Il libro “Mio padre, tuo padre” di Luciana Ciliento e di Carola Benedetto racconta una storia vera che nasce nel cuore di uno dei conflitti più lunghi e dolorosi del nostro tempo: quello tra Israele e Palestina. Ma non è un libro di guerra, è piuttosto un libro sulla pace, sulla possibilità che due persone, pur appartenendo a contesti diversi, riescano a trovare un punto di contatto nato dal dolore. I protagonisti, Rami Elhanan e Bassam Aramin, sono due padri che vivono su sponde opposte del conflitto israelo-palestinese. Entrambi hanno perso una figlia, Smadar e Abir, vittime innocenti di quella violenza, che da generazioni, divide i due popoli. Hanno deciso di aderire all’Associazione Parent’s Circle, che è un'organizzazione pacifista congiunta israelo-palestinese (ONG) composta esclusivamente da famiglie che hanno perso un parente stretto a causa del conflitto. Il cui obiettivo principale è trasformare il dolore e il lutto in un catalizzatore per la pace e la riconciliazione. I membri scelgono attivamente di non cedere alla vendetta e all'odio, ma di impegnarsi per un futuro di dialogo e non violenza. L'associazione è stata fondata nel 1995 su iniziativa di Yitzhak Frankenthal, il cui figlio Arik era stato rapito e ucciso da affiliati ad Hamas. Eppure, invece di scegliere la strada più facile, ovvero quella dell’odio e della vendetta, decidono di conoscersi, di parlarsi e di costruire insieme un rapporto di pace. La loro amicizia diventa una testimonianza potente: la pace non nasce dai governi, ma dalle persone che scelgono di vedere l’altro non come un nemico, ma come un essere umano. Luciana Ciliento e Carola Benedetto decidono di raccontare questa storia con delicatezza e rispetto, trovando parole semplici per descrivere un tema complesso. Il libro è rivolto ai ragazzi, ma il suo messaggio è universale. È una storia che insegna l’empatia, l’ascolto e la responsabilità: ci ricorda che la guerra non è solo fatta di armi e di politica, ma anche di scelte quotidiane, di pregiudizi e silenzi. Nel mondo di oggi, dove i conflitti e le divisioni sembrano aumentare, “Mio padre, tuo padre” ci costringe a fermarci e a chiederci: “Cosa faremmo noi al posto loro? Saremmo capaci di perdonare? Riusciremo a trasformare il dolore in compassione verso il prossimo nonostante le differenze?”. Rami e Bassam lo hanno fatto, e per questo la loro storia merita di essere conosciuta e raccontata. In fondo, questo libro non parla solo di Israele e Palestina, ma di tutti noi. Parla di ogni muro che costruiamo, di ogni volta che decidiamo di non ascoltare, di ogni “nemico” che non abbiamo mai provato a comprendere. È una storia che ci insegna che la pace è un traguardo che è possibile raggiungere, e soprattutto, che fa parte dei nostri doveri in quanto umani. “Mio padre, tuo padre” ci ricorda che il futuro dipende da come scegliamo di reagire al male: con odio o con speranza. Ed è solo scegliendo la speranza che possiamo dare un senso al dolore per costruire, un giorno, un mondo migliore.