NapoliTeatroFestival/5
A volte bastano poche parole, e le mie in questo caso potrebbero essere: ci
voleva.
Ci voleva una serata, uno spettacolo, ed aggiungerei un sabato così: la
Partenope di Leonardo Vinci ha riconsegnato all'ammirazione della città di
Napoli una delle sue più belle figlie, in un panorama già ricco di capolavori,
soprattutto coevi.
In realtà, più che figlia, di Napoli la Regina-Sirena sarebbe addirittura
la Madre, per tutti i legami della città con uno dei suoi Miti principali, a
partire dal corpo dell'uccello riemerso a Posillipo dopo essere stato vinto da
Orfeo e da Ulisse, che diede il suo nome ad una nuova città, e di cui si sono
trovate numerose testimonianze archeologiche, alla vergine greca figlia del re
di Tessaglia, arrivata anch'ella a Posillipo alla guida di una colonia ellenica
ver volontà degli dei, combattendo i fieri nemici Cumani ed imponendo il culto
della verginità (in greco Partenope significa appunto “la vergine”).
La Vergine, dunque: è stato così che il Mito è sopravvisuto per secoli, con
la sua naturale sovrapposizione al culto cristiano della Vergine Maria. Ed è con
questo richiamo che nel medioevo si complicò ulteriormente il mito, quando lo
stesso Virgilio, che qui da noi era considerato anche e forse soprattutto un
Mago, fu chiamato (dal popolo, ma anche da Petrarca, nelle Egloghe) il
“Parthenias”, cioè “il vergine”, fino ad essere perfino adottato come protettore
degli omosessuali napoletani.
Della Vergine Partenope, almeno oggi abbiamo rivisto un volto che
chissà, magari ai più sarà sembrato familiare, me compreso, ma del quale
avremo anche imparato a smarrire l'idea di poter allungare una mano per
afferrarlo.
Di tutto questo va reso un ringraziamento per il lavoro preciso ed attento
che ha permesso di riscoprire uno dei più grandi compositori della storia della
musica europea, che lo stesso Handel, solo da ultimo, e solo come si direbbe
oggi, plagiò in maniera massiccia: Leonardo Vinci. E questo lavoro porta la
firma di Antonio Florio, direttore artistico del centro di musica Antica Pietà de'
Turchini.
Ma Florio ed i Turchini sono una realtà di cui converrà parlare a parte, in
una sede specifica, tanta è l'importanza del gioioso e brillante miracolo che si
sono messi in testa di portare avanti, con la riscoperta di un patrimonio
napoletano che per oltre due secoli è stato, nel mondo, uno dei maggiori punti
di riferimento nella musica.
La splendida edizione del San Carlo, sotto la regia di Gustavo Tambascio,
ha fatto conoscere la sua versione più storicistica possibile, e questo ha
permesso di rivivere gesti, movenze, posture, discorsi, figure, attitudini e
consuetudini assolutamente vicine all'originale settecentesco, proprio come se
si fosse stati trasportati alla rappresentazione veneziana del 1725.
A volte mi chiedo se questa sia un'immagine di Napoli nostalgica o vetusta,
ma dura poco... sono sempre più convinto di no, ed anzi penso che se la
Vergine-Regina-Sirena fosse un po' più presente con il fiume di colori e di
eleganza in mezzo ai nostri sabati, e producesse più sguardi soddisfatti come
questi, avremmo solo di che guadagnarci. E molto.