Quali sono la dimensione e la struttura dell’universo?
Per secoli e secoli siamo stati capaci di percepire il mondo attraverso le lenti dell’occhio umano. Ma oggi, grazie a strumenti sempre più avanzati e potenti, siamo in grado di capire che l’universo è costituito da una struttura incredibilmente complessa, in cui osserviamo centinaia di miliardi di galassie, ognuna delle quali contiene miliardi di stelle e pianeti. Noi oggi possiamo sbirciare fino a quelle immense distanze nell’universo lontanissimo e addirittura guardare indietro nel tempo, verso le sue origini. Ma… più esploriamo e conosciamo più si presentano nuovi problemi e nuove domande a cui non siamo ancora in grado di dare risposte.
Come si formano, brillano ed evolvono le stelle?
Guardando il cielo noi siamo abituati da sempre a vedere l’immagine familiare del Sole, nostro compagno e sorgente di vita. Sebbene per noi rappresenti qualcosa di davvero speciale e fondamentale, oggi sappiamo che è soltanto una delle miliardi di stelle che brillano in cielo nelle notti stellate. Gli studi condotti negli ultimi cento anni ci hanno fatto capire di che cosa sono fatte le stelle, come mai brillino emettendo luce (energia), consentendo anche di calcolare in grande dettaglio come esse nascano, vivano e muoiano. In particolare, studiando le stelle, abbiamo anche capito dove e come si siano formati tutti gli elementi chimici che conosciamo e, quindi, di dedurre che “noi, siamo davvero figli delle stelle!”. Tuttavia, moltissime evidenze e fenomeni osservati restano oscuri e molto resta da scoprire e capire.
Siamo soli nell’Universo?
A differenza di quanto si riteneva all’inizio del secolo scorso, abbiamo oggi forti e conclamate evidenze osservative del fatto che esistano condizioni in qualche forma adatte alla vita al di là della sola Terra. Forse la vita potrebbe essere addirittura nascosta nelle profondità di Marte, o in qualche oceano sotterraneo dei satelliti di Giove o Saturno, o chissà dove. Le missioni spaziali recenti ci stanno portando progressivamente sempre più vicino a condurre verifiche osservative in loco di queste ipotesi, aprendo un capitolo totalmente nuovo della storia dell’umanità. Il futuro ci può quindi sorprendere in modi del tutto inaspettati.
La svolta degli anni 1919-1929 e il grande dibattito
Le osservazioni dell’eclisse di Sole del 29 Maggio 1919, condotte da Eddington & Dyson (a Sao Tomè e Principe) e parallelamente da Commelin (a Sobral, Brasile), hanno confermato la validità della previsione fatta da Albert Einstein nella teoria della Relatività Generale. Essi osservarono infatti che la luce proveniente dalle stelle lontanissime che brillano dietro e intorno al Sole viene di fatto deflessa, perché la massa del Sole è talmente grande da creare localmente una curvatura dello spazio-tempo.
Se immaginiamo che la luce sia una “pallina” che viene da lontano e che nel suo cammino verso di noi passi vicino al Sole, poiché il Sole crea con la sua massa un avvallamento nello spazio-tempo che lo circonda, la pallina viene deviata nel suo cammino verso di noi.
Questa conferma, che ribalta la concezione classica della gravitazione di Newton, ha dimostrato per la prima volta in modo spettacolare che la materia-energia determina la geometria e la curvatura dello spazio-tempo, e che, di riflesso, la geometria e la curvatura dello spazio-tempo determinano il moto della materia-energia.
Nel 1920, negli Stati Uniti si è tenuto un grande dibattito tra due eminentissimi astronomi riguardo la vera natura della Via Lattea.
In sintesi, Harlow Shapley sosteneva che varie deboli nebulose spirali che si osservano in cielo, fossero in realtà nebulosità ed oggetti vicini, comunque dentro la Via Lattea, un po’ come la famosa Nebulosa di Orione. Curtis invece pensava che le nebulose osservate fossero oggetti grandi e contenenti miliardi di stelle, come la Via Lattea, ma apparentemente molto deboli perché molto, molto più lontane.
