Presentazione


L'organo e gli organari

Vi sono discipline molto diffic
ili da trattare non solo perchè esse sono connesse con molte altre, ma anche perchè l'occasione di praticarle non si presenta frequentemente. L'arte organaria appartiene a questo genere. Per poterne parlare e per poterla praticare in modo adeguato occorre conoscere i principi della matematica, dell'armonia e di molte altre discipline, tutte concorrenti alla costruzione di questo meraviglioso e grande strumento.

                      Duhamel Du Monceau & Grandjean de Fouchy

Il significato della parola "organo" nei tempi antichi

Se consideriamo la parola Organo nel suo significato originale, potremmo constatare che la sua origine risale sino ai tempi della prima invenzione delle arti.
Nei tempi più remoti si dava il nome di organo ad ogni attrezzo o strumento del quale ci si serviva per eseguire qualsiasi lavoro. Successivamente il termine fu utilizzato nei riguardi degli strumenti musicali in genere. In seguito lo si è usato per indicare qualsiasi strumento musicale a fiato; finalmente il termine organo è stato utilizzato solo per definire un insieme di canne dalle combinazioni le più varie, che producono suoni, più o meno gradevoli, secondo la genialità dei differenti artisti.
Alcuni autori hanno dato il nome di organo ad un coro di persone che cantano assieme; altri a gruppi di suonatori di flauto. I commentatori della Sacra Scrittura lo attribuiscono solo a strumenti ad aria. Quando nella Genesi si dice che Jubal, uno dei figli di Lamech, fu il padre o maestro dei suonatori di cetra e d'organo, quegli scrittori col termine cetra intendono tutti gli strumenti a corda e col termine organo tutti quelli a fiato. La parola ebraica che la Vulgata traduce con organum, nella versione caldaica è resa con Abuba. Questo termine corrisponde abbastanza bene ad Ambubajarum Collegia usato da Orazio parlando degli antichi suonatori di flauto o di organi venuti dalla Siria.
Il termine latino Organum si trova spesso nella Sacra Scrittura. Il sant'uomo Giobbe, descrivendo la prosperità degli empi, dice che essi suonano il tamburo e l'arpa e che si rallegrano al suono dell'organo. Passando alla narrazione delle sue sventure, egli si duole che il suo organo abbia mutato la propria voce in lamento.
L'organo è pure nominato nel Salmo 150 ed è annoverato fra gli strumenti che servono alla lode di Dio; ma si trattava di strumenti assai diversi dal nostro organo. L'espressione colla quale l'autore del Salmo 136 narra della tristezza che affliggeva i figli di Israele durante la prigionia babilonese conferma che i loro organi erano strumenti portatili assai leggeri. Noi abbiamo sospeso, dice, i nostri organi ai salici che stanno in mezzo a Babilonia.
Dom Calmet, nella sua dissertazione su questi argomenti, ritiene che l'organo citato nella Sacra Scrittura fosse un insieme di canne, chiuse all'estremità inferiore e riunite assieme, che si suonavano facendole scorrere l'una dopo l'altra sul labbro inferiore. E' lo stesso strumento di cui parla Lucrezio quando dice unco saepe labro calamo percurrit hiantes: egli passa e ripassa il labbro su canne aperte.
L'organo così inteso era molto noto agli autori profani e soprattutto ai poeti. Virgilio ne attribuisce l'invenzione al dio Pan; altri ritengono che l'origine sia diversa. Questa varietà di opinioni, dice lo stesso Dom Calmet, deriva solo dall'ignoranza degli autori nei riguardi della storia e dell'antichità di questi strumenti, che i Greci avevano apparentemente recepito dagli orientali.
Il numero di canne di cui era composto questo tipo di organo non era sempre uguale. Un pastore, in Virgilio, dice che il suo ne aveva sette, di diversa lunghezza, costruite con steli di cicuta. Un altro, in Teocrito, si vanta che il proprio strumento ne avesse nove. Uno scrittore citato da Dom Calmet assicura che i turchi lo usano ancor oggi e che se ne vedono anche con quattordici e quindici canne.
Inizialmente si riteneva che la diversità delle note dipendesse solo dalla diversa lunghezza delle canne. Successivamente vennero aggiunti anche i fori.
Il materiale col quale erano costruiti subì pure variazioni. Questi primi organi erano formati da canne palustri; erano rinomate, per quest'uso, le canne provenienti dal lago Orcomeno, in Grecia.
Essendosi accertato che il metallo era più adatto a conservare a lungo l'esattezza dell'accordatura, esso venne poi preferito ad altri materiali.
Su questi strumenti si possono suonare arie di diversa natura.

                                                                                Dom Bedos de Celles, Benedettino


Tra i molti attrezzi utilizzati dagli artigiani organari, forse i più importanti, ma senza ombra di dubbio quelli più rappresentativi sono gli accordatori doppi, o più specificatamente definiti come "Pedrioli". Sono rappresentati nella foto. Dom Fracois Bedos de Celles, celebre monaco Benedettino francese vissuto nel XVIII secolo, nella sua monumentale opera: "L'Art du Facteur d'Orgues" gli descrive in questo modo:"Sono di ottone, con spessore di 1/2 linea, saldati con saldatura forte e con i coni ben incruditi ma non torniti, se fossero perfettamente tondi non servirebbero affatto. Si possono invece tornire le aste e le modanature. Saranno interamente cavi per ragioni di leggerezza. Ne bastano sei per qualsiasi organo. Volendo risparmiare si possono eliminare le modanature. Debbono essere robusti per non subire danni accidentali. La parte inferiore è cava con diametro interno un poco maggiore del diametro esterno della parte superiore".
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