"Le persone afasiche comunicano meglio di come parlano." Audrey L. Holland
La Gazzetta Ufficiale definisce il logopedista come “l'operatore sanitario che, in possesso del diploma universitario abilitante, svolge la propria attività nella prevenzione e nel trattamento riabilitativo delle patologie del linguaggio e della comunicazione in età evolutiva, adulta e geriatrica. L'attività del logopedista è volta all'educazione e rieducazione di tutte le patologie che provocano disturbi della voce, della parola, del linguaggio orale e scritto e degli handicap comunicativi.”
L’istituzione formale della figura del logopedista e del Corso di Laurea in logopedia hanno modificato in modo significativo l’organizzazione dei servizi di riabilitazione dedicati al trattamento dell’afasia. Ciò, negli anni successivi, ha anche permesso di comprendere meglio i bisogni delle persone che convivono con un disturbo del linguaggio di tipo afasico. In particolare, le indagini effettuate su individui che hanno subito un ictus, distinti in persone con afasia o senza afasia, hanno documentato che la qualità di vita nelle persone afasiche dipende soprattutto dal progressivo isolamento e dalla riduzione dei contatti sociali. Per questo il miglioramento della partecipazione alla vita comunitaria è divenuto un obiettivo esplicito del programma di trattamento: superare le difficoltà di linguaggio non viene più considerato il fine della terapia in quanto tale, ma il tramite mediante il quale evitare le difficoltà incontrate nel contesto sociale e nelle relazioni interindividuali; l'attenzione viene rivolta direttamente a risolvere le problematiche relative alla partecipazione sociale, alle relazioni significative, all'indipendenza e all'autonomia.
Un interessante articolo della ricercatrice australiana Linda Worrall ha proposto una lista di sette regole che dovrebbero guidare l’intervento riabilitativo per fare in modo che sia davvero efficace, assumendo cioè la prospettiva delle persone afasiche e dei loro familiari piuttosto che quella di un logopedista interessato esclusivamente a migliorare il linguaggio. I logopedisti per essere efficaci
1. dovrebbero dare priorità alla relazione terapeutica
Il presupposto è che il "lavoro relazionale" costituisce il fondamento della riabilitazione. Il logopedista dovrebbe tener conto almeno dei cinque assiomi della comunicazione descritti da Paul Watzlawick e dei principi della terapia centrata sul paziente di Carl Rogers, utilizzando l'ascolto attivo, monitorando il proprio stile comunicativo, gestendo le eventuali tensioni emotive, includendo la comunicazione interattiva e, in definitiva, mantenendo la consapevolezza del valore terapeutico della propria competenza relazionale.
2. dovrebbero trovare per i propri assistiti un team di supporto
Obiettivo primario è prevenire l’isolamento e la progressiva riduzione delle relazioni sociali, che quasi costantemente accompagnano il decorso dell’afasia. Le modalità di intervento potrebbero essere paragonate a quello che succede nello sport dell’arrampicata: gli scalatori si legano tra loro con una corda di sicurezza per evitare cadute. In questa ottica è documentata l’importanza dei gruppi per l’afasia, associazioni di volontariato formate da pazienti e familiari. Compito del logopedista è garantire che ogni persona con afasia possa partecipare a uno di tali gruppi e accompagnarla nel suo inserimento (è anche possibile consultare gratuitamente il manuale della Community Aphasia Group su https://aphasia.community/resources/resources-for-aphasia-groups).
3. dovrebbero iniziare il trattamento avendo bene in mente l’obiettivo da raggiungere
Spesso la persona con afasia non capisce bene che cosa significa quello che il logopedista le chiede di fare. Addirittura, a volte si sente a disagio, quando non addirittura umiliato, nel constatare che non riesce ad affrontare compiti apparentemente tanto semplici. Possono derivarne sentimenti di rabbia, oppure uno scoraggiamento tale da indurre ad abbandonare il percorso riabilitativo. Per questo i logopedisti devono documentare sia le motivazioni del trattamento intrapreso che i progressi che ne derivano. E’ comunque un errore dare per scontato che il loro intervento sia quello corretto e necessario al paziente. Bisogna considerare che una persona che è diventata afasica sta continuamente cercando di immaginare come potrà vivere negli anni a venire con la sua afasia; è importante allora fornirle strumenti che possano aiutarla a conviverci.