Dopo qualche anno, quando si è riusciti a misurare direttamente la loro vera distanza, si è poi dimostrato che Shapley aveva in parte ragione perché una parte delle nebulosità osservate sono in realtà dei satelliti della Via Lattea, chiamati ammassi globulari ma, allo stesso tempo, neanche Curtis aveva torto perché molte altre nebulosità, in primis quella che oggi conosciamo come galassia spirale di Andromeda (a oltre due milioni di anni luce da noi), sono in realtà galassie lontane, allargando quindi in modo eccezionale le dimensioni e i confini dell’universo allora conosciuto.
L'Universo si espande
Grazie a Albert Einstein e alla sue teorie siamo divenuti in grado di interpretare la gravitazione e l’universo a grande scala.
In seguito, l’abate Georges Lemaitre suggerì che lo spazio potesse espandersi, per cui ogni galassia che lo popola potesse allontanarsi da ogni altra, esattamente come si allontanano una dall’altra tutte le “uvette” in un panettone che lievita e si gonfia in ogni punto. Questa idea un po’ strana fu poi confermata dalle osservazioni, fra gli altri, di Edwin Hubble che osservando un campione di galassie via via più lontane, dimostrò che più esse sono lontane e più si allontanano velocemente. Pertanto, davvero l’Universo si espande e la sua espansione è regolata dalla cosiddetta legge di “Hubble-Lemaitre” per cui la distanza è correlata alla velocità tramite una costante, da allora chiamata “costante di Hubble”, il cui valore è ancora oggi oggetto di approfonditi, instancabili studi.
La radioastronomia
Una nuova finestra si apre sul cielo e sull’universo.
Nuove tecnologie aprono sempre orizzonti sconosciuti e portano a nuove scoperte, fornendo anche informazioni complementari a quanto è già noto. Grazie anche a queste osservazioni oggi sappiamo con grande dettaglio come è la mappa della Via Lattea, la nostra Galassia. Essa contiene circa 300 miliardi di stelle (con i relativi sistemi planetari) e a sua volta vive nel Gruppo Locale, di cui fanno parte oltre alla galassia di Andromeda (grande circa 2 volte la nostra) e le sue galassie satelliti, le Nubi di Magellano e altre galassie sparse, per un totale di circa 50-70 galassie. Le stelle nella Via Lattea sono distribuite in una grande spirale, di forma lenticolare, grande circa 100000 anni luce e spessa oltre 1.000 anni luce.
Attenzione: 1 anno luce, è la distanza che la luce percorre in un anno nel vuoto, alla velocità di 300000 km/s – oltre 1 miliardo di km/h — e corrisponde a circa 9500 miliardi di km.
Le stelle e la loro energia
Le stelle tipiche sono delle sfere di gas auto-gravitanti, contenenti circa il 74% di idrogeno, il 24% di elio e piccole percentuali di tutti gli altri elementi. Questo perché idrogeno ed elio sono stati formati nella prime fasi del famoso Big Bang, mentre praticamente tutti gli altri elementi chimici che troviamo nella Tavola Periodica degli elementi sono stati via via prodotti nei nuclei caldissimi delle stelle (con temperature di milioni di gradi) tramite le reazioni nucleari. Come anticipato da Eddington e poi dimostrato in seguito da Bethe e i suoi collaboratori, la fusione degli elementi leggeri come l’idrogeno e l’elio e in seguito (nel corso della evoluzione della stella) dei loro derivati, rappresenta il meccanismo fondamentale che fa vivere le stelle così a lungo.
A questo proposito, negli anni ’50 gli astrofisici hanno capito che le stelle non vivono per sempre e che la durata della loro vita e come avviene la loro morte dipendono dalla loro massa iniziale: più le stelle sono massicce e più sono luminose, meno vivono perché consumano più rapidamente il loro “carburante”.
