Recensioni
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Un nuovo panorama cinematografico si sta sollevando dall’Asia centrale, misterioso e pieno di possibilità come la sua terra d’origine, e in questo luogo prende forma The Start (in originale Алға, 2022), interessante prova registica di Yernar Nurgaliyev, già autore di Sweetie, You Won’t Believe It (2020). L’opera ci immerge fin dalle prime inquadrature in una realtà fatta di grandi spazi, suggestiva quotidianità per gli abitanti del Kazakistan, paese produttore del film; in questa dimensione sconfinata si dipana la storia di due fratelli ai margini della società, Askar (Zhandos AIbassov) e Beka (Erbol Semkulov), dediti alla rapina e ai furti. La loro vita viene stravolta dall’incontro con il severo allenatore Maxat (Yerik Zholzhaksynov) che scopre nei giovani due promesse dell’atletica di fondo. Inizia così un intenso percorso di allenamento, fatiche, dolore e rivalsa, dove ogni gradino è per i protagonisti un confronto con il mutevole e avverso mondo che li circonda. Proprio per questo non sono casuali le lunghe distanze che separano gli atleti dal traguardo, ma invece costituiscono un funzionale campo di battaglia narrativo per due giovani in cerca di un fuggente avvenire; essi dovranno correre più in fretta, anche a proprio rischio e pericolo, se vorranno raggiungerlo.
Il film cammina sul sicuro tracciato del noto cinema sportivo, presentandoci una storia che segue un percorso di formazione in cui il confronto fisico si carica di significato metaforico: vincere una gara è affermare se stessi, sconfiggere le proprie paure e coronare gli affetti. Prende così forma una narrazione tradizionale per il genere, con l’interesse amoroso, Malika (Karina Kudekova), che fa da collante/sfida per i personaggi maschili, in una storia in bilico fra il dramma e la commedia. Proprio nei tempi comici brilla Nurgaliyev, che sa creare un rapporto fraterno fra spettatore e personaggi, giocando su scene di vita quotidiana, rendendo i nostri “scappati di casa” molto più vicini di quello che ci saremmo potuti aspettare. Forse è proprio quest’abilità registica a venir meno nelle fasi più concitate e grevi della narrazione, dove l’atmosfera leggera non riesce mai a lasciare pieno spazio ad una drammaticità coatta; eppure il regista gioca bene con la sceneggiatura del film, scritta a otto mani, presentando inquadrature solide e piacevoli che appaiono aggiornate ai più moderni stilemi della settima arte dando un sapore molto occidentale al film. A costituire il reale pezzo forte di quest’opera è, però, lo stesso paesaggio, il quale si mostra fiero e generoso attraverso la fotografia di Azamat Dulatov. Le scenografie naturali si spandono estreme fra la fredda montagna e l’afoso deserto, e qui i corridori si rimpiccioliscono di fronte ad un’esperienza quasi documentaristica. Ben s’immagina l’intento profuso in quest’operazione da parte dei creatori del film che hanno voluto esaltare le meraviglie di un mondo orientale che urla a gran voce le proprie sconfinate prospettive audiovisive.
In un mercato cinematografico in fermento The Start si propone dunque come un film non innovativo e neppure brillante, ma lo fa con la consapevolezza di essere prova provata di una maturità in fieri per un paese che si affaccia verso, ci si augura, una grande crescita cinematografica. Intanto l’opera ha già superato il giudizio internazionale vincendo svariati premi e noi confermiamo in tutto e per tutto la sua modesta efficacia, la quale sembra promettere sviluppi molto interessanti per il prossimo futuro.