti liberali festeggiarono la neonata repubblica partenopea.
Perché un albero per la libertà?
L’usanza di piantare l’albero della libertà ebbe inizio durante la Rivoluzione francese. Nel 1790 fu piantato il primo albero a Parigi e negli anni successivi furono piantati nelle piazze principali di tutti i municipi francesi. La scelta di un albero fu altamente simbolica: rappresenta, nel significato più ampio, la vita del cosmo, la sua densità, la sua proliferazione, la rigenerazione e corrisponde all'immortalità.Un decreto della Convenzione del 1792 ne regolava l'uso e l'addobbo: poteva anche essere soltanto una semplice asta di legno ornata da nastri tricolori ed incoronata col berretto frigio rosso. Con la diffusione degli ideali repubblicani, gli alberi della libertà vennero piantati anche in Italia. Pochissimi esemplari hanno sconfitto la battaglia col tempo e con i cambi di governo tra cui si segnala il maestoso olmo di Montepaone (Catanzaro).
Tagliato un albero, se ne pianta un altro
La scelta di un cipresso per l’albero della libertà rubastino, definito da Giovanni Jatta l’albero senza radici che i Francesi propagavano per produrre soltanto il frutto delle civili discordie, fu ironicamente una decisione di malaugurio: la mattina del giorno successivo alla piantumazione, mercoledì delle Ceneri, voci fasulle di bombardamenti antifrancesi a Trani e Corato portarono il basso popolo di Ruvo a ribellarsi contro i repubblicani e si finì per distruggere l’albero in minutissimi pezzi. Aggiunse Jatta che i popolari non avevano capito per nulla cosa cotesto albero fosse significato ragionavano nel modo che siegue: Giacchè i Galantuomini hanno voluto piantar l’albero avrebbero potuto porre in cima di esso una parrucca e non già la coppola che portiamo noi A questo modo avrebbero veduto gl’Inglesi che si era lo stesso piantato dalle parrucche e non già dal Popolo.Seguirono giorni di anarchia e di delitti: fucilate sul largo del Castello contro alcuni galantuomini, caccia ai liberali casa per casa e chiesa per chiesa, sentenze improvvisate di incarcerazione. La bolgia infernale in cui si era trasformata la civile città di Ruvo richiamò in città i dotti Giovanni e Giulio Jatta, Raffaele Cotugno e altri notabili dimoranti in Napoli. Con un manipolo di uomini armati entrarono a Ruvo e tentarono di ristabilire l'ordine. Alcuni realisti furono puniti col carcere. Una donna dai facili costumi, ad esempio, fu esposta alla berlina sotto la Torre dell'orologio. Dopo aver eletto una nuova amministrazione municipale liberale, col concorso del vescovo Pietrangelo Ruggiero, il 26 marzo 1799 alle ore 16 fu piantato nuovamente l'albero della libertà. Intervennero il clero, i regolari, la municipalità, gli ufficiali, i soldati e il popolo tutto. Al termine in Cattedrale venne cantato il Te Deum e la serata fu conclusa da uno spettacolo pirotecnico.La lealtà ruvese al governo francese non salvò la città dai pesanti dazi imposti dalle autorità repubblicane.Pochi giorni dopo Altamura fu espugnata dal Cardinale Ruffo legato al governo borbonico. La città di Ruvo cambiò nuovamente casacca: tornò sotto l'ala protettiva dei Borbone e in fretta e furia l'albero della libertà fu abbattuto. Era il 21 maggio 1799, soli tre mesi e mezzo dopo i primi vagiti ruvesi della libertà.
G. Jatta, Cenno storico sull’antichissima città di Ruvo , Napoli 1844Jatta A e Loiodice C., Un diario ruvestino del dott Domenico Tambone (1798-1816), ´in ´Rassegna pugliese´, XII, 3´, Trani-Bari 1895Testini N. , Il 1799 in Ruvo , in « Apulia » , 1914F. Jurilli, Ruvo di Puglia nella Preistoria e nella Storia, Trani 1971