Giorno della Memoria 2023

-Sonata per pianoforte di Martino C.- 

(click sul titolo per aprire il file audio)

Mi ricordo il mare

È la condanna

A un girone senza contrappasso

Senza potere, senza arbitrio

Senza pensiero, con affanno

Non so frenare l’impulso

Di vita, e mi sento stupida, nell’atrio

Della casa di nessuno, si appanna

La vista, mi manca mio padre

Chiudo gli occhi a immaginarmi il mare

Che rivedrò quando uscirò di qui

Che ho dentro mentre provo a salvarmi.


-Rossella A.




Sentire Liliana Segre parlare del sentirsi “mamma” di suo papà mi ha scavato dentro nel profondo, mi ha fatto provare una cosa mai nemmeno collegata alla Shoah.

Era solo una bambina, ed il suo super papà era diventato così fragile da farle scattare la necessità di prendersi cura di lui, di proteggere quel suo unico essere speciale, sollevando un po’ del suo dolore…

Non riesco nemmeno a immaginare negli incubi un fastidio così, dolore silenzioso, colmabile parzialmente attraverso un abbraccio muto al papà o alla mamma.

Sono le prime parole che impariamo, “papà” “mamma”, i nostri eroi dal giorno zero; com’è possibile che papà e mamma possano mai diventare così fragili, spezzabili, distruggibili?

Sono loro i grandi, che sanno tutto di tutto, con le braccia sempre aperte per coccolarti, anche quando tra le loro braccia non ci stai più.

Sono loro gli oracoli a cui affidarsi, il posto sicuro quando di sicuro non si ha più nulla, la fortezza più grande, l’essenza vitale che ha creato noi, da amore.

Mia mamma viene dalla Spagna, da una verdeggiante area della penisola, Asturias. Sono “le terre dove il mare incontra la montagna”, dice lei, che con gli occhi lucidi mi racconta sin da quando sono in pancia com’è crescere in un posto del genere e com’è invece lasciarlo, per amore. In lei rivedo dunque quella fragilità descritta da Liliana, che mi fa provare tenerezza, in quanto sua figlia, mentre la ascolto parlare dei suoi di genitori, che non vede più cosí spesso, trasformandomi nella sua mamma almeno per un momento.

Sono due le citazioni che vorrei scrivere qui, parole di una scrittrice spagnola, che la mia super mamma mi ha fatto scoprire, tra migliaia di altre cose.

“Cuando suceden las cosas sólo puedes vivirlas; si son alegres, procurando abrir los poros para que entren lo más posible; las tristes, sacando la cabeza para que ese trocito de ahí arriba no se te ahogue.” (Carmen Martín Gaite)

= “Quando le cose accadono puoi solo viverle; se sono felici, cercando di aprire i pori in modo che entrino il più possibile; quelle tristi, sporgendo la testa perché quel pezzettino lassù non si anneghi».

“Para el alma que ella dejó de guardia permanente, como una lucecita encendida, en mi casa, en mi cuerpo y en el nombre por el que me llamaba.” (Carmen Martín Gaite) ; anima che ha lasciato come guardia permanente, come una piccola luce accesa, nella mia casa, nel mio corpo e nel nome con il quale mi chiamava;

Con queste parole sulla vita e sulla morte, sull’amore e sulla corda invisibile tra umano e umano, singoli immensamente fragili, immensamente forti, concludo dicendo che come la piccola Liliana ha lottato per la sua vita, sognando e lasciando vivere (pur vivendo l’inferno in terra), noi possiamo fare altrettanto, amando e amandoci immensamente, giorno dopo giorno.

-Sara  M.


Ed eravamo lì

increduli

tra la vita e la morte

invisibili.

Con i vestiti ancora caldi da quell’abbraccio

inconsapevoli

sarebbe stato l’ultimo.

Ed eravamo lì

lontani

per sempre, per nulla.

-Benedetta M.



Io non sono invisibile!

I miei amici mi hanno sempre presentata come “La mia amica ebrea”…

Ma io non sono invisibile!

