GYMNASII LYCEIQUE PATAVINI
MAGISTRIS ET DISCIPULIS
iMMANI FLAGRANTE BELLO
QUO- GERMIANIA FUSA EST AUSTRIA DELETA
ITALIA IN SUOS ÎNTEGROS FINES RESTITUTA
MORTI PRO PATRIA DICATIS
PERPETUUS SIT HONOS
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DOCENTES AC DISCENTES
DIE XXIV M MAII A MCMXX
PP.
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PROF. ROMAGNOLI BENIAMINO M-9-X-19I6
PROF. GHEZZI DOMENICO M-23-XII-1917
POLONIO UGO M-21-X-1915
PIVETTA EUGENIO M-27-XI-1915
SERAFINI ANTONIO M-26-III-1916
FAGGIOTTO ALESSANDRO M-I0-VI-1916
COMIN-ALESSANDRO M-18-VI-1916
VEZZOLI LODOVICO M-27-VI-1916
PROFESSORI
Beniamino Romagnoli (S. Massimo d’Adige 1892 - Pasubio 1916)
Nato in una famiglia umile e assai religiosa, fu iscritto dai genitori, dopo le scuole elementari, al collegio veronese Don Mazza, nella speranza che diventasse sacerdote. Sin dall’ infanzia Romagnoli si distinse per intelligenza e ottenne la licenza d’onore al liceo di Treviso a soli 17 anni. Decise di dedicarsi all’insegnamento e si iscrisse alla facoltà di Lettere all’università di Padova, dalla quale uscì dottore con lode nel 1914. Fin dagli anni d’università dimostrò tendenze culturali laiche e impegno civile: fondò un circolo universitario di cultura, intitolandolo al filosofo e psicologo positivista Roberto Ardigò, curò per tre anni la rubrica Lectura Dantis per il giornale progressista “Il Veneto”. Inoltre, ardente interventista, fu tra i promotori del battaglione universitario “Volontari di S. Giusto”. Laureato a 22 anni nel 1914, Romagnoli divenne subito supplente al ginnasio del Tito Livio dove, nonostante fosse alle prime armi, il suo valore non passò inosservato agli occhi dei colleghi e degli alunni. Alla fine del primo anno di scuola, il 15 luglio 1915 si arruolò volontario, venendo dapprima nominato sottotenente d’artiglieria ed entrando poi a far parte dei bombardieri in prima linea, come da lui richiesto. Romagnoli morì sotto gli occhi dei suoi soldati il 9 ottobre del 1916, sul Pasubio, a seguito di un colpo mortale. Fu insignito di medaglia di bronzo al valore militare.
Così scrisse di lui il “Veneto”: “Era assai più che uno studioso molto colto, molto intellettuale, era un animatore, un trasformatore degli studi che aveva carissimi. Era un oratore di forza, semplice, sobrio”.
Domenico Ghezzi (Brisighella 1882 - Col del Rosso/Altopiano di Asiago 1917)
Iniziò gli studi nel Seminario di Faenza, per poi proseguirli all’università di Bologna, dove si dedicò allo studio della letteratura. Fu proprio l’ambiente universitario a determinare in lui una profonda rivoluzione spirituale, allontanandolo dalla visione culturale religiosa della famiglia e del seminario. Però, a differenza di Romagnoli il quale riteneva la sua battaglia spirituale una semplice crisi di evoluzione, Ghezzi viveva con sofferenza il suo radicale cambiamento, in quanto andava in netto contrasto con gli insegnamenti dei genitori. Dopo aver conseguito la laurea divenne professore nel liceo Tito Livio, dove rimase per due anni. Una volta scoppiata la guerra, decise di arruolarsi e passò circa venti mesi come tenente dei mitraglieri sul fronte trentino. Il 23 dicembre del 1917 giunse con la sua compagnia presso Col del Rosso, dove furono in poco tempo sopraffatti dal nemico: Ghezzi venne ferito al ventre, ma rifiutò l’aiuto dei portaferiti, ritenendo che per lui ormai fosse troppo tardi, ed esortandoli a soccorrere altri feriti. I compagni si allontanarono e proseguirono la ritirata in corso. Più tardi, fatti prigionieri, ripassandogli davanti, salutarono il cadavere di Ghezzi.
La lapide appena inaugurata.
Intitolazione della cassa scolastica a Ugo Polonio (1923). (Archivio del liceo Tito Livio di Padova).
STUDENTI
Due degli studenti caduti in guerra, Ugo Polonio e Francesco Viezzoli, facevano parte del gruppo degli irredentisti, profughi delle “terre italiane soggette alla monarchia austro-ungarica” che frequentavano il nostro liceo. Ugo Polonio e Lodovico Viezzoli erano arrivati agli inizi del 1915 da Trieste con altri due giovani triestini. Iscritti in terza liceo, nella sezione B superarono tutti brillantemente gli esami di licenza liceale, quell’anno anticipati a fine maggio. Ugo Polonio, che aveva solo 18 anni, si arruolò subito dopo, il 25 maggio e cadde a Vermegliano sul Carso il 21 ottobre 1915 (medaglia d’oro). Lodovico Viezzoli, 20 anni, arruolatosi di nascosto dalla famiglia già tre settimane prima dell’entrata in guerra dell’Italia, cadde il 28 giugno 1916 sul monte Colombara (altopiano di Asiago). Pochi giorni prima, il 10 giugno, nel corso della stessa battaglia degli Altipiani (Strafeexpedition) era morto sul Pasubio Alessandro Faggiotto, del 1896, arruolatosi nel novembre 1915, dopo aver conseguito la licenza liceale (medaglia d’argento). Sul fronte carsico lasciarono la vita Eugenio Pivetta, nato nel 1895, arruolatosi subito dopo aver ottenuto la licenza ginnasiale e morto il 2 dicembre 1915 a seguito delle ferite riportate nella quarta battaglia dell’Isonzo, e Alessandro Comin, del 1897, che era riuscito ad arruolarsi volontario nel marzo 1916, finita la prima liceo (dopo che una prima visita medica l’aveva scartato a causa di un difetto cardiaco), per morire tre mesi dopo, il 18 giugno, sul monte S. Michele. Antonio Serafini (Nino), nato nel 1896, arruolatosi nei carabinieri già nel settembre 1914 dopo aver finito la prima liceo, cadde sul Pal Piccolo nelle Alpi Carniche il 26 marzo 1916.
Particolare rilievo ebbe la figura del giovanissimo Ugo Polonio, decorato di medaglia d’oro, a cui sono intitolate vie e caserme in molte città. Il liceo intitolò al suo nome anche la cassa scolastica. L’inaugurazione della lapide, il 24 maggio 1920, ebbe grande solennità. I discorsi furono tenuti dal professor Cesare Levi e dallo studente Giuseppe Steiner, mutilato di guerra e furono pubblicati, con le biografie dei caduti, nell’opuscolo In memoriam.
La lapide appena inaugurata.
24 maggio 1919. Cerimonia di inaugurazione della lapide nel chiostro (Archivio del liceo Tito Livio di Padova).