COMUNIONE

Sinodalità, pensare e agire insieme



tratto da: SEDE NAZIONALE PER LA PASTORALE GIOVANILE – CEI, Dare casa al futuro. Linee progettuali per la PG Italiana, Roma 2019

IN ASCOLTO

L'esperienza vissuta ha reso i partecipanti al Sinodo consapevoli dell'importanza di una forma sinodale della Chiesa per l'annuncio e la trasmissione della fede. La partecipazione dei giovani ha contribuito a "risvegliare" la sinodalità, che è una «dimensione costitutiva della Chiesa. [...] Come dice san Giovanni Crisostomo, "Chiesa e Sinodo sono sinonimi" - perché la Chiesa non è altro che il "camminare insieme» del Gregge di Dio sui sentieri della storia incontro a Cristo Signore» (Francesco, Discorso per la Commemorazione del 50° anniversario dell'istituzione del Sinodo dei Vescovi, 17 ottobre 2015). La sinodalità caratterizza tanto la vita quanto la missione della Chiesa, che è il Popolo di Dio formato da giovani e anziani, uomini e donne di ogni cultura e orizzonte, e il Corpo di Cristo, in cui siamo membra gli uni degli altri, a partire da chi è messo ai margini e calpestato. Nel corso degli scambi e attraverso le testimonianze, il Sinodo ha fatto emergere alcuni tratti fondamentali di uno stile sinodale, verso il quale siamo chiamati a convertirci.

[DF 121]


La sinodalità missionaria non riguarda soltanto la Chiesa a livello universale.

L'esigenza di camminare insieme, dando una reale testimonianza di fraternità in una vita comunitaria rinnovata e più evidente, concerne anzitutto le singole comunità. Occorre dunque risvegliare in ogni realtà locale la consapevolezza che siamo popolo di Dio, responsabile di incarnare il Vangelo nei diversi contesti e all'interno di tutte le situazioni quotidiane. Ciò comporta di uscire dalla logica della delega che tanto condiziona l'azione pastorale.

Possiamo riferirci per esempio ai percorsi di catechesi in preparazione ai sacramenti, che costituiscono un compito che molte famiglie demandano del tutto alla parrocchia. Questa mentalità ha come conseguenza che i ragazzi rischiano di intendere la fede non come una realtà che illumina la vita quotidiana, ma come un insieme di nozioni e regole che appartengono a un ambito separato dalla loro esistenza. È necessario invece camminare insieme: la parrocchia ha bisogno della famiglia per far sperimentare ai giovani il realismo quotidiano della fede; la famiglia viceversa ha bisogno del ministero dei catechisti e della struttura parrocchiale per offrire ai figli una visione più organica del cristianesimo, per introdurli nella comunità e aprirli ad orizzonti più ampi. Non basta dunque avere delle strutture, se in esse non si sviluppano relazioni autentiche; è la qualità di tali relazioni, infatti, che evangelizza.

[DF 128]

Voglio sottolineare che i giovani stessi sono attori della pastorale giovani-le, accompagnati e guidati, ma liberi di trovare strade sempre nuove con creatività e audacia. Di conseguenza, sarebbe superfluo soffermarmi qui a proporre qualche sorta di manuale di pastorale giovanile o una guida pratica di pastorale. Si tratta piuttosto di fare ricorso all'astuzia, all'ingegno e alla conoscenza che i giovani stessi hanno della sensibilità, del linguaggio e delle problematiche degli altri giovani.

[CV 203]


Essi ci mostrano la necessità di assumere nuovi stili e nuove strategie. Ad esempio, mentre gli adulti cercano di avere tutto programmato, con riunioni periodiche e orari fissi, oggi la maggior parte dei giovani si sente poco attratta da questi schemi pastorali. La pastorale giovanile ha bisogno di acquisire un'altra flessibilità e invitare i giovani ad avvenimenti che ogni tanto offrano loro un luogo dove non solo ricevano una formazione, ma che permetta loro anche di condividere la vita, festeggiare, cantare, ascoltare testimonianze concrete e sperimentare l'incontro comunitario con il Dio vivente.

[CV 204]

1. ESSERE COMUNIONE

I cristiani sono coloro che sono in comunione col Signore e nel Signore.

Non in termini esclusivi ed elitari, bensì per essere segno offerto di una nuova umanità riconciliata. La Chiesa è chiamata a essere casa della comunione, nella quale la fraternità diventa possibile e si scoprono le vie per attuarla. La comunione è dono dello Spirito e come tale non può essere posseduta dalla comunità, così come non può essere predeterminata. La capacità di essere comunione è in divenire come ogni forma vitale. Vale in modo particolare nella pastorale giovanile: essa è costretta a pensare in fretta (perché i ragazzi crescono e lo fanno in un mondo rapido); questo è tanto più bello ed efficace se vissuto come impresa comune e condivisa.

La comunità cristiana è espressione della comunione tra i fratelli, tra coloro che corrispondono all'invito alla cena del Signore. L'immagine del banchetto, più di altre, dovrebbe suggerire il gusto e la gioiosità del ritrovarsi. Spesso papa Francesco ha rimproverato i cristiani di non essere espressione della gioiosa appartenenza a Cristo. La gioia dello stare insieme, del deporre le armi dell'inimicizia e della diffidenza, è la prima forma di testimonianza della vita buona nel vangelo.

La gioia dei cristiani non è fine a se stessa, bensì intende comunicare fiducia e coraggio di fronte al presente e in vista del futuro. La gioia che nasce dalla comunione non è un sentimento stordente che chiude gli occhi sul dolore e le tragedie, bensì è la mano fraterna che trasfigura le lacrime mentre le asciuga.