Per darvi un’idea, il Sole vivrà circa 10 miliardi di anni; avendo una età attuale di circa 4,5 miliardi di anni, è quindi a metà della sua vita. Una stella circa 10 volte più grande, produce/consuma circa 1000 volte più energia e quindi pur avendo nominalmente un “serbatoio” 10 volte maggiore, vive 100 volte di meno, cioè solo 100 milioni di anni.
Le stelle massicce e gli elementi chimici
Che cosa fanno le stelle grandi e grandissime? Ce lo ha detto… Alan Sorrenti nel 1977 con la sua famosa canzone ”Siamo figli delle Stelle”. Le stelle molto massicce infatti possono proseguire il cammino delle reazioni nucleari fondendo via via il risultato dei bruciamenti precedenti.
Ad esempio, se la stella contrae il proprio nucleo aumenta la temperatura e si possono innescare reazioni nucleari che, fondendo tre nuclei di elio danno origine al carbonio. Via via, procedendo su questa strada, si potrà ottenere l’ossigeno e poi, con catene di reazioni sempre più complicate si producono gli elementi chimici fino al ferro. Quando una stella molto massiccia esplode si ha poi la cosiddetta “nucleosintesi esplosiva” che, magari in parallelo alla formazione di un buco nero, forma tutti gli elementi chimici più pesanti del ferro.
La grande esplorazione spaziale
Iniziata in modo spettacolare nel 1957 dal lancio dello Sputnik e poi dal volo di Gagarin, viviamo ancora oggi nell'era spaziale. Dopo la Luna, abbiamo osservato da vicino pianeti, comete e asteroidi, via via sempre più lontano, oltre Plutone.
Il Sole: la nostra stella
Da oltre 4 miliardi di anni è “una palla di gas auto gravitante che produce energia al centro, trasformando 4 nuclei di Idrogeno (protoni) in 1 nucleo di Elio (2 protoni + 2 neutroni), mantenendo costantemente un equilibrio spettacolare fra quanto produce e quanto emette. L’energia prodotta fluisce verso l’esterno (la fotosfera, il Sole non ha una superficie !) dal nucleo per irraggiamento, e nell’inviluppo per convezione… un po’ come in una pentola d’acqua che bolle tranquilla, e scalda poi la corona solare che evapora lentamente, creando il cosiddetto vento solare che arriva fino alla Terra.
La radiazione a microonde del Fondo Cosmico e il Big Bang
Nel 1964, quasi per caso, Arno Penzias e Robert Wilson, mentre testavano le prestazioni di un’antenna radio nei Bell Laboratories in New Jersey negli Stati Uniti, si accorsero che, per quanta attenzione e sforzi tecnologici di ogni tipo mettessero in campo, l’antenna captava un segnale che non si riusciva a eliminare né a capire.
Sapevano che cosa fosse? Loro no, ma i cosmologi sì. Lo capirono in fretta: secondo George Gamow era il segnale legato alla temperatura di fondo del “relitto cosmico” del Big Bang, che permea oggi l’intero universo ad una temperatura di circa -270° Celsius. In poche parole, questo residuo è il segnale che viene da un lontanissimo passato, quando non si erano formate ancora le stelle o le galassie. C’era allora solo un “brodo primordiale” di luce e particelle elementari di materia. Questo incredibile segnale si riferisce a un evento, avvenuto solo circa 400000 anni dopo il Big Bang, quando la luce e la materia si sono “disaccoppiati”. Come potete facilmente immaginare, questa osservazione concreta (cioè certa e misurata) ha conferito una forza straordinaria al modello cosmologico legato al Big Bang, perché in fondo è come se per studiare la vita di un uomo avessimo a disposizione la sua foto attuale (l’universo a grande scala) e una di quando frequentava il “nido d’infanzia”.