Mi sono sempre sentita respinta e da sola…

Ma io non sono invisibile!

Sempre chiusa, in sbarre e in celle…

Ma io non sono invisibile!

“Non ho fatto il mio dovere“ diceva mio papà in carcere…

Ma lui non è invisibile!

Sì… Ma tutti erano partiti, non c’era la luce, non c’era l’acqua! Ma c’eravamo noi!

Noi non eravamo invisibili!

Ma il silenzio, la paura di morire, quelle donne scheletrite senza identità, senza nome, solo numeri! Quella distesa di baracche, il fumo che usciva dalle ciminiere, la coda di persone che ci andava dentro e le donne come me che morivano per ogni piccolezza…

Noi eravamo invisibili…

L’egoismo, il lavoro, il nulla, solo il proprio magro e denutrito corpo; il terrore di perdere qualcuno e la paura di diventare come loro volevano che tu diventassi…

La marcia della morte, i mesi di camminata, il freddo, l’insensibilità…

Ma quando capii che il mio nemico era diventato vulnerabile, in quel momento io ero tornata visibile.


-Alvise S.



Qui sopra, disegno di Xinyao Serena Z.


*a lato, lavoro di Emily S.

*Qui sopra, immagine da Nicole N.


Chi s’aggrappa al nido

non sa che cos’è il mondo,

non sa quello che tutti gli uccelli sanno

e non sa perché voglia cantare

il creato e la sua bellezza.

Quando all’alba il raggio del sole

illumina la terra

e l’erba scintilla di perle dorate,

quando l’aurora scompare

e i merli fischiano tra le siepi,

allora capisco come è bello vivere.

Prova, amico, ad aprire il tuo cuore alla bellezza

quando cammini tra la natura

per intrecciare ghirlande coi tuoi ricordi:

anche se le lacrime ti cadono lungo la strada,

vedrai che è bello vivere.


(Anonimo, 1941)

 

Questa poesia sottolinea l'importanza della vita. La bellezza delle piccole cose la rende il dono piu grande e prezioso che l'uomo può avere.  Come anche Liliana Segre ha detto nell'intervista, lei ha scelto di vivere, ha scelto la vita perché anche se nel dolore , lei trovava una luce di speranza. Una luce che l'ha aiutata a sopravvivere e questo ci deve insegnare a non sminuire questo valore che ognuno di noi possiede, ce ne dobbiamo prendere cura e godercela per chi, come molti, non ce l'ha fatta.


            -Anastasia B.




RICORDAMI

Ricordami

anche se è passato tanto tempo

anche se non avevi uno sguardo d’amore.

Tu, ricordami

come nome, non come numero

come essere umano, non come cane

come una stella che brilla,

lassù, in cielo, accanto a tutte quelle scintille.

Ricordami

per far si che la luce che hai spento rimanga accesa

anche se come lieve bagliore

accanto alla luna piena.

Ricordami,

perché io ti ricordo,

e ho imparato a sopportare.

Non mi dimenticare,

sono un bagliore che è qui per restare

nell’infinito mondo del dolore.

-Mihaela S.


APRILE 

DI

 ANNA FRANK 


Prova anche tu, 

una volta che ti senti solo

o infelice o triste,

a guardare fuori dalla soffitta

quando il tempo è così bello.

Non le case o i tetti, ma il cielo.

Finché potrai guardare

il cielo senza timori,

sarai sicuro

di essere puro dentro

e tornerai

ad essere Felice.


-scelta da Chiara B.




FARFALLA GIALLA

Una mattina mi sono svegliata

ed entusiasta a scuola sono andata

Il maestro ha chiamato il mio nome

io mi sono alzata pronta per l’interrogazione

“A casa devi andare” disse il maestro

il papà ti spiegherà, vai, fai presto!

Verso la Svizzera per la libertà

per tutti noi senza diversità

Le famiglie vennero prese e portate nel campo

da lì poi, non ci fu più scampo

Con un numero siam stati marchiati

un mucchio di ossa eravam diventati

La farfalla gialla sul reticolato

faceva pensare ad un passato mai dato

Abbassavo lo sguardo e non pensavo

tutto questo potrà mai essere perdonato?