4. dovrebbero discutere e condividere le modalità adatte a raggiungere gli obiettivi
Per evitare che il paziente ritenga inutile il trattamento messo in atto dal logopedista è necessario coinvolgerlo nel processo decisionale. Secondo il modello SMARTER, la definizione degli obiettivi deve essere condivisa, monitorata, accessibile, pertinente, trasparente, in evoluzione e incentrata sulle relazioni (Shared, Monitored, Accessible, Relevant, Transparent, Evolving, Relationship-related). Esempi:
Shared: se, dopo un processo decisionale condiviso, si stabilisce di trattare di come il paziente possa prendere l'autobus per raggiungere lo studio del logopedista, in terapia dovranno essere utilizzati materiali che riguardano proprio gli orari, le informazioni sul percorso, il prezzo del biglietto, eccetera, della linea di autobus di cui il paziente effettivamente potrebbe usufruire. - Non shared: il logopedista utilizza qualsiasi orario di autobus o orari simulati invece di quelli riguardanti l’autobus che servirebbe al paziente.
Monitored: i progressi in tutte le attività coinvolte nell'uso dell'autobus (leggere l'orario dell'autobus, fermare l'autobus corretto, indicare la destinazione, pagare la tariffa corretta, suonare il campanello vicino alla destinazione, scendere e trovare la strada per raggiungere lo studio del logopedista) vengono monitorati (non necessariamente misurati) dal logopedista e progressivamente il paziente viene incoraggiato a procedere da solo (automonitoraggio). - Non monitored: le varie attività vengono utilizzate in terapia senza preoccuparsi di avere un feedback da parte del paziente sul loro andamento effettivo.
Accessible: le indicazioni sulle attività pratiche da eseguire a domicilio vengono fornite al paziente e ai familiari nel formato più accessibile (ad esempio, scritto o con modalità di supporto aumentativo-alternativo). Lo stesso vale per comunicare i progressi ottenuti e in ogni altro aspetto della comunicazione. - Non accessible: non vengono fornite informazioni in modo accessibile; al contrario ad esempio il logopedista parla troppo velocemente e senza tener conto delle difficoltà del paziente e del caregiver.
Relevant: le attività sono quelle utili nella pratica quotidiana (esempio dell’autobus). - Non relevant: gli esercizi non sono correlati all'obiettivo concordato.
Transparent: la terapia resta sempre collegata ai compiti da affrontare nella vita reale. - Non transparent: gli esercizi vengono svolti per ottenere una maggiore generalizzazione ad altri compiti, ma il logopedista non lo spiega al paziente.
Evolving: una volta completato il compito che ci si era prefissati, si decide insieme quali altri compiti affrontare (nell’esempio dell’autobus, altre destinazioni, tariffe e percorsi). - Non evolving: il compito non viene modificato indipendentemente da quanto il paziente riesce a fare.
Relationship-centred: il logopedista scopre ciò che interessa al paziente, lo condivide e lo utilizza ai fini della conversazione. - Non Relationship-centred: il logopedista evita qualsiasi comunicazione che non sia direttamente correlata all’attività riabilitativa.
5. non dovrebbero lasciare solo nessuno
Le persone con afasia e i loro familiari spesso riferiscono di sentirsi abbandonati dal sistema sanitario o esprimono insoddisfazione per la quantità e la qualità dei servizi di logopedia o per l'accesso alla riabilitazione in generale. Uscire dai servizi pubblici spesso significa per loro non riuscire più ad usufruire di alcun trattamento riabilitativo. Il logopedista invece deve capire di essere un anello di una lunga catena e fare in modo che la persona con afasia e la sua famiglia siano adeguatamente supportate per avere accesso a un servizio appropriato che consenta loro di proseguire il trattamento. Ad aggravare la situazione contribuisce l’idea (errata) che il paziente abbia raggiunto un plateau e non possa più migliorare la propria condizione.