Già che ci siamo, chiariamo un altro aspetto che può creare degli equivoci: il Big Bang, nonostante il nome affibbiatogli da Fred Hoyle, non è un'esplosione, ma è piuttosto un'espansione.
Attenti, non esiste un punto centrale da cui tutto si allontana radialmente come nello scoppio di una bomba, ma l’espansione avviene come se in un cinema tutte le sedie si allontanassero dalle altre sedie e tutte le file si allontanassero dalle altre file: ogni punto è esso stesso centro di espansione, un po’ come una rete in cui tutte le maglie si “dilatano” in ogni punto.
Una sorpresa? Non siamo al centro dell’universo. Anzi, pare che il centro non ci sia proprio. Rassegniamoci e consoliamoci allo stesso tempo: non siamo al centro, ma forse il centro non c’è!
Stelle di neutroni, pulsar, buchi neri: un problema di estrema gravità
Abbiamo detto prima che le stelle molto massicce alla fine esplodono. Sì, ma tutte allo stesso modo e con lo stesso risultato? Dipende anche questo dalla massa iniziale della stella. Se la stella è grande, ma non grandissima (fra circa 8 e 20 volte la massa del Sole) alla fine della sua vita avviene un’esplosione che la rende brillantissima, tanto da chiamarla supernova, e la stella morente brilla per pochi mesi anche svariati miliardi di volte più del Sole. Quando questo succede, la stella lancia il proprio inviluppo esterno nello spazio, inquinando tutto il mezzo circostante con gli elementi chimici pesanti formati nel corso della sua vita, mentre il nucleo (o quello che resta) collassa in un oggetto piccolissimo (poche decine di km di raggio) che ruota vorticosamente (come una pattinatrice su ghiaccio che accelera la sua rotazione stringendo le braccia al petto), crea un campo magnetico poderoso (come fa una dinamo di una bicicletta), ed emette un fascio luminoso rotante come la stella, come un “faro” pulsante periodicamente. Questo oggetto viene anche chiamato pulsar.
Un esempio classico è la Nebulosa del Granchio, esplosa nel 1054 d.C. e vista brillare dai Cinesi in pieno giorno, tuttora osservabile nella costellazione del Toro, con un periodo di rotazione di 0.0337 secondi che emette una potente radiazione sul tutto lo spettro elettromagnetico, incluse le altissime energie.
Se la Terra lo diventasse un buco nero (tranquilli, non lo diventerà!) tutta la Terra, noi inclusi, saremmo contenuti in una sferetta di circa 1 cm! Con una densità spaventosa, si starebbe come nel racconto del Big Bang di Calvino nelle Cosmicomiche. Ma, attenzione, se ci ragioniamo un momento, perché questo oggetto è stato chiamato “buco nero”? Abbiamo detto che è il residuo ultra-collassato di una stella grandissima, perché allora lo chiamiamo “buco”? E poi perché questo “buco-che-non-è-un-buco” deve essere per di più “nero”?
Ci torna in aiuto Einstein e la sua teoria della gravitazione. Infatti, se ci ricordiamo che gli oggetti massicci creano come un “avvallamento/buca” nello spazio tempo (per cui, si è detto, la Terra gira intorno al Sole, la Luna intorno alla Terra, etc.), allora il cosiddetto “buco” non è altro che l’avvallamento straordinariamente profondo (tale da simulare un buco) dovuto localmente all’oggetto residuale dell’esplosione. La sua presenza deforma talmente tanto lo spazio-tempo che, non solo simula e si comporta come un buco apparentemente senza fondo, ma è talmente potente nella sua attrazione che neanche la luce riesce ad uscire, da cui deriva l’aggettivo “Nero”. Come lo possiamo “vederlo” se è così “intrattabile” da non emettere neanche la luce?