Ho visto l’arma ma non ho sparato

perché dentro di me nulla era cambiato


-Arianna M.



Ascoltando il discorso di Liliana Segre, ho pensato ad un testo studiato a scuola nelle lezioni di storia, “La banalità del male” di Hannah Arendt. Leggendolo mi hanno colpito queste righe in cui l’autrice spiega il vero scopo dello sterminio ebraico.

 

L’espulsione e il genocidio, sebbene siano entrambi delitti internazionali, devono rimanere distinti; la prima è un crimine contro le altre nazioni, mentre il secondo è un attentato alla diversità umana in quanto tale, cioè a una caratteristica della condizione umana senza la quale la stessa parola “umanità” di svuoterebbe di ogni significato.

 

-Anna L.


IL VIAGGIO


Il viaggio verso l'ignoto,

verso un destino sospeso,

costretti su treni affollati,

spinti verso la morte certa.

Occhi pieni di paura e dolore,

cuori stretti da una morsa,

famiglie divise, vite spezzate,

speranze perse in un'ora.

Nel buio della notte,

i treni viaggiano senza fine,

portando con sé un carico di dolore,

verso l'inferno dei Lager.

Lì, la vita perde ogni valore,

le anime sono umiliate,

la libertà è un sogno lontano,

il futuro è solo una illusione.

Ma in questo cammino senza ritorno,

gli ebrei hanno mantenuto la speranza,

la loro fede non è stata spezzata,

e la loro forza non è mai svanita.

Ora, guardiamo al passato,

con rispetto e gratitudine,

per coloro che hanno sofferto,

e per coloro che non sono mai tornati.


-Taisiya I.

*qui sopra, immagine scelta da  Francesca L.

*qui sopra, contributo di Martina B.

27 GENNAIO 2023, GIORNATA DELLA MEMORIA

È passata ormai una decina d’anni da quando ho sentito parlare per la prima volta della Shoah, e da quel momento non ho più smesso di informarmi su quella che era la vita trascorsa da milioni di ebrei nei campi di concentramento. Mi hanno mostrato foto, video, lettere e molti altri materiali che descrivevano i terribili eventi che hanno caratterizzato questo genocidio, ma niente mi ha mai segnato nel profondo come le testimonianze dirette degli ebrei che sono riusciti a sopravvivere, almeno fisicamente, a questo sterminio. In particolare, la Senatrice a vita Liliana Segre, il cui nome fu per mesi sostituito da un codice numerico, oggi rappresenta per me, e molti altri giovani, un’importante punto di riferimento sul ricordo delle vittime della Shoah e delle atrocità da loro subite. Ma per quanto cerchi di non pensarci, ogni volta che rifletto su questa catastrofe qualcosa mi perseguita, una domanda mi tormenta: questi soldati, che sono riusciti a terrorizzare ed ammazzare a sangue freddo migliaia di persone ogni giorno, ma soprattutto questi uomini, che sono invece stati capaci di concepire con logica e minuziosità questi piani e strategie, sono considerabili esseri umani? Per Liliana Segre no. Lei afferma che in quegli sguardi colmi di disgusto non ci fosse assolutamente nulla di umano, e io certamente le credo. Ma è possibile che questi individui provenissero da un’altra specie? Sarebbe fantastico poterci rassicurare dicendo che non erano altro che mostri o bestie, e che perciò non avevano niente in comune con persone civili come noi, ma non è così. Spesso erano padri di famiglia, che ogni giorno tornavano a casa ed abbracciavano con gioia e premura i propri figli e le proprie mogli. Avevano una “mente normale”, come la definisce la Segre, e provavano emozioni sincere verso i loro cari. Magari partecipavano anche alle attività sociali della propria comunità, e si impegnavano ad aiutare le persone bisognose, eppure erano comunque in grado di entrare nei campi di concentramento e non solo di eseguire gli ordini di massacro, ma anche di sbeffeggiare ed umiliare i prigionieri, come se per loro le torture a cui erano soggetti non fossero già abbastanza. Loro volevano assicurarsi che le persone intrappolate nei Lager soffrissero sotto ogni punto di vista, e lo facevano con piacere. Ma se non avevano problemi psicologici, né fisici, allora cosa mai avrebbe potuto spingerli a comportarsi con tanta crudeltà? Forse qualche risentimento personale dovuto a un’azione di estrema gravità compiuta da qualche persona ebrea. Ma pensandoci meglio, cosa mai avrebbe potuto fare una piccola bambina, un giovane ragazzo o una signora anziana, che a malapena si teneva in piedi, per provocare una tale reazione? Non si tratta perciò di nulla di personale, ma di qualcos’altro. Si tratta di quella convinzione di superiorità che dimostravano quando osservavano con ribrezzo i deportati. E anche se questo disgusto può essere spiegato con l'estrema propaganda razzista che è stata esercitata su di loro negli anni della loro infanzia, io ancora non mi capacito di come qualcuno, che poteva benissimo essere un mio amico, un mio genitore, o anche me stessa, potesse scindere così drasticamente il concetto di essere umano. Erano in grado di reputare un bambino ebreo al pari di un insetto, che poteva tranquillamente essere calpestato senza accorgersene nemmeno, ed invece pensare al proprio figlio come a un futuro uomo, degno di portare avanti le tradizioni del suo popolo, ma soprattutto, di continuare a vivere. Com’è possibile, quindi, che sia così semplice rendere una persona inumana? Non ho ancora trovato una risposta a ciò, e temo non la troverò mai.


