SANT'AMBROGIO
SANT'AMBROGIO
In memoria di Baratta Rinaldo e De Pietri Elico
che in un’imboscata nazi-fascista qui fecero olocausto della loro giovinezza
l’8 ottobre 1944
Indirizzo: Via Umberto I 36 10057 Sant’Ambrogio (TO)
Coordinate GPS sulla mappa: 45°05'54.2"N 7°21'33.6"E
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Rinaldo Baratta nacque a Sant'Ambrogio di Torino il 6 luglio 1920. Il primo gennaio 1944 si unì alla 13ª Divisione Garibaldi. Persona stimata e leale con tutti, presto divenne comandante della 41ª Brigata Garibaldi "Carlo Carli" dopo la cattura di Eugenio Fassino avvenuta ad Avigliana il 26 giugno 1944.
Elico de Pietri, nato il 22 novembre 1917 a Reggio nell'Emilia, fu il suo vice e, come spesso accade a chi affronta insieme situazioni difficili in guerra, i due strinsero un forte legame di amicizia.
L'8 ottobre del 1944, all'età di 24 anni, Rinaldo Baratta era sceso a Sant'Ambrogio per sbrigare una serie di faccende legate alla sua responsabilità di comandante di Brigata, per far visita ai genitori e per incontrarsi con Don Rossero (il parroco di Sant'Ambrogio), assieme al suo vice Elico de Pietri.
La stessa sera i due caddero vittima di uno scontro a fuoco con i tedeschi nell'osteria da Camilla. I fatti successi quel giorno destarono una grande impressione in paese e sono stati ricostruiti attraverso una memoria, raccolta dal nipote Davide Agus, che il Sig. Alfredo Rambaudo ci ha lasciato.
Questa è la testimonianza di Alfredo Rambaudo estrapolata da Sant'Ambrogio, i partigiani raccontano, curata da Doriana Gattuso e Mayla Rotatori:
«Ero partigiano nella 41ª Brigata Garibaldi comandata dal caro amico Rinaldo Baratta.
Quel famoso giorno noi partigiani comandati da Baratta verso le ore 15 andammo alla stazione di S. Ambrogio dove c'era un treno merci carico di mucche, siamo riusciti a prenderne 17 e farle portare subito in montagna. Si era già sparato ai Tedeschi che passavano su dei vagoni. Per passare in fretta al fatto, saltiamo i particolari e arriviamo alla sera. Sono le 20 - 20.30, sono in casa a mangiare il poco che c'è con mamma, papà, 2 sorelle e Baratta, a questo punto arriva il partigiano Elico De Pietri dicendoci che in trattoria (oggi Bar Coppola) ci sono 4 Tedeschi a cui potremmo portare via le armi. Mio padre, sicuramente più preparato di noi, ci sconsiglia di intervenire, ma non serve a niente. Le nostre armi: Baratta ha un mitra beretta, il sottoscritto una beretta calibro 9, Elico è completamente disarmato, ma sostiene che basta un mitra e dire "Alto le mani", ma la verità è diversa. Entriamo e Baratta grida: "In alto le mani". I Tedeschi, sicuramente senza darci ascolto, parlano tra di loro e si alzano in piedi venendoci incontro. A questo punto Baratta cerca di sparare, però il mitra rimane inceppato. I Tedeschi allora ci vengono incontro con l'intenzione di strozzarci. Baratta, agguantato al collo dal Tedesco, finisce a terra, Elico riesce a svincolarsi ed esce in strada, io, preso per il collo e sentendomi morire, avendo la pistola in mano, sparo sette colpi nello stomaco dell'avversario. Mi sento rivivere e vedo il Tedesco che cade ai miei piedi ed essendo libero esco di corsa, però in questi pochi secondi uno dei Tedeschi aveva preso il suo fucile. Elico ed io, sentendo ancora dei rumori dentro il bar, decidemmo di andare ad aiutare Baratta. Elico davanti fa il primo passo per entrare, ma viene ferito gravemente sotto l'ascella, cade all'indietro su di me che lo trascino sotto un portone vicino dove poco dopo spirerà. Ormai, richiamata dagli spari, si era radunata gente tra cui mio padre che mi consigliò di scappare. Andai a S. Pietro dove incontrai altri partigiani tra cui Vincenzo Blandino. All'indomani sera scendemmo per recuperare le salme e facemmo il funerale a Coazze».
Nella relazione del Comando della III Divisione la morte di Rinaldo Baratta è descritta così:
«Baratta veniva avvertito che alla Trattoria "Il Giardino" si trovavano tre tedeschi seduti a un tavolo. Impugnata la sua arma, egli si portò sul posto per fare giustizia degli avversari. Entrò decisamente nella trattoria e, benché avesse subito notato che il numero degli avversari era di molto superiore al previsto e in atteggiamento provocatorio, reagì con decisione. Il nostro Baratta assalì e colpì come poté, usò il suo mitra come clava, affrontò due nemici decisamente, con questi si avvinghiò, cadde a terra, si rialzò, colpì ancora, atterrò con un colpo mortale due avversari, ma in ultimo venne colpito vigliaccamente da un fascista nascosto dietro a una colonna».
(cit. in G. Oliva, La Resistenza alle porte di Torino, Franco Angeli, Milano 1989, p. 262)
Banca dati dell’Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea “Giorgio Agosti” – Istoreto: http://intranet.istoreto.it/partigianato
B. Debernardi (a cura di), Cronache di ordinario coraggio, Sant’Ambrogio 1943-45. La conquista della democrazia, editrice Morra, Condove 1996
D. Gattuso, M. Rotatori, S.Ambrogio, i partigiani raccontano
G. Oliva, La Resistenza alle porte di Torino, Franco Angeli, Milano 1989, p. 262