Basta per esempio che il buco nero abbia una stella compagna vicina sulla quale possa esercitare un’attrazione molto potente. In tal caso, la stella si sgretola e progressivamente spiraleggia verso il buco nero trasformandosi in energia (raggi gamma, X, radio etc.). Pertanto noi possiamo rivelare una “sorgente emittente” che non “vediamo” direttamente, ma di cui osserviamo gli effetti che induce su chi sta vicino.
La Luna
20 Luglio 1969: l’uomo ha messo piede sulla Luna!
Un grande passo per l’Umanità, ma è subito tempo di andare oltre la Luna. Entriamo nel Sistema solare. Da allora sono oramai centinaia i satelliti che si sono avventurati nello spazio e hanno mandato immagini e visioni dettagliate un po’ di tutti i corpi celesti che “viaggiano insieme a noi” intorno al Sole.
La cometa di Halley
Nel 1986 il satellite europeo Giotto ha volato a 600 chilometri dalla cometa di Halley e ha mostrato per la prima volta come il nucleo di una cometa sia scuro e contenga materia organica. La ricerca recente suggerisce che questi residui ghiacciati della formazione del nostro Sistema solare potrebbero avere contribuito a portare acqua e altre molecole sulla Terra.
Materia oscura e energia oscura: brancoliamo nel buio?
Una delle scoperte più sorprendenti del secolo scorso è stata quella di scoprire che la materia ordinaria (barionica) che compone le stelle, i pianeti, e tutto ciò che conosciamo sulla Terra, rappresenta poco più del 5% dell’intero Universo. Infatti fra il 1970 ed il 1980 una serie di importanti osservazioni hanno mostrato che la massa della materia barionica che viene misurata nell’universo è di fatto insufficiente per spiegare la forza di gravità che constatiamo esistere all’interno delle galassie e fra loro stesse.
Le stelle delle zone più esterne delle galassie infatti si muovono a una velocità molto più alta di quanto non sarebbe spiegabile con la sola attrazione gravitazionale dovuta alla materia che conosciamo.
Inoltre, le evidenze provenienti dallo studio del fondo cosmico a microonde forniscono ulteriore supporto all’idea che una qualche forma “speciale” di materia oggi a noi sconosciuta e che non interagisce con la luce e il campo elettromagnetico, non solo deve esistere ma interagisce con l’altra materia solo tramite la gravità.
L’aspetto problematico di questa constatazione sta nel fatto che finora la natura intrinseca di questa materia speciale, chiamata “oscura” perché non emette luce, è del tutto sconosciuta ed è oggetto di studi ed esperimenti continui e basati su varie tecniche. Di fatto questo nostra “ignoranza” costituisce uno dei più profondi e rilevanti problemi irrisolti della fisica e della cosmologia moderna.
Se l’esistenza e la spiegazione della materia oscura vi sembra un grave problema da risolvere per gli astronomi, chissà che cosa penserete allora dell’ ”energia oscura” che pure si pensa oggi possa esistere e abbia una importantissima funzione nella spiegazione delle evoluzione dell’universo in cui viviamo.
Infatti, secondo gli attuali modelli cosmologici più considerati, l’energia oscura è una ipotetica forma di energia non direttamente rilevabile, diffusa omogeneamente nello spazio che potrebbe giustificare, esercitando una grande “pressione negativa”, l’espansione accelerata dell’universo e altre evidenze sperimentali, come sembrerebbe indicare una serie molto ampia di osservazione condotte negli ultimi vent’anni.
Si stima oggi che questa energia, chiamata “oscura” (in analogia con la materia “oscura” perché anche in questo caso non sappiamo che cosa sia veramente), rappresenterebbe circa il 70% della massa-energia di tutto l'universo.
Se questo fosse vero - ed è oggi oggetto di un fortissimo dibattito - la quota di materia-energia che sfuggirebbe agli attuali metodi di osservazione e studio sarebbe quindi circa il 95% del totale, comprendendo anche la materia oscura stimata essere intorno al 25%.
