Testo di proprietà dell’autore Italo Semino
Il comando frainteso!
Racconto serio di naja alpina
Cari amici, sino ad oggi avete sopportato i miei racconti eroicomici di naja alpina, questa volta proporrò alla vostra attenzione un argomento decisamente serio. Coloro che amano camminare in montagna si saranno certamente imbattuti in lapidi ed epigrafi che ricordano il sacrificio di alpini in armi, in tempo di pace; naturalmente, e doverosamente, nelle nostre commemorazioni tendiamo a ricordare le “Penne Mozze” gli alpini Caduti in guerra, purtroppo ultimamente onoriamo i Caduti delle così dette “Missioni di Pace”, raramente richiamiamo alla memoria gli alpini Caduti in tempo di pace e sono questi a cui rivolgo il pensiero.
E’ naturale che, a parecchi anni di distanza dalla naja, si tenda a rammentare gli episodi più buffi, leggeri ed allegri, tuttavia non dobbiamo dimenticare che il servizio di leva fu, in alcune circostanze, sofferenza, umiliazione, rabbia e qualche volta fu disgraziatamente anche lutto. Durante la mia permanenza presso il Btg Morbegno si ebbero, nel maggio del 1974, tre Caduti alpini sul Catinaccio, trascinati a valle da un lastrone di neve staccatosi dalla montagna, ancora in settembre un quarto alpino decedette presso la polveriera di Stilves, raggiunto al petto da un colpo partito accidentalmente dall’arma di un commilitone. Prestare il servizio presso le truppe alpine presupponeva qualche rischio: perché l’ambiente in cui si operava è per sua natura meraviglioso ma insidioso, infide le strade e le mulattiere percorse con gli automezzi e le salmerie, perché si utilizzavano le armi traditrici soprattutto se (ritenute) scariche.
A questo aggiungasi, e sarà il tema della mia narrazione, le conseguenze dell’attuazione di ordini fraintesi.
Contrariamente ad Aosta dove il poligono del Buthier risultava un’installazione permanente, attrezzato con piazzole rialzate in cemento e la linea delle sagome opportunamente munita di un robusto terrapieno per il ricovero degli zappatori, il poligono utilizzato dal “Morbegno”, ubicato a Masseria in Val Ridanna, risultava piuttosto artigianale. Sorgeva alle fine della vallata proprio di fronte a dove oggi si trova il “Museo Provinciale delle Miniere”, situato in una radura pianeggiante, le postazioni di tiro realizzate in legno, il ricovero degli zappatori si trovava a qualche decina di metri spostato sulla sinistra rispetto alla linea delle sagome, costituito da una profonda depressione del terreno, come a dire una trincea naturale. La logistica, trovandosi l’installazione a 15 km dalla caserma “Menini”, poneva alcuni problemi, soprattutto alla Compagnia Comando che come è noto aveva in organico molti militari indispensabili per il funzionamento dei servizi: cucinieri, scritturali, magazzinieri, telefonisti, conduttori, personale dell’autosezione, tutto ciò naturalmente costringeva ad istituire turni per l’esecuzione dei tiri, con lunghe teorie di C.M. che facevano la spola lungo la val Ridanna.
Come ebbi già modo di raccontare il poligono era il luogo ove maggiormente si manifestava il nervosismo degli ufficiali scaricato sui sottoposti, ed il Capitano G.G. non costituì una eccezione, già indispettito per l’incepparsi di un’arma, dette in escandescenze quando gli zappatori comunicarono, per un tiratore, un punteggio superiore al massimo possibile.
Per placare le ire funeste, ed allontanarmi dai suoi isterismi, mi proposi come comandante la squadra zappatori; in questa veste raggiunsi la buca ricovero e munito della radio RV2 attendevo l’ordine: “fuori gli zappatori”. Con loro raggiungevo le sagome, comunicando il punteggio per ciascun tiratore e ripristinando le stesse turando i fori con colla e “coriandoli”.
Le operazioni si susseguirono con le modalità descritte sino a che, al termine di una serie, sentii il gracchiare della ricetrasmittente seguito da parole incomprensibili, valutando che non potesse trattarsi che del comando di uscita, prontamente ordinai il “fuori” precedendo la squadra, sennonché percorsi pochi passi ed allo scoperto, udii l’inequivocabile rosario sgranato dai FAL, più sorpreso che terrorizzato spinsi coloro che mi seguivano verso il ricovero, il fuggi fuggi si concluse con tuffi a capofitto nella trincea. Il cuore a mille, non osai immaginare le tremende invettive scagliate dal Comandante di compagnia!
Conseguenza angosciosa di un comando non compreso e stupidamente eseguito!
Italo Semino