Gabriella Agnini

Ferdinando Agnini nella testimonianza di sua sorella Gabriella


Ringrazio innanzitutto voi studenti, i vostri insegnanti e la dirigente scolastica per l’interesse mostrato per storie per voi ragazzi lontanissime nel tempo, ma tanto importanti perché la libertà è l’aria che respiriamo, senza non si può vivere. E la storia di mio fratello Ferdinando che, come potete immaginare, ha segnato per sempre la vita di mio padre, di mia madre e di tutti noi suoi fratelli e sorelle, è prima di tutto quella di una lotta per la riconquista della libertà. La libertà di tutti.

Sono nata nel 1937, avevo solo sette anni quando mio fratello fu arrestato e poi ucciso. I miei genitori, Gaetano Agnini e Giuseppina Longo, con i primi tre figli, Ferdinando (nato nel 1924), Francesco, (nato nel 1926) e Aldo (nato nel 1928), erano dovuti fuggire dalla Sicilia perché mio padre, giornalista e antifascista, non aveva voluto prendere la tessera del partito fascista, era stato licenziato ed era finito anche nelle mire dei fascisti locali. Arrivati a Roma erano andati a vivere dapprima nelle vicinanze del Colosseo e poi si erano trasferiti a Monte Sacro in Via Monte Tomatico n.1.

Ferdinando aveva solo 11 anni quando arrivarono a Roma.

Era un ragazzo serio e molto studioso. Lo studio per lui, come per tutti noi della famiglia, era molto importante e crescendo Ferdinando aveva coltivato sempre di più gli studi e le letture, che a casa non mancavano mai. Si era iscritto al Liceo Classico Quinto Orazio Flacco, ma a un certo punto fu costretto a lasciare la frequenza della scuola perché doveva lavorare per cercare di aiutare mio padre a mantenere la famiglia numerosa. Ferdinando era protettivo e responsabile verso tutti noi fratelli e pur non volendo rinunciare alla scuola, che lui riteneva tra le cose più importanti, si era sacrificato a lavori anche umili di fattorino per dare aiuto alla famiglia e ai suoi fratelli più piccoli. Lui però continuava sempre a leggere e studiare non appena poteva e da esterno si preparò per l’esame di maturità e si diplomò con buonissimi voti perché Ferdinando era di un’intelligenza eccezionale. Subito dopo si iscrisse alla facoltà di Medicina e Chirurgia. Con alcuni amici e compagni iniziò la lotta clandestina, fondando il giornale “La Nostra Lotta”. In realtà tra le passioni di mio fratello Ferdinando non vi era solo la medicina, ma anche la letteratura e la poesia, lui stesso scriveva poesie, e ancora di più il pensiero politico: Ferdinando come i suoi fratelli aveva stretto amicizie con altri giovani del quartiere, ma non avevano frequentazioni comuni, seppure vicini di età, perché Ferdinando finiva per frequentare di più quelli con cui coltivava le proprie idee politiche ed erano questi i

suoi amici più stretti, nelle cui case, pure nel quartiere, si incontravano e anche con loro era un vero trascinatore.

Tutti in famiglia, tranne io, ritenuta troppo piccola, erano a conoscenza dell’attività antifascista di mio padre e di mio fratello e ognuno, come poteva, collaborava: mio fratello Aldo, quando vennero le SS a casa ad arrestare Ferdinando, riuscì a gettare materiale scritto e anche la pistola, che mio fratello aveva portato in casa, nel giardino sottostante e nessuno si accorse di niente.

E come potete immaginare questi sono i racconti proprio dei miei fratelli più grandi che a me più piccola hanno raccontato cosa era successo quando lo hanno arrestato, perché io di quel giorno terribile non tutto sono riuscita a ricordare.

Fu una spia fascista che lo fece arrestare e dopo di lui anche mio padre fu arrestato e portato a Via Tasso, dove Ferdinando fu sottoposto a torture atroci, ma non parlò mai.

A mia madre, più di un mese dopo l’eccidio, il comando tedesco inviò due comunicazioni di morte (datate 1 maggio 1944) sia di mio padre (che però per una casualità quel giorno non era stato portato anche lui alle Fosse Ardeatine e quindi in realtà era sopravvissuto) sia di mio fratello. Nelle comunicazioni ricevute, in lingua tedesca, era scritto che erano morti il 24 marzo, ma non si diceva dove. Dopo molto tempo venimmo a sapere che mio padre era salvo e si trovava in un campo di detenzione dove era stato trasferito. Mio fratello fu ritrovato come sapete.

A mio fratello sono stati conferiti la medaglia di bronzo al valore militare e la laurea ad honorem.

Mi chiedete se mio fratello aveva una fidanzata. Direi non solo che mio fratello era molto riservato, come tutti noi suoi fratelli e sorelle, ma soprattutto che per lui, ucciso a soli 19 anni, i tempi non hanno permesso di dare spazio ai suoi sentimenti: occorreva per prima cosa lottare con pieno impegno intellettuale, per riaffermare i valori di libertà, uguaglianza e democrazia e per rialzare la testa.