Un bel dilemma per il futuro: ci vogliono nuove menti, nuove idee e tecnologie per arrivare alla soluzione!
I pianeti extrasolari
Una grande domanda che da sempre affascina l’umanità: siamo soli? I pianeti extra-solari scoperti con varie tecniche che orbitano intorno ad altre stelle sono già oltre 5000. Molti quindi sono i candidati, ma esistono altre Terre? Non c’è motivo di dubitare che esistano, data la popolazione di centinaia di miliardi di stelle che popolano anche solo la Via Lattea. Ma il grande problema in questa ricerca è dato dalle enormi distanze.
Viaggiando a 300000 km/s (oltre 1 miliardo di km/h) la luce impiega oltre 4 anni a raggiungere la stella più vicina. Un razzo che viaggiasse ad 1 milione di km/h, comunque impensabile per noi, impiegherebbe quindi 4000 anni per arrivare su un suo pianeta!
Una delle tecniche per ora più efficaci per individuarli è anche la più semplice: basta osservare un’eclisse della stella madre del candidato pianeta!
Infatti, se esistesse il pianeta e l’inclinazione del suo piano orbitale puntasse verso di noi, allora il pianeta nel percorrere il suo giro passerebbe sistematicamente davanti alla propria stella e, per quanto difficile da osservare, provocherebbe un’eclisse parziale, esattamente come abbiamo recentemente osservato fare sia da Venere che Mercurio, al loro passaggio davanti al Sole.
In poche parole quindi, se abbiamo strumenti di misura molto molto precisi, possiamo dedurre l’esistenza del pianeta semplicemente misurando con continuità la luce che riceviamo dalla stella. Ogni volta che vediamo un calo regolarmente periodico delle sua luminosità, per quanto piccola, deduciamo che la causa potrebbe essere l’esistenza di un pianeta e, cosa fondamentale, possiamo misurare il suo periodo di rivoluzione intorno al suo sole. Una volta nota la distanza della stella, possiamo anche calcolare a quale distanza il pianeta gli orbiti intorno: possiamo quindi calcolare la durata del suo “anno”.
Infine, se abbiamo altri dati sulle proprietà complessive del sistema, siamo in grado di calcolare la massa del pianeta, il suo raggio, la sua temperatura e, con nuovi grandi telescopi e nuove tecniche sempre più raffinate, possiamo addirittura avere informazioni sulla sua atmosfera.
L’umanità ha voglia e tempo per aspettare e continuare a cercare?
Hubble Space Telescope: uno sguardo sull'universo
Guardiamo sempre più lontano nell’universo e ci spingiamo verso confini inesplorati ma ci siamo accorti che grandi problemi affliggono ancora la nostra conoscenza dell’universo. Due in particolare sono le nuove intriganti questioni: la materia oscura e l’energia oscura, due “oscurità” emerse negli ultimi 50 anni di cui presumiamo l’esistenza, ma di cui non conosciamo la natura. Ferve però alacremente in mille modi la ricerca che le rìguarda.
Pale Blue Dot
Siamo piccoli, piccoli, minuscoli… ma siamo NOI ! In italiano, Pale Blue Dot significa "tenue puntino azzurro", ed è il nome di una fotografia della Terra scattata nel 1990 dalla sonda Voyager 1, quando si trovava a sei miliardi di chilometri di distanza, ben oltre l'orbita di Nettuno.
Riclassificazione di Plutone
Nel 2006 durante l'Assemblea Generale dell’Unione Astronomica Internazionale a Praga, Plutone è stato declassato a pianeta nano, perché si è scoperto che condivide la sua orbita con tanti altri piccoli oggetti detti "trans-nettuniani" con dimensioni simili.
