LA VITA DELLE VITTIME
Barbara Locci è una donna sarda di 32 anni, sposata con Stefano Mele, un manovale sardo dal quale ha avuto il figlio Natalino. Antonio Lo Bianco è anch'egli siciliano e ha 29 anni. Lavora come muratore ed è padre di tre figli. Barbara Locci e Stefano Mele si conoscono nel 1958, e un anno dopo si sposano alla Romola di San Casciano in Val di Pesa. La Locci frequenta il "bar dei sardi", dove conosce Giovanni Vinci, il quale diventerà un suo amante. Successivamente Giovanni le farà conoscere suo fratello Salvatore a una fiera a Lastra a Signa, l'uomo diventa affittuario a casa dei Mele e anche il suo nuovo amante. Nel 1966 Francesco diventa l'amante della Locci, dopo che lo erano stati i fratelli.
LA SERA DEL DELITTO
La sera del 22 Agosto 1968, Barbara Locci e il suo amante Antonio Lo Bianco si recano al cinema dopo che quest'ultimo ha recuperato la ragazza e suo figlio a casa loro. Una volta usciti, intorno a mezzanotte, non tornano a casa, bensì decidono di appartarsi in una strada sterrata che costeggia un torrente nei pressi di Lastra a Signa, precisamente a Castelletti di Signa. Si tratta di una località abbastanza isolata e buia, e il tempo che i tre hanno impiegato per raggiungere questa stradina sterrata è di circa 5/10 minuti, perciò devono essersi fermati non dopo 00:25.
I due si scambiano effusioni amorose, nonostante la presenza del figlio della Locci, Natalino Mele, un bambino di sei anni che era stato con loro tutta la sera, e che durante il tragitto di ritorno dal cinema, si era addormentato nei sedili posteriori della macchina.
Improvvisamente, i due vengono freddati da una serie di proiettili provenienti dall'esterno della macchina e Natalino si sveglia a causa dei colpi della pistola. Natalino conosceva il Lo Bianco, e come con tutti gli amanti della madre era solito chiamarlo "zio"; infatti quando il bambino vide la mamma e lo "zio" morti, scese dalla macchina e si allontanò dal luogo del delitto per raggiungere a piedi una casa, illuminata a visibile da lontano, che distava circa 2 km dal luogo da cui lui era partito. Le dichiarazioni di Natalino, che sarebbero potute essere delle dichiarazioni chiave per scoprire l'identità del mostro, cambieranno nel corso del tempo.
Il ruolo di Stefano Mele nel delitto
Natalino si reca verso questa casa in cui abita Francesco De Felice, e non appena egli apre la porta, alle due di notte, trova davanti a sé un bambino che pensava potesse essere ferito, ma in realtà Natalino è illeso, non porta semplicemente le scarpe e indossa solo dei calzini. Il De Felice contatta poi il padrone di casa Marcello Manetti e raggiungono insieme la caserma dei carabinieri di San Piero a Ponti di Signa.
Ciò che ha destato da sempre molti dubbi è il modo in cui Natalino abbia percorso più di 2 km di strada sterrata, senza scarpe e completamente al buio in un'ora e trentacinque minuti, che risulta una finestra di tempo molto ampia anche se si tratta di un bambino. Molti pensano che possa esser stato accompagnato da qualcuno, se non addirittura dal colpevole del delitto stesso, e che questo qualcuno abbia impiegato del tempo per spiegare a Natalino come comportarsi, cosa dire e dove recarsi esattamente.