-Ana C.


Ogni anno in questo periodo ripenso alla Shoah, e sebbene io cresca, non riesco mai a capacitarmi di quel che è successo. È vero, è nel passato, distante, ma è accaduto. Non riesco a immaginare nella mia testa una situazione così, non ho idea di come faccia una persona a continuare a vivere dopo aver passato certe esperienze, ancora meno a raccontarlo.

Noi abbiamo il compito di continuare a ricordare la Shoah, affinché nulla di neanche lontanamente simile si ripeta. Penso che la giornata della memoria sia anche un'occasione per apprezzare tutto ciò che diamo per scontato ma che ci caratterizza in quanto umani, come la libertà, le proprie credenze, i propri affetti.

Sentire il discorso di Liliana Segre ha aiutato a sentire una testimonianza diretta, senza molti filtri e di conseguenza più autentica.

-Annachiara M.


"La forza dell'amore di nostra madre per noi era più grande della paura di essere punita o uccisa. La mamma è sempre stata così. Fin dal giorno del nostro arresto, sempre vigile, senza mai lasciarsi andare, con un unico obbiettivo: salvare noi bambine. Era determinata a vivere e a farci vivere. Dopo la guerra ci raccontava di come durante la prigionia si lavasse sempre le mutande e se le attaccasse alla schienal per farle asciugare, perché altrimenti gliele rubavano. Lei si voleva lavare, pure in quelle difficili condizioni, a qualunque costo. Voleva restare umana. Questa era la sua volontà, la sua determinazione."  (Andra e Tatiana Bucci: "Noi bambine ad Auschwitz") 


Una delle categorie di persone che credo abbiano più sofferto nei campi di concentramento sono sicuramente le donne, in particolare le madri. Non solo esse hanno infatti dovuto subire le "normali" umiliazioni riservate alle prigioniere dei campi di concentramento, tra cui la rasatura dei capelli, gli scherni da parte dei militari e i continui abusi, ma anche la perdita del loro tesoro più grande, i propri figli. Moltissime madri ebree prigioniere ad Auschwitz hanno tentato, invano, di proteggere i propri bambini e la storia della mamma di Andra e Tatiana, giovani protagoniste del libro dal quale ho tratto il passo proposto, è un esempio di come l'amore materno non conosca limiti. La loro, fortunatamente, è una delle poche storie a "lieto fine", ma purtroppo sono state moltissime le madri che hanno dovuto sopportare lo straziante dolore di veder morire un figlio a causa della crudeltà di altre persone. 

