L'EVOLUZIONE NON ESISTE, E' PRIVA DI SOSTEGNI SCIENTIFICI. POI, OGNI TANTO, C'E' IL SOLITO PIANETINO FORSE ABITABILE

LA VITA NON E’ CASUALE, NON E’ RIPRODUCIBILE ARTIFICIALMENTE

E NON SI EVOLVE. L'EVOLUZIONE NON C'ENTRA,

ESISTE LA SELEZIONE NATURALE O ARTIFICIALE.

L'evoluzione, ai giorni nostri, viene insegnata nei testi scolastici come fatto inequivocabile; ne sono permeati i commenti dei documentari, la letteratura, il cinema, la televisione, i giornali.

Coloro che ogni tanto gridano al miracolo di aver creato la vita artificialmente ( DNA espanso, nuovi batteri ecc. ecc. ) in realtà utilizzano la vita esistente (cellule, batteri ecc.) con inserimenti di isolati frammenti di DNA o di altri componenti vitali per affermare che la vita artificiale esiste. Sono solo tentativi virtuali di esperimenti fini a se stessi. Sono solo tentavi di assemblaggi nuovi attraveso il preesistente.

Onde evitare confusione, è bene distinguere tra evoluzione biologica e teoria dell'evoluzione. Il termine evoluzione definisce in modo generico il processo - le variazioni nel patrimonio genetico di una popolazione, verificatesi nel tempo - mentre il termine evoluzionismo definisce la "teoria", o più correttamente l'ideologia, secondo la quale tutti gli organismi viventi derivano per trasformazione da altri di epoche passate.

L'evoluzionismo viene quasi sempre presentato come una scienza esatta, ampiamente supportato dai ritrovamenti e dalla ricerca e accettato da tutti gli scienziati. In realtà, l'evoluzione biologica come spiegazione delle origini della vita non è né una teoria né un fatto, ma è una semplice affermazione aprioristica senza nessuna prova.

In natura l'evoluzione avviene e si conclude nello stesso organismo; ogni organismo vivente possiede una legge ferrea che lo governa: nasce, cresce, si moltiplica e muore.

L'evoluzione non produce nuove caratteristiche ma consiste nella manifestazione oppure nella soppressione di caratteristiche già esistenti. Si tratta di un fenomeno naturale osservato, misurato e ripetuto e pertanto scientificamente verificato.

La selezione artificiale operata dagli allevatori è un esempio di tali variazioni: gli animali sono selezionati in base a particolari tratti o caratteristiche allo scopo di produrre una variazione nella razza che possa renderla, ad esempio, più utile o più piacevole esteticamente.

Ciò non significa che vengono sviluppati nuovi tratti, ma solo che le informazioni genetiche vengono riorganizzate e i tratti più utili favoriti.

In sostanza, dunque, non si producono nuove informazioni genetiche; vengono semplicemente "riorganizzate" quelle preesistenti, formando nuove combinazioni, peraltro limitate, come predetto dalle leggi di Mendel sulla genetica.

( Gregorio Mendel è un monaco agostiniano, sacerdote, padre della genetica moderna morto nel 1884).

Per estrapolazione gli evoluzionisti postulano la produzione di nuovi tratti negli organismi viventi nel corso di lunghissimi periodi di tempo, di nuove specie, grazie all'evoluzione. Secondo questa teoria, tutte le forme di vita discenderebbero da antenati comuni: i "mattoni" della vita sarebbero nati dall'interazione di elementi inerti, e il primo microrganismo si sarebbe evoluto nel corso di miliardi di anni in forme di vita via via più complesse - da ameba a invertebrato a anfibio, rettile, quadrupede, scimmia e infine all'uomo. Essa consiste, in pratica, nell'assumere che l'evoluzione all'interno della razza sia prova dell'ipotetica evoluzione da una razza all'altra. Questo tipo di evoluzione è definito macroevoluzione.