Marte
Veicoli robotici esplorano la superficie di Marte oramai da circa 20 anni, fornendo fantastiche immagini e informazioni che sarebbe impossibile da avere da Terra. I nuovi rover sono alla ricerca di segni di vita passata e di capire la storia geologica di Marte che potrebbe svelarci molti meccanismi ancora sconosciuti della formazione del Sistema solare. È ragionevole pensare che nel corso dei prossimi 30-40 anni un essere umano metterà piede sul terreno apparentemente inospitale di Marte, Si dice che questa persona sia già nata!
Anche le galassie evolvono nel tempo
Le galassie interagiscono fra loro, a volte si uniscono accrescendo ma mano la loro massa, spesso “cannibalizzando” le galassie più piccole, loro satelliti. Molto spesso contengono al centro buchi neri nati nel corso della loro precedente evoluzione, anche inglobando stelle che spiraleggiano inevitabilmente nello straordinario campo di attrazione gravitazionale localmente prodotto nella “metrica dello spazio-tempo”, dal collasso della loro massa, come predetto da Einstein.
Onde gravitazionali, neutrini, astroparticelle: l’astronomia multi-messenger
Abbiamo parlato delle stelle di neutroni e dei buchi neri. A questo punto qualcuno si chiederà: «Ma queste stelle così speciali che cosa fanno? Vanno a spasso per l'universo?» Sì, ma a volte possono anche incontrarsi o addirittura essere nate insieme (sistema binario) e al momento opportuno convivere in un unico oggetto somma dei due, emettendo onde gravitazionali.
L'emissione delle onde gravitazionali ha consentito per la prima volta, con il metodo della triangolazione, l’identificazione ottica della sorgente e la sua osservazione immediata con tutti i telescopi in grado di rilevare onde elettromagnetiche, in tal caso emesse nella fusione di due stelle di neutroni in un unico oggetto.
Trattandosi infatti di due stelle di neutroni e non di due buchi neri (che non lasciano fuggire neppure la luce), la radiazione elettromagnetica emessa alla varie lunghezze d’onda (dai raggi gamma alle onde radio) ha potuto essere ricevuta e analizzata in grandissimo dettaglio. Questa combinazione di due diversi tipi di “messaggeri” indipendenti e complementari rappresenta una svolta epocale nello studio del cosmo, nella sua interezza e nelle sue singole componenti. Se a questo uniamo le osservazioni dei raggi cosmici, gli esperimenti e le misure legate ai neutrini e i risultati stupefacenti ottenuti con gli acceleratori di particelle (in primis il Large Adron Collider del CERN di Ginevra
che ha portato fra l’altro nel 2012 alla rivelazione del famoso “bosone di Higgs” detto anche impropriamente la “particella di Dio”), si può facilmente capire come negli ultimi anni si sia fatto un enorme passo avanti nella comprensione dell’Universo.
Una delle principali previsioni teoriche della relatività generale di Einstein è stata finalmente dimostrata circa cento anni dopo. Nel 2015, i laser in due rivelatori dell'esperimento LIGO hanno registrato indipendentemente fluttuazioni che non provenivano da nessuna parte della Terra. Questi segnali avevano una fonte comune: il collasso di due buchi neri, ciascuno grande circa quanto 30 Soli, situati a circa 1,4 miliardi di anni luce di distanza e che si univano in un mostro ancora più grande. Le vibrazioni spazio-temporali sono durate meno di mezzo secondo ma questo è stato più che sufficiente per abbinare le loro forme a una libreria di modelli e per dedurre la massa e le distanze dei buchi neri. Questa prima rilevazione ha consentito l'uso delle onde gravitazionali come strumento di osservazione per l'astronomia e la cosmologia in parallelo alla radiazione elettromagnetica. Ciò ha aperto una nuova finestra scientifica per lo studio dell'Universo con progetti più in corso e pianificati sulla Terra e lo sviluppo di un osservatorio nello spazio.
Collaborazioni internazionali da Terra e dallo spazio
Al giorno d'oggi la ricerca astronomica procede mediante collaborazioni internazionali dato l'impegno economico e di persone necessario per le grandi imprese da Terra e dallo spazio.
