La scuola del centrodestra

Il 22 ottobre 2022 Giorgia Meloni, prima Premier donna in Italia, giura nelle mani del Presidente della Repubblica...

di Mitia Costa - 22 ottobre 2022

Il 25 settembre scorso  è stata  una giornata cruciale per il nostro Paese. Si è votato infatti per il rinnovo dei due rami del nostro Parlamento e i risultati hanno tenuto fede alle aspettative: il centrodestra ha ottenuto il 44% dei voti, che, grazie alla legge elettorale in vigore, si sono convertiti nel 58% dei seggi delle due Camere.

Le Camere sono insediate, e i rispettivi presidenti (il siciliano Ignazio La Russa, di Fratelli d’Italia, al Senato e il leghista veronese Lorenzo Fontana alla Camera) eletti, i capigruppo e i vicepresidenti anche e i ministri hanno giurato. Per il prossimo nuovo governo, guidato dalla leader di FdI Giorgia Meloni, non resta dunque altro se non chiedere la fiducia alle due Camere, passaggio che avverrà fra qualche giorno.

Conosciamo quindi i protagonisti, ma possiamo dire lo stesso anche per le loro proposte inerenti alla scuola?

Primo fra tutti capeggia il voler “rivedere in senso meritocratico e professionalizzante il percorso scolastico”. L’obiettivo è, per l’appunto, quello di rendere più meritocratica la scuola, visto che, a parte quelli che già applicano il principio, fortunatamente tanti, ci sono altri professori che invece privilegiano alcuni studenti rispetto ad altri per i più disparati motivi. Oltre a questo vi è anche la volontà di una scuola professionalizzante, che formi cioè gli studenti come professionisti del mestiere. Le proposte sono assolutamente sensate e, anzi, a mio avviso doverose, ma ciò che resta da capire è come si arriverà all’obiettivo

Proseguendo la lettura del programma troviamo “l'eliminazione del precariato del personale docente e l'investimento nella formazione e aggiornamento dei docenti”. Soprattutto negli ultimi anni il numero dei contratti a tempo indeterminato sono andati diminuendo, poiché i datori tendono a preferire quelli a tempo determinato, più “sicuri” per la salvaguardia dei loro interessi nella situazione di crisi in cui versiamo ancora tutt’oggi. Una situazione che crea non pochi disagi negli insegnanti, che si vedono privati del loro lavoro con cadenza regolare, cosa che li rende incapaci di programmare il loro futuro sulla base di garanzie solide. La proposta porta con sé, però, anche le sue problematicità: ci si chiede, infatti, quali debbano essere le misure adatte allo scopo di eliminare, o perlomeno ridurre, il fenomeno.

Scorrendo ancora il testo si legge di un “ammodernamento e messa in sicurezza, nonché nuove realizzazioni di edilizia scolastica e residenze universitarie”.

Si sa, in Italia le strutture scolastiche non brillano granché in modernità e in sicurezza. Vediamo edifici di sessant’anni fa, con calcinacci che cadono anche dentro le aule, infissi non più funzionali, tecnologie obsolete e spesso anche metodi di insegnamento superati. Forse questo punto non sarà il primo atto del neo governo, visto che ci troviamo in crisi economica (ma anche perché il nostro Paese non ha una tradizione prioritarista per la scuola), però le buone intenzioni sembrano esserci.

Infine leggiamo la volontà di “favorire il rientro degli italiani altamente specializzati attualmente all'estero”.

La cosiddetta “fuga di cervelli” è un fenomeno sempre più diffuso: i nostri giovani laureati si trasferiscono all’estero per cercare lavoro perché in Patria non siamo in grado di garantirglielo o perlomeno non con la stessa remunerazione che potrebbero trovare negli Stati Uniti o  in qualche Paese dell’Unione Europea. Il fenomeno costa allo Stato circa duecentotré milioni di euro all’anno (stima dell’Ocse). Un danno economico non indifferente, se non consideriamo anche quello pratico, visto che ci priviamo di giovani talentuosi che potrebbero fare grande il nostro Paese. Una proposta dunque assolutamente legittima e anche allettante, che, grazie al PNRR, potrebbe diventare realtà.


Ora che conosciamo le proposte non ci resta che attendere l’insediamento del nuovo governo e, fattore più importante, verificare quanti obiettivi, tra quelli trattati, effettivamente si concretizzeranno.