Nonostante il fatto che la macroevoluzione non sia mai stata provata scientificamente (perché una teoria possa essere ritenuta scientificamente valida, deve essere osservabile, misurabile, e ripetibile; la teoria evoluzionistica non risponde ad alcuno di questi tre requisiti), e nonostante il fatto che non vi sia alcuna base scientifica per giustificare l'estrapolazione della macroevoluzione dall'evoluzione osservata in natura, neppure nel corso di miliardi di anni, questa dottrina viene tranquillamente inculcata in maniera dogmatica agli studenti, e spesso difesa violentemente, contestando e non di rado censurando ogni voce "fuori dal coro". Essa più che scienza è una forma di indottrinamento ideologico. Sembra quasi il ritornello mal posto se è nato prima l'uovo o la gallina. Il noto dilemma è una domanda priva di raziocinio scientifico ma fatta apposta per far ricadere nella legge della probabilità la nascita delle varie specie.

In un articolo apparso sulla nota rivista statunitense "Scientific American" il celebre scienziato G. Wold - nobel per la biochimica - cercò di dimostrare che la vita è l'approdo naturale della chimica: basta aspettare. Per lui insomma la casualità era la formula vincente.

Ma spettare quanto? L'inghippo sta proprio nell'attesa. Nel 1968 un fisico dell'università di Yale , H. Morowitz , dimostrò in una sua pubblicazione di quanto tempo c'è bisogno perché casualmente si arrivi alla creazione della vita partendo da elementi semplici del mondo organico. Il riferimento era ad un semplice batterio, non quindi alla formazione di un essere complesso come un moscerino o una foglia. Ebbene il tempo che occorre supera addirittura i 15 miliardi di anni che è l'età dell'universo. Lo stesso "Scientific American" dichiarò in seguito che Wold si era sbagliato nelle sue affermazioni nel senso che il tempo era ancora maggiore. Purtroppo la storia della spontaneità della nascita della vita assomiglia in qualche modo alla convinzione dell'esistenza dei marziani: nessuno ha un minimo di prove della loro esistenza ma tanti ci credono a prescindere. Ma la vita è anche provocatoria nel senso che non dimostra tanta pazienza per svilupparsi. La terra sappiamo che si è formata circa 5 miliardi di anni fa e quasi quattro miliardi di anni fa, un miliardo di anni dopo, esistevano già le prime rocce sedimentarie che sono dimostrative della presenza di acqua nel nostro pianeta. Le rocce sedimentarie sono estremamente importanti non solo perché possono dirci che già l'acqua aveva dato inizio al suo ciclo vitale ma anche perché sono le uniche rocce che permettono di conservare dei fossili: il nostro archivio naturale dove la vita ha scritto le sue conquiste.

In sedimenti africani risalenti a circa 3,3 miliardi di anni fa ci sono le prove che a quell'epoca esistevano dei batteri, sorta di microbi di forma simile agli attuali viventi in ambienti acquatici. Come dire che la casualità non centra proprio visto che già in condizione di estrema difficoltà la vita aveva già fatto la sua comparsa agli albori della formazione del nostro pianeta. Altro fatto straordinario è che pur essendo la vita varia, complessa e ricchissima nelle sue forme, possiede la stessa base genetica, il medesimo timbro cellulare. Infatti il codice genetico del DNA e del RNA è lo stesso in tutte le manifestazioni vitali della terra e tutte le proteine hanno una configurazione levogira mentre gli zuccheri del mondo non vitale sono destrogiri. La probabilità di costruire casualmente due catene identiche di proteine ( composta ciascuna da cento amminoacidi ) corrisponde ad un numero unitario seguito da 130 zeri cioè un fatto quasi impossibile rapportandolo ai tempi della formazione del nostro universo.

C'è di più. I fossili non ci hanno fornito la prova decisiva dell'evoluzione della vita sulla terra, restano infatti molti anelli mancanti e inoltre forme semplici che dovevano trasformasi in complesse sono rimaste tali ( ci sono ancora i batteri e certi pesci sono gli stessi da centinaia di milioni di anni come il Celacanto, il Nautilus o il Limulo, è ovvio che gli esseri del passato differiscono in qualche caratteristica da quelli attuali ma questo rientra nella logica del cambiamento per selezione naturale).

E infine: non si hanno notizie, da quando l'uomo calca il suolo terrestre, di altri nuovi esseri apparsi in natura.

Poi c'è il solito penoso ritornello che esiste un pianeta sperduto qua e là nello spazio siderale che potrebbe ospitare qualche forma possibile ecc. ecc. di vita.

