Gli ignavi: semplici timorosi o indifferenti per professione?

di Mitia Costa - 05/02/2023

Nella lettura dell’opera più famosa di Dante, la Divina Commedia, ci si imbatte nel canto III dell’Inferno nella figura degli “ignavi”, fantomatici esseri impossibilitati persino ad accedere all’Inferno tanto che vengono posti nell’Antinferno. Gli ignavi sono coloro che in vita non prendono posizione, non hanno una idea propria, ma seguono la corrente del più forte. Dante riserva il massimo disprezzo per questi uomini "mai stati vivi", "l’anime triste di coloro che visser sanza infamia e sanza lodo", uomini che non hanno scelto tra il Bene e il Male, una presa di posizione fondamentale per il poeta.

E oggi? Si può dire che l’ignavia esista ancora?

Magari non nei modi e nei termini usati da Dante nella sua opera, ma declinata in altri ambiti. Ai giorni nostri credo in pochi, oserei dire nessuno, coniugherebbe l’ignavia al tema teologico del dualismo tra Bene e Male, tra Dio e Lucifero, come aveva fatto invece Dante.

Ma se provassimo a mettere in relazione l’ignavia e la nostra quotidianità? O il mondo della politica?

Illustrazione del miniaturista Priamo della Quercia, XV sec




  " Se non ti occupi di politica, sarà la
      politica ad occuparsi di te "

Proprio trattando quest'ultima, quante volte ci si sottrae dal parteggiare per l'una o per l’altra fazione, se non direttamente per il singolo individuo, per evitare conseguenze, per avere dei vantaggi pratici o semplicemente per l’imbarazzo che qualcuno potrebbe provare nel pensarla diversamente. “Chissà come la penserà l’altro”, “E se poi mi prendono di mira?”, “Meglio che taccia, altrimenti ci saranno sicuramente delle conseguenze”: frasi che sono spesso preoccupazioni banali se paragonate a quello che per esempio hanno vissuto i nostri genitori o i nostri nonni durante il Fascismo, periodo in cui ciò che si pensava non poteva essere espresso. Neppure io sono stato da meno: per anni ho ritenuto opportuno, quasi fosse necessario farlo, celare dietro l’indifferenza le mie idee e in genere ciò che pensavo (sempre politicamente parlando) per timore di quello che mi sarebbe potuto accadere e di quello che gli altri avrebbero potuto pensare di me in seguito. 

Oltre alla politica l’ignavia si può trovare anche in altri contesti, per esempio a scuola o nelle azioni quotidiane. È ignavo lo studente che studia solo il minimo indispensabile per raggiungere la sufficienza, procrastinando sino all'ultimo giorno utile l’apertura del libro. È ignavo chi non esprime un’opinione, fin quando non è evidente la soluzione migliore, in modo da avere tutti dalla sua parte. È ignavo anche chi non si reca a votare giustificando il gesto con la frase più usata del movimento astensionista: “Tanto non cambierà mai niente”, frase di fatto fine a sé stessa. Ed ecco che la Divina Commedia, da tanti studenti mal considerata, torna a rivelarsi attuale ed utile. Generazioni di giovani impassibili, indifferenti davanti alle notizie e ai fatti di attualità, alle dinamiche che toccano dai palazzi comunali e le associazioni locali alle realtà più grandi come i palazzi di potere nazionale e internazionale.

 “Ma sì, tanto la politica è roba per anziani, noi giovani non c’entriamo niente”, “A che serve prendere posizione se poi hai tutti contro?”, “Perché votare se poi fanno quello che vogliono e non pensano minimamente a noi giovani?”: a mio avviso sono sterili argomentazioni sempre pronte a giustificare l’indolenza, o meglio l’ignavia.

“[...] L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. [...] Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”.

Antonio Gramsci