L'astronomia al giorno d'oggi
Che cosa vorremmo ancora scoprire ai giorni nostri? C'è più di un universo? Alla fine saremo in grado di formulare la Teoria del Tutto? Quando incontreremo la vita extraterrestre? La civiltà umana diventerà una civiltà interplanetaria? Einstein ha sbagliato qualcosa?
L'Unione Astronomica Internazionale - IAU
L'International Astronomical Union (IAU) nasce oltre 100 anni fa ed è la più grande organizzazione di astronomi professionisti del mondo con i suoi oltre oltre 10000 iscritti. La comunità astronomica condivide lo studio, la ricerca, la formazione, lo scambio, e una grande attività di disseminazione della cultura astronomica, per cercare di rispondere alle grandi domande ancora insolute.
Riprendiamo i tre grandi temi proposti all’inizio di questo viaggio e vediamo quali sono le grandi domande cui dobbiamo cercare di dare risposta in futuro.
L’Universo
Oggi sappiamo che l’Universo è una struttura immensamente grande che contiene centinaia di migliaia di galassie che, a propria volta contengono miliardi di stelle e pianeti. Gli strumenti che noi abbiamo oggi a disposizione sono molti ordini di grandezza più potenti e precisi delle migliori risorse disponibili 100 anni fa. Noi oggi possiamo spingere le nostre ricerche verso le più distanti regioni dell’universo osservabile, così come tanto indietro nel tempo fin quasi alla sua origine. Tuttavia ci sono ancora tantissime cose che non siamo in grado di conoscere e capire.
Di che cosa è composta la materia oscura? Quali sono la natura e l'origine dell'energia oscura?
Quali complessi misteri dell’Universo possono essere scoperti grazie alle onde gravitazionali e gli altri messaggeri che ci portano informazioni sull’universo e sui suoi componenti? Esiste un uni-verso? O viviamo invece in un multi-universo?
Le stelle
Le stelle sono alcuni dei più splendidi oggetti che popolano l’Universo. La ricerca condotta nel corso degli ultimi 100 anni ha chiarito di che cosa sono fatte le stelle e che cosa consente loro di brillare nel cielo, consentendoci anche di studiare e capire la loro evoluzione nel tempo. Studiando approfonditamente le stelle abbiamo capito come si sono formati tutti i vari elementi chimici che troviamo nella Tavola Periodica degli Elementi, ma molto resta ancora da scoprire.
Che cosa succede nelle prime fasi della formazione stellare? Come si formano i sistemi planetari e che cosa controlla la loro architettura?Come ruotano i nuclei delle stelle evolute e come avvengono i mescolamenti degli elementi via via formati dalle reazioni nucleari?Dove vengono formati gli isotopi ricchi di protoni?
La vita aliena
Contrariamente a quanto si pensava 100 anni fa, oggi abbiamo forti evidenze che le condizioni per fare nascere la vita esistano (o siano esistite) in qualche forma oltre la Terra stessa. Forse la vita è nascosta profondamente sotto la superficie di Marte o nelle profondità degli oceani di qualche luna di Giove o Saturno, o altrove. Le recenti missioni spaziali ci portando sempre più vicino alle risposte a queste domande, aprendo un nuovo capitolo nella storia dell’umanità. Abbiamo anche centrato la nostra attenzione su Marte, con la prospettiva di inviare esseri umani sulla sua superficie entro poche decadi.
Ma questo è tutto? Possiamo attenderci un contatto da parte di qualcuno proveniente dall’esterno del nostro Sistema Solare? Possiamo costruire strumenti cosi potenti da essere in grado di rivelare in modo non ambiguo la presenza di vita in qualche pianeta extra-solare?
Il futuro potrebbe sorprenderci in modi del tutto inimmaginabili.
Queste e tante altre eccitanti domande attendono di essere poste e risolte dalla futura generazione di astronomi.