Siamo seri, perchè la vita è un affare serio.

Siamo arrivati ai tempi previsti da Paolo:

“Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verità per volgersi alle favole.”

S. Paolo a Timoteo 2

ORIGINI DELLA VITA

Secondo gli scienziati evoluzionisti, la "ricetta" per ottenere la vita è relativamente semplice: luce, acqua, calore, atmosfera, e molecole organiche.

Nelle particolari condizioni postulate dagli evoluzionisti, la vita sarebbe nata dagli elementi inerti presenti sulla Terra in seguito al Big Bang (abiogenesi).

Questa ipotesi è contraria alla legge della biogenesi di Pasteur, la quale prova che la vita può nascere soltanto dalla vita - e non, quindi, dalla materia inerte. Inoltre, la generazione spontanea della vita da materia inorganica non è mai stata osservata, indipendentemente dalle condizioni dell'ambiente o dalla quantità di tempo trascorso.

Alcuni evoluzionisti, per aggirare i problemi dell'abiogenesi, considerano come fatto assiomatico che una forma di vita in grado di replicarsi autonomamente sia esistita nel passato, omettendo però di spiegarne l'origine.

La stessa atmosfera primordiale postulata dalla teoria evoluzionistica presenta dei problemi.

Se non è esistito l'ossigeno, non può essere esistito l'ozono (che è un'altra forma molecolare dell'ossigeno). In assenza di uno strato di ozono a protezione della terra, le radiazioni ultraviolette prodotte dal sole avrebbero distrutto le forme di vita primordiali.

Se, invece, l'ossigeno è esistito nell'atmosfera, i primi amminoacidi non possono aver prodotto la vita, in quanto distrutti per ossidazione dall'ossigeno presente nell'atmosfera.

La teoria del cosiddetto "brodo primordiale", sviluppata nella prima metà del 1900, prevede la nascita della vita dalle molecole organiche prodottesi spontaneamente nell'atmosfera per interazione degli elementi chimici con l'energia solare, e incubate dagli oceani.

Numerosi scienziati hanno provato a verificare in laboratorio questa teoria - Robertson e Miller, Rebek, Lee, e i ricercatori di Nagaoka - ma nessuno di questi esperimenti è riuscito a produrre risultati concreti che possano spiegare la complessità e l'elevato numero di informazioni dei polimeri che costituiscono gli organismi viventi .

L'esperimento di Miller e Urey è forse il più conosciuto, e tra i primi nel suo genere. Furono ricreate in laboratorio le condizioni primordiali ipotizzate: l'atmosfera era simulata da gas come metano, ammoniaca e idrogeno, mentre l'oceano era simulato da vapore acqueo. I gas furono fatti attraversare da scariche elettriche, e ne risultò la produzione di alcuni amminoacidi (composti organici).

Solitamente si pone l'enfasi sulla produzione degli amminoacidi, ma non viene dato risalto al fatto che in questo e in altri esperimenti simili furono prodotti miscugli racemici (in uguale quantità) di amminoacidi destrogiri e levogiri.

In natura quasi tutti gli amminoacidi che compongono le proteine sono levogiri, mentre gli acidi nucleici sono esclusivamente destrogiri. Non può nascere alcuna forma di vita da una qualunque combinazione di entrambi; anche un solo amminoacido destrogiro, aggiunto a una catena di amminoacidi levogiri, può modificare la proteina rendendola non attiva biologicamente.

Asserire che gli esperimenti abbiano prodotto la vita è quantomeno errato: per produrre delle proteine non è affatto sufficiente produrre qualche amminoacido, ma sono necessarie lunghe catene di amminoacidi ordinati nel modo corretto e nella forma esatta.

Oltre a ciò, gli esperimenti furono condotti con livelli inaccettabili di interferenza umana. Ad esempio, quella stessa fonte di energia utilizzata per produrre gli amminoacidi, li avrebbe distrutti se Miller non li avesse rimossi artificialmente.

Resta inoltre il problema di spiegare come i diversi elementi avrebbero potuto trovarsi aggregati in natura nella stessa area e combinarsi correttamente in proteine, anziché produrre semplicemente degli amminoacidi isolati.

