Il Dialogo tra Arte Moderna e Filosofia Postmoderna nell'Era della Pluralità
"Si potrebbe dire che ogni era abbia la sua postmodernità, e che ogni era abbia la sua forma di manierismo (infatti, mi chiedo se "postmodernismo" non sia semplicemente una forma moderna di Manierismo...). Credo che ogni era raggiunga momenti di crisi, la sensazione che il passato ci stia incatenando, confondendo, ricattando […] Credo tuttavia che il postmoderno non sia una tendenza circoscrivibile cronologicamente, ma una categoria spirituale, o meglio un Kunstwollen, un modo di operare” - Umberto Eco
Per postmodernismo si intende solitamente la tendenza culturale che si sviluppa a partire dalla seconda metà del secolo scorso caratterizzata da un generale scetticismo e relativismo. E’ piuttosto difficile definire con esattezza quando il postmodernismo sia nato in termini storici, anche perché è inteso da diversi intellettuali più come un ‘modo di vivere’, una tendenza, che un momento culturale esclusivo. Il termine stesso postmodernismo indica un distacco rispetto alla modernità classica per inaugurare invece un’epoca di novità o meglio, in un mondo in cui ogni strada è già stata percorsa, nella postmodernità vengono elaborate in arte come in letteratura parodie, pastiche e citazioni. La postmodernità rappresenta il culmine delle teorie relativistiche dei grandi filosofi degli ultimi decenni, incarnando la società liquida di Bauman, lo spirito debole di Vattimo e la decostruzione di Derrida.
Le teorie sociologiche di Bauman infatti sostengono una liquefazione della realtà intera nell’epoca postmoderna, in cui si perde la ‘fissità’ di istituzioni, lavoro, sentimenti e dell’individuo stesso, che diviene un’entità ‘galleggiante’ trascinate dalle correnti del mondo, in cui non è più in grado di individuare punti di riferimento. Deridda, esponente del poststrutturalismo, incentra la propria filosofia sulla decostruzione, necessaria tanto per il sapere quanto per il filosofo stesso, che in una società sempre meno unitaria e stabile deve essere in grado di smontare le teorie per verificarne la validità pratica. Foucault si inserisce nello stesso filone, perché ritiene ogni aspetto della realtà come una costruzione sociale, culturale o scientifica ormai non adatta a un mondo cambiato. Le idee di Vattimo sono assimilabili a quelle di Bauman, in quanto riconosce nel postmoderno la transizione dal pensiero forte e metafisico, fatto di vere credenze, al pensiero debole, ben lontano dalla questione esistenziale.
Da sempre correnti di pensiero e persino scoperte scientifiche vengono riflesse nell’arte, ma l’elemento interessante e distintivo della filosofia postmodernista, iniziata dal francese Lyotard che ne erige il manifesto ne ‘la condition postmoderne’ de 1979, è la sua diretta e dichiarata discendenza dall’arte moderna, in cui lo scrittore individua i fondamenti del proprio pensiero. Dirà infatti che "Ciò che è accaduto in pittura o in musica negli ultimi cento anni anticipa in qualche misura la postmodernità come io la intendo", facendo eco ad esempio alle composizione dodecafoniche e ‘sublimi’ di Schönberg e ai movimenti d’avanguardia dadaisti e surrealisti.
Già il pittore e scultore Debuffet nel 1951, divenendo un postmodernista ante litteram, diceva che l’arte è ‘filosofia implicita’, in grado di contenere e trasmettere al contrario della filosofia accademica determinati impulsi animatori. Sempre l’artista sull’inizio degli anni ’50 aveva individuato i quattro punti principali del cambiamento imminente: la critica dell’antropocentrismo, del primato della razionalità, del significato univoco e del visivo, che diventerà elemento di base nella filosofia post-strutturalista degli ultimi anni.