2. LA VITA SINODALE

La comunione dei cristiani è luogo di umanità. Vivere da fratelli è il modo in cui, nelle fatiche della prossimità, si cresce in umanità. Ed è nell'umanità più piena che il vangelo ci indica la presenza di Dio. La comunità che si educa reciprocamente nella comunione è il luogo dell'epifania, dove il Signore si rende presente. La testimonianza non è un sapere trasmesso da chi sa a chi non sa, bensì è il compiersi di una fraternità nella circolarità nel dialogo, nella condivisione, nella celebrazione e nell'invocazione. Questa è ben più che un'esortazione: è un'istanza anche pedagogica, perché è una richiesta esplicita del mondo giovanile:

Una qualità di primaria importanza negli accompagnatori è il riconoscimento della propria umanità, ovvero che sono esseri umani e che quindi sbagliano: non persone perfette, ma peccatori perdona-ti. A volte gli accompagnatori vengono messi su un piedistallo, e la loro caduta può avere effetti devastanti sulla capacità dei giovani di continuare ad impegnarsi nella Chiesa. Gli accompagnatori non dovrebbero guidare i giovani come se questi fossero seguaci passivi, ma camminare al loro fianco, consentendo loro di essere partecipanti attivi del cammino. Dovrebbero rispettare la libertà che fa parte del processo di discernimento di un giovane, fornendo gli strumenti per compierlo al meglio. Un accompagnatore dovrebbe essere profondamente convinto della capacità di un giovane di prendere parte alla vita della Chiesa. Un accompagnatore dovrebbe coltivare i semi della fede nei giovani, senza aspettarsi di vedere immediatamente i frutti dell'opera dello Spirito Santo. Il ruolo di accompagnatore non è e non può essere riservato solo a sacerdoti e a persone consacrate, ma anche 1 laici dovrebbero essere messi in condizione di ricoprirlo. Tutti gli accompagnatori dovrebbero ricevere una solida formazione di base e impegnarsi nella formazione permanente. (DRP 10)

La comunione si esprime soprattutto coinvolgendo l'intelligenza e la sensibilità di tutti i convocati. Non si accontenta di avere mute e copiose presenze. La forma della condivisione nel dialogo si manifesta nella sinodalità. Condividere nel dialogo significa, principalmente, generare e ascoltare narrazioni personali e di gruppo, memori che le stesse Scritture sono narrazioni di uomini che hanno fatto esperienza di Dio nella loro storia.

La sinodalità permette alla comunità di riconoscersi pellegrina e missionaria. Non si tratta di due momenti successivi o alternativi, bensì di un unico movimento che la pongono in cammino verso l'umanità fondandosi nella propria identità. Mentre cammina tra le case degli uomini la Chiesa si fa prossima, in ascolto, sollecita nella cura e rinforzata dalla preghiera. Nella vocazione battesimale di ogni cristiano è insita una vocazione si-nodale, di ciascuno e di tutti. Si è chiamati alla comunione nel dialogo e nella comprensione reciproca. E in virtù del battesimo che i cristiani mettono la fraternità prima della gerarchia. Tutti valgono, tutti sono preziosi, tutti si mettono in ascolto e al servizio per un bene più grande.

3. UNA COMUNIONE RIVOLTA AL FUTURO

La vita sinodale è possibile solo nella memoria e celebrazione della misericordia del Padre. È solo l'amore gratuito di Dio che rende possibile la conversione dei cuori e la riconciliazione delle relazioni. Una comunità sinodale è casa della misericordia. Con questo sentimento la comunità si apre al mondo, rinunciando al giudizio, ma non alla verità.

La sinodalità si esprime anche nella progettazione pastorale rivolta ai giovani. Il senso di corresponsabilità facilita la messa in comune dei talenti di ciascuno e attiva processi sinergici. La progettazione pastorale si nutrirà quindi di uno sguardo di misericordia sui giovani che genera speranza per il loro futuro.

Rivolta in particolare ai giovani, la comunità cristiana si scopre inclusiva.

Non è più tempo di anatemi o esclusioni, ma di percorsi di invito e di incontro, capaci di farsi carico delle fragilità, come di condividere le proprie. È in questo che si può fondare la pazienza necessaria di aspettare la maturazione dei giovani, sapendo cogliere le loro provocazioni che non di rado sanno cogliere il futuro prima degli adulti.

Cari giovani, sarò felice nel vedervi correre più velocemente di chi è lento e timoroso. Correte «attratti da quel Volto tanto amato, che adoriamo nella santa Eucaristia e riconosciamo nella carne del fratello sofferente. Lo Spirito Santo vi spinga in questa corsa in avanti. La Chiesa ha bisogno del vostro slancio, delle vostre intuizioni, della vostra fede. Ne abbiamo bisogno! E quando arriverete dove noi non siamo ancora giunti, abbiate la pazienza di aspettarci». (Francesco, Incontro e preghiera con i giovani italiani al Circo Massimo, in CV 299).

La vita sinodale è una vita per il futuro perché è cammino che si può compiere solo insieme. Ciò significa concorrere al bene, rinunciando a far prevalere una parte sull'altra. In una comunità sinodale si partecipa per trovare l'accordo sempre perfettibile che rende conto delle visioni di tutti purificandosi nel confronto con la Parola. In una comunità sinodale si partecipa per trovare il giusto mezzo che rende conto delle visioni di tutti purificandosi nel confronto con la Parola. Nella sinodalità si impara a con-vincere: vincere-insieme nella reciprocità.