La condizione richiesta perché gli amminoacidi possano formare delle proteine è un'alta concentrazione, mentre ambienti come l'oceano o l'atmosfera, al contrario, dovrebbero causare una diluizione. Inoltre, gli amminoacidi non hanno una tendenza naturale a formare proteine, ma al contrario, le proteine tendono a "scomporsi" in amminoacidi.

Le stesse fonti di energia che avrebbero dovuto formare le proteine (scariche elettriche, calore terrestre, radiazione solare) avrebbero distrutto la vita anziché crearla. Lo stesso Miller, che lavorò con energie di livello ben inferiore a quello dei fulmini, dovette ricorrere alla rimozione degli amminoacidi prodotti mediante trappola fredda, onde evitare la loro distruzione.

Anche ipotizzando che le proteine siano potute essere state prodotte da eventi casuali, non esiste la più remota possibilità di credere che esse abbiano potuto formare cellule viventi dotate di una membrana, di un proprio metabolismo, e in grado di riprodursi autonomamente. Nessuno scienziato ha mai dimostrato che questo aumento di complessità sia possibile e che possa essersi verificato, anche ipotizzando la presenza di un numero di proteine migliaia di volte superiore a quello proposto dagli evoluzionisti.

Per selezione naturale si intende il fatto che alcune varietà di organismi viventi riescono a contribuire più efficacemente di altre alle generazioni future mediante la propria prole.

La selezione naturale opera sulle caratteristiche preesistenti, ma non ne può produrre di nuove. La parola stessa "selezione" implica una riduzione, e non un incremento.

Un esempio è lo sviluppo di resistenza da parte dei batteri verso antibiotici come la Streptomicina. Molti, erroneamente, ritengono che tale resistenza sia frutto della "evoluzione" del batterio in risposta all'antibiotico. Questo tipo di mutazione consiste in modifiche nella superficie del ribosoma del microrganismo, una perdita di specificità che impedisce alla molecola dell'antibiotico di "agganciarlo" e produrre i suoi effetti. Non si tratta, quindi, di "evoluzione", ma di perdita di informazioni.

La selezione non produce nuove funzioni, organi, o caratteristiche, né è in grado di giustificare il vertiginoso incremento di informazioni necessario per la macroevoluzione, in quanto implica sempre una perdita di informazioni, e mai un guadagno.

Le mutazioni sono ritenute dagli evoluzionisti in grado di spiegare la discendenza comune di tutte le forme di vita da un unico antenato, mediante variazioni nel patrimonio genetico.

Si ha una mutazione quando si verifica un errore da parte di una cellula nel riprodurre il codice genetico. Sebbene la cellula sia in grado di correggere questi errori nei geni copiati, alcuni di essi possono non essere corretti.

L'effetto delle mutazioni è casuale: possono non produrre alcun effetto, o produrre effetti impercettibili, oppure avere effetti significativi sull'organismo.

Si tratta comunque di errori genetici, casuali, imprevedibili, non in grado di generare nuove caratteristiche.

Un esempio molto noto è la Drosophila melanogaster (il comune moscerino della frutta), allevata per decenni dai genetisti allo scopo di studiarne le mutazioni, e sottoposta anche a esperimenti con radiazioni ionizzanti allo scopo di produrre grandi quantità di mutazioni. Sono state identificate e osservate migliaia di mutazioni, inutili o dannose, ma nessuna di esse ha prodotto "nuovi" insetti o nuove caratteristiche.

Talvolta le mutazioni, unitamente alla selezione naturale, possono produrre effetti utili alla sopravvivenza di un organismo; un esempio sono gli insetti privi di ali osservati sull'isola di Madeira. Trattandosi di una regione ventosa, le ali avrebbero rappresentato uno svantaggio per la vita degli insetti. Probabilmente, dunque, gli insetti alati non sopravvissero a causa del vento e non poterono propagare i loro geni, mentre quelli privi di ali poterono contribuire in maniera significativa col proprio patrimonio genetico alle generazioni successive.

La selezione naturale, però, non aggiunge nuove informazioni al patrimonio genetico, ma le rimuove inevitabilmente. In assenza di vento, quegli insetti non potrebbero infatti riacquistare la funzione perduta.

Orazio Laudani, Conegliano

laudaniorazio@virgilio.it

*

contatori internet

*