Castle and sun, 1928 – Paul Klee
Lyotard per primo annuncia le grandi novità relativistiche della nostra epoca, determinata a suo parere dalla ‘crisi delle grandi narrazioni’, ossia dalla fine dell’era de ‘i grandi eroi, i grandi pericoli, i grandi peripli ed i grandi fini’. I ‘grandi racconti’ di cui la società postmoderna si priva per Lyotard sono anche la volontà illuminista di emancipazione dai dogmi religiosi, l’idea hegeliana di una fine della storia nel trionfo della razionalità, le grandi ideologie e totalizzanti (illuminismo, marxismo, idealismo), l’onnipotenza della scienza e della tecnica e l’idea di una giustizia universale. A partire dal 1971 in ‘Discourse, Figure’, prende in analisi i grandi artisti d’avanguardia del XX secolo, tra cui Duchamp, Newman, Dalì, Klee e gli artisti di De Stijl e Bauhaus e riconosce e consacra l’indissolubile legame tra artisti e filosofi del suo tempo perché a suo parere fratelli nella sperimentazione. L’argomento di studio del filosofo è l’arte moderna, ossia tutte le correnti artistiche di rifiuto rispetto al passato che si sviluppano dall’inizio del XX secolo.
I punti centrali del pensiero di Lyotard pertanto possono essere concepiti come una traduzione di alcune caratteristiche dell'arte moderna in altrettante opzioni filosofiche perché appare una chiara coincidenza tra la prospettiva filosofica postmoderna e le enunciazioni artistiche moderne. Nell’arte moderna infatti riconosce per prima cosa la decomposizione dell’essenza tradizionale dell’arte, che secondo la sua visione riflette lo sfaldamento della realtà tradizionale, della realtà ‘solida’.
Individua un carattere riflessivo dell’arte: mentre la tradizionale pittorica e scultorea aveva fatto i conti con una realtà rappresentabile, edulcorabile (usa il termine inglese palliated), l’arte moderna ha a che fare con un mondo nichilista e l’unico riferimento possibile alla realtà serve a mostrare ‘quanto poco reale sia la realtà’. Il frantumarsi della realtà diventa catalizzatore (booster) dell’arte.
Probabilmente l’elemento più rilevante dell’arte d’avanguardia è il sublime, per niente simile al concetto romantico troppo legato al concetto di bello e piacevole, e ormai solo ‘sentimento della mente’, come definito secoli prima da Kant, perché capace di ‘far nascere in noi il sentimento di una facoltà soprasensibile’ che supera le capacità dell'immaginazione. Il sublime quindi si sviluppa alla maniera leopardiana come attenzione per l’invisibile:
‘Un'arte di questo genere non può essere compresa puramente in questo mondo; essa allude invece continuamente a qualcosa che non può essere rappresentato, ma solo pensato a partire dalla "rappresentazione" artistica (la quale in realtà è una non-rappresentazione) ‘ – Paul Klee
Per questi motivi il sublime si sviluppa spesso come anti-estetico, e lo stesso Lyotard parlerà diverse volte dell’effetto ‘anestetizzante’ (anaesthetic) dell’arte.
Altra caratteristica fondamentale che Lyotard individua è la sperimentazione. Nessuna rappresentazione di un oggetto è sufficiente e definitiva (nozione evidente specialmente nei movimenti cubisti), e perciò l’unica cosa che può svelare l’artista è l’irrappresentabilità della realtà stessa. L’unica ossimorica certezza è che ‘nessuna opera d'arte è l'opera d'arte, nessuno stile è lo stile, nessun approccio è l'approccio’. Questo comporta naturalmente un radicalissimo relativismo artistico, per cui diventa complicato poter definire anche solo cosa sia arte e cosa no. Il sublime è quindi definito critico e sperimentale, perché matrice e forza dominante dell’arte nella forma di una serie interminabile di esperimenti.Le infinite possibilità artistiche si tramutano in pluralità rigorosa e radicale come cardine del pensiero filosofico postmoderno.
"Allo stesso tempo, gli artisti d'avanguardia conducono (noi) fuori dall'anelito romantico giacché essi tentano di rappresentare l'irrappresentabile non come un'origine o uno scopo perduti nella lontananza del soggetto della pittura, ma nella nostra prossimità, nelle condizioni dell'opera artistica stessa"
Perciò, la scomposizione dell'arte corrisponde alla fine delle meta-narrazioni; il suo carattere riflessivo trova un parallelo nella condizione del pensiero alla costante ricerca delle proprie regole e il sublime è interpretato con l'aprirsi del pensiero ai paradossi e all'incomprensibile. Per questo si può affermare come le nostre ultime grandi filosofia altro non siano che ‘l’esplicitazione’ delle ‘arti non più belle della modernità’.
Violino e uva, 1912 - Picasso