6. dovrebbero guardare dietro la maschera di facciata
Nemmeno documentare i miglioramenti del linguaggio conseguenti alla terapia può rendere sicuro il logopedista che la persona sia soddisfatta dei risultati ottenuti. Bisogna piuttosto tener presente il vissuto personale: secondo i dati della letteratura, nel primo anno dopo l'afasia una riduzione significativa dell’umore riguarda il 70% dei pazienti dopo 3 mesi dall'esordio e il 62% dopo 12 mesi. Il logopedista deve quindi preoccuparsi anche di mantenere sempre viva una prospettiva positiva.
7. dovrebbero dare voce alle persone che vivono con l'afasia
La mancata conoscenza dell’afasia spesso ne impedisce la corretta comprensione. Le persone vogliono che si sappia che l'afasia è un disturbo del linguaggio che non influisce sull'intelligenza e non modifica la capacità di prendere decisioni importanti per la sua vita futura, comprese le decisioni legali e sulla gestione del patrimonio. Il logopedista deve preoccuparsi di rendere nota la condizione psicofisica in cui si trova il paziente.
Conclusioni simili provengono dal modello Life Participation Approach to Aphasia (LPAA) che appunto dà la priorità agli obiettivi di vita della persona con afasia. È un modello collaborativo in cui la persona con afasia, la sua famiglia e il logopedista lavorano insieme come una squadra per raggiungere gli obiettivi che hanno identificato come fondamentali ai fini della partecipazione alla vita sociale. I principi fondamentali del modello LPAA sono cinque:
1. L'obiettivo esplicito è il miglioramento della partecipazione
Il primo obiettivo è valutare la misura in cui l'afasia ostacola il raggiungimento degli obiettivi di partecipazione alla vita sociale e stabilire la misura in cui per ogni singolo paziente sia possibile raggiungere i risultati desiderati. Il secondo obiettivo è migliorare la partecipazione alla vita a breve e lungo termine.
2. Ogni persona con afasia ha il diritto di usufruire del trattamento riabilitativo
E’ essenziale creare comunità protette in cui le persone afasiche non solo siano in grado di partecipare, ma siano anche valorizzate come partecipanti. Pertanto, l'intervento può comportare la modifica delle organizzazioni sociali per renderle più accessibili alle persone con afasia.
3. Il successo della terapia viene valutato documentando il miglioramento della qualità di vita
Il successo della terapia dipende dal grado in cui le persone con afasia raggiungono i loro obiettivi di partecipazione alla vita sociale. Per questo il trattamento si concentra sulla motivazione a comunicare tanto quanto sul miglioramento della comunicazione, cioè si occupa dei sentimenti, delle relazioni e delle attività di vita di ogni paziente.
4. Sia i fattori personali che quelli ambientali sono obiettivi di intervento
L'intervento consiste nel valutare costantemente quali fattori personali e ambientali abbiano la priorità e quale sia il modo migliore per fornire un accesso più libero, più facile e più autonomo alle attività preferite e alle relazioni sociali. Ciò non significa che il trattamento comprenda solo questi obiettivi, ma piuttosto che una maggiore partecipazione alla vita "governa" la gestione sin dal suo inizio. E’ in questo senso che questo approccio differisce da quelli in cui la qualità di vita viene presa in considerazione solo dopo che siano state superate le difficoltà nel linguaggio.
5. L'enfasi viene posta sulla disponibilità dei servizi necessari in tutte le fasi della vita
Il trattamento secondo questo modello inizia con l'insorgenza dell'afasia e continua finché l’intera squadra di lavoro non concorda sui miglioramenti ottenuti. Tuttavia, bisogna considerare che le conseguenze dell'afasia sulla vita delle persone possono cambiare nel tempo e dovrebbero essere affrontate indipendentemente dalla durata del tempo successivo all'insorgenza.
In conclusione, gli obiettivi dell’intervento riabilitativo attuato dal logopedista devono riguardare non solo il miglioramento del linguaggio ma anche e soprattutto la prevenzione e il trattamento delle problematiche sociali, considerando sia i fattori personali che quelli ambientali che possono influenzare negativamente le relazioni individuali e la qualità di vita. Spesso la definizione degli obiettivi avviene dopo aver eseguito la valutazione del linguaggio ma questo non deve indurre a concentrarsi esclusivamente sulle difficoltà linguistiche rivelate dalla valutazione.
Bisogna preoccuparsi della vita del paziente e di fargli capire come la terapia lo aiuterà a raggiungere i suoi obiettivi.