-Veronica G.

Mi ha colpito molto il discorso della Segre. In particolare ho trovato molto toccante il momento in cui ha raccontato che si sentiva più “madre” di suo padre che figlia. Questo perché nel vederlo così fragile, sentiva il bisogno di proteggerlo, di fargli capire, anche solo con uno sguardo, che niente di tutto ciò che stava succedendo era colpa sua, che non aveva fallito come padre. Credo che questa parte del discorso offra molti spunti di riflessione, perché spesso si tende a pensare che i genitori siano come dei “supereroi”, sempre forti e privi di preoccupazioni. In realtà nei momenti di grande difficoltà ci si rende conto che alla fine anche loro sono umani. 


*Elena M.

*Qui sopra, contributo di Rashini F. 

“IL 27 GENNAIO, LA GIORNATA DELLA MEMORIA”

Il 27 gennaio è una giornata importante, nella quale si ricordano i tristi momenti di quell’orribile periodo: i campi di concentramento, i campi di sterminio e tutti gli omicidi solo perché si era “ebrei”.

Tutto ciò non si dovrebbe citare solo il 27 gennaio, perché gli ebrei non hanno scelto un giorno per essere liberati, morire o lavorare; ma hanno sofferto per parecchi anni perdendo la propria dignità, il loro nome, i loro capelli, i propri averi e soprattutto i loro cari.

Potrà anche essere finito questo incubo, ma il cuore non perdona e la mente non dimentica.


-Martina S.




“Quando non si ha niente si ha solo il proprio corpo” Liliana Segre 

*citazione raccolta da Mihaela C.

qui sopra, il contributo di Giada F.

*qui sopra, i lavori di  Sebastiana T. e Sofia R.

Grazie ad Auschwitz ho avuto una vita bellissima. Perché? Per la certezza che a soli 12 anni avevo sperimentato il male assoluto. Il resto della mia esistenza non poteva che essere migliore” - Oleg Mandić.


Le parole di quest’uomo mi hanno sconvolta. Più volte mi sono domandata come un’esperienza così terribile abbia potuto essere la ragione di tanta gioia nella vita di una persona. Non posso neanche lontanamente immaginare cosa ha dovuto affrontare e sopportare quest’uomo per affermare una simile cosa. Ad essere sincera, rileggendo attentamente queste parole, mi sono sentita egoista, come se non mi rendessi conto di quanto io sia fortunata e di quanto considerassi scontato esserlo.



-Aurora D.



*da Edoardo C.



“Volevo vivere, avevo scelto la vita, tutti avevamo scelto la vita”

Questa è la frase che maggiormente mi ha colpita.

La vita era diventata la cosa più cara che avevano, l’unico bene personale che gli era rimasto. Avevano perso tutto, la dignità, la libertà ed erano privati di umanità, considerati animali, maltrattati e sfruttati. Però, alla vita comunque non rinunciavano e se la tenevano stretta attaccandosi alla speranza di non perderla mai.



- Alessia S.

 



Ogni anno in questo periodo ripenso alla Shoah, e sebbene io cresca, non riesco mai acapacitarmi di quel che è successo. È vero, è nel passato, distante, ma è accaduto. Nonriesco a immaginare nella mia testa una situazione così, non ho idea di come faccia unapersona a continuare a vivere dopo aver passato certe esperienze, ancora meno araccontarlo.Noi abbiamo il compito di continuare a ricordare la Shoah, affinché nulla di neanchelontanamente simile si ripeta. Penso che la giornata della memoria sia anche un'occasioneper apprezzare tutto ciò che diamo per scontato ma che ci caratterizza in quanto umani,come la libertà, le proprie credenze, i propri affetti.Sentire il discorso di Liliana Segre ha aiutato a sentire una testimonianza diretta, senza moltifiltri e di conseguenza più autentica.

-Annachiara M.