Recensioni
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Il film “Girasoli”, diretto da Catrinel Marlon, girato nel 2023 e ambientato negli anni ‘60, tratta la storia dell’amore impossibile, nato quasi per caso, tra due giovani donne, riflettendo profondamente su temi quali la vita, l’amore, gli abusi sessuali, le discriminazioni di genere e la trattazione dei problemi psicologici a quell’epoca. Il film è ambientato in un piccolo paesino del Sud Italia, dove Anna (interpretata dall’attrice Mariarosaria Mingione) è una giovane infermiera che inizia a lavorare in un manicomio minorile. Tra le mura opprimenti di quel luogo oscuro dove ciò che dovrebbe essere cura spesso si mischia alla punizione, Anna conosce Lucia (Gaia Girace), una quindicenne affetta da schizofrenia. Inizia tra le due una sorta di relazione all’insegna della compassione e dell’affetto, sentimenti fortemente in contrasto con le dinamiche tipiche dell’ambiente in cui le due erano e soprattutto si instaura un legame che sfida le rigide regole sociali dell’epoca. Da una parte lo scontro tra la dottoressa D’Amico (interpretata da Monica Guerritore) e il dottor Gentile (Pietro Ragusa), per decidere se procedere o meno con le cure sperimentali di Lucia, dall’altra la capacità della regista di rappresentare il crescere del sentimento tra le due ragazze puntando su scene caratterizzate da silenzi eloquenti e sguardi che valgono più di mille parole. Il film, caratterizzato da un’atmosfera cupa e claustrofobica, simboleggia la condizione di prigionia psicologica dei pazienti e delle protagoniste stesse, tutto ciò giocando su una fotografia all’insegna di toni freddi che alimentano la sensazione di alienazione e isolamento. Quello di Catrinel Marlon è definibile a tutti gli effetti un film di denuncia sociale che sembra voler farci riflettere su una domanda in particolare: fino a che punto la medicina ha il diritto di intervenire sulla vita delle persone?
E soprattutto quanto conta il consenso e il rispetto della dignità umana quando si tratta di persone vulnerabili psicologicamente? Interessante il fatto che sia tratto da un storia vera, in particolare dalla storia della zia della regista, anche lei in un manicomio, ma in Romania, ed è altrettanto interessante la scelta del titolo, “Girasoli”, un invito alla ricerca della propria luce anche quando tutto attorno a noi sembra più buio che mai. Un film che tutti noi dovremmo vedere, anzitutto per avere consapevolezza di ciò che è stato il duro viaggio che ha attraversato il mondo della psichiatria per arrivare alle cure e ai trattamenti di oggi e anche per farsi suggestionare dalle interpretazioni di altissimo livello da una parte di Mariarosaria Mingione e Gaia Girace che han saputo evitare di cadere in stereotipi, dall’altra di Monica Guerritore e Pietro Ragusa che han saputo incarnare il conflitto tra scienza e umanità e tra progresso e rispetto della dignità umana.