Strano, proprio nel tempo dell’immobilità e della chiusura, nasce la voglia di camminare insieme, di allargare lo spazio, di aprire la porta dell’intimità forzata e di costruire un luogo nuovo, comune, dove abitare. Sì, esattamente l’abitare, nel senso antropologico del termine, che significa concentrarsi sui modi in cui gli uomini abitano il mondo e che rivela le maniere con cui danno forma alle loro comunità e alla loro umanità, anche quella più intima.

La casa dunque, da sempre tema centrale nei racconti di scrittori e antropologi, con il suo valore simbolico e la sua sacralità, è stato il tema scelto su cui posare lo sguardo e da cui iniziare il racconto, attraverso la scrittura, capace di mettere in discussione e di attivare processi di decostruzione della realtà.

Casa come luogo da cui si parte, luogo da dove inizia il viaggio, ma anche luogo dove perennemente si desidera ritornare, casa come intreccio di affetti che dà respiro o che respiro toglie.

Viaggiare negli spazi dell’abitare significa passare attraverso la casa emozionale, la casa olfattiva, quella interiore, attraversare la città, introdurci nei luoghi della scuola, valicare confini, costruirne di nuovi, trovare e tagliare radici, disegnare sentieri ancora inesplorati.