La meccanica quantistica
IL PASSAGGIO DAL MODERNO AL POSTMODERNO
Scienza e Società
Scienza e società moderna si sono intrecciate in un nodo comune difficile da districare. Come ha contribuito la scienza allo sviluppo della società moderna e come la società moderna alla sviluppo della scienza? A tal punto si sono fuse che la scienza è presa come sinonimo di modernità, in quanto determinante per la razionalizzazione, il disincanto del mondo, l'artificializzazione della natura e della vita quotidiana. La parola postmodernità è la più “accreditata” per descrivere e rappresentare questa contemporaneità Allo stesso tempo, però, come caotica, colloidale e complessa è la contemporaneità, così altrettanto si può dire del postmoderno. Prima di entrare nel merito dei contenuti è bene cercare di comprendere le origini di questo termine che, al contrario di come si potrebbe pensare, non è nato in ambito filosofico. Esso comparve alla metà degli anni trenta in riferimento alla letteratura ( il critico spagnolo F. de onìs nel 1934 lo usava per indicare una corrente poetica che reagiva agli eccessi del modernismo letterario) e alla politica ( lo storico A, Toynbee si riferiva nel 1947 al postmoderno per indicare l'imperialismo di fine ottocento, con il passaggio dagli stati nazionali all'interazione globale, all'incirca nel 1885) e si diffonde progressivamente nell'ambito dell'architettura e nelle arti figurative; in particolare viene a riguardare dapprima la narrativa americana così detta postmodernista ( R. Coover o J. Barth ), infine il tema raggiunge anche la filosofia, per diventare un tema comune negli anni 70'.
Il filosofo che più di tutti a partecipato alla tematizzazione di questo concetto è stato Jean Fràncois Lyotard che nel 1789 pubblicò il testo “La conditione postmoderne”: un rapporto sul sapere nelle società sviluppate, scritto su richiesta del governo del Quebec e pubblicato in Francia. Tuttavia nel momento in cui si vuole definire in termini concreti il postmoderno, sorgono i problemi e la parola risulta parecchio ambigua. Esso contiene il riferimento al post ( dopo ) e al moderno. Postmoderno definisce quindi una posteriorità e ulteriorità rispetto al moderno, il che dice tutto e non dice niente; come si deve intendere il post? Come un “dopo” temporale, come un momento ulteriore, forse come un "oltre", un superamento radicale? Pare più tosto assodato che il significato non riguarda una determinazione temporale; l'epoca postmoderna non è l'epoca che viene dopo il moderno secondo una periodizzazione cronologica ma indica piuttosto un diverso modo di rapportarsi al moderno che non è né quello dell'opposizione (nel senso dell'antimoderno) né quello del superamento (nel senso dell'ultramoderno). Il senso del post- deve essere definito come un sentimento di differenza epocale non congiunturale per cui il passaggio dal moderno al postmoderno è il passaggio da una condizione ad un altra radicalmente diversa; un mutamento della mentalità dell'uomo nello sforzo di dare un nome ed un volto alla specificità della propria condizione e al senso di “estraneità” e “lontananza” dall'esistenza stessa. E se già il prefisso post comporta delle differenze interpretative, il conflitto si fa più forte nel riferimento al secondo
termine, la modernità.
Per poter proseguire e discutere riguardo al passaggio dal moderno al postmoderno e quindi, al proposito di questo scritto, non è possibile evitare il discorso riguardo la modernità. L’idea principale del moderno si individua nel concetto di progresso, nella razionalità scientifica che rappresenta il carattere universale della ragione che supera ogni delimitazione storica. Il mito del progresso che diventa necessario ed infinito; la rappresentazione di quella visione storica che tende verso il meglio sia in maniera intrinseca sia grazie alla capacità dell’uomo, che si realizza in uno sviluppo tecnologico per cui la storia diventa un necessario e continuo processo di superamento proteso verso il sapere assoluto. In questa prospettiva anche la dimensione sociale e politica del soggetto si costruisce nella storia grazie all’uso della ragione e al progresso tecnologico e scientifico nel quale, anzi, si manifesta la concezione della libertà dell’uomo come valore di emancipazione e non più come concezione etica e metafisica. Dall’idea di sviluppo tuttavia nasce una discussione sulla fiducia illimitata nei confronti del progresso, della capacità dell’uomo di assumere un ruolo guida nella storia facendoci porre non pochi interrogativi, dal momento che non sempre il progresso tecnologico e scientifico coincide con un vero progresso dell’uomo. Questa presa di coscienza critica induce a rinunciare ai discorsi generali e totalizzanti che pretenderebbero di guidare il dibattito moderno che tende invece a mettere in discussione la concezione lineare e progressiva della storia.
Si deducono perciò le ragioni per cui il postmoderno non rappresenta una determinazione temporale di un’epoca, bensì un diverso modo di rapportarsi al moderno, come detto poc'anzi. Fatte queste belle premesse, doverose per comprendere meglio l'argomento, è il momento di stravolgere tutto e fare capo alle premesse poste all'inizio del testo: in che modo la scienza ha influenzato questo condizione postmoderna e soprattutto come la fisica, e il concetto di spazio e tempo, hanno portato all'esaurimento di ogni residuo positivistico, dal crollo della metafisica alla relatività di ogni cosa. Le solide e austere fondamenta su cui si erigeva il positivismo, quella disperata ricerca del progresso continuo, sembrano non stare più in piedi: da una parte la scoperta della radioattività che diede un forte impulso alla fisica moderna, allo studio dell’atomo e alla fissione nucleare, dall’altra la scoperta della relatività di Einstein che fece collassare nettamente il metodo galileiano, solida base della corrente positivistica. La febbre di ricerca non si arresta anzi avanza anche in altri ambiti: la psiche per la prima volta “acquista” valore nel settore scientifico, grazie agli studi di Sigmund Freud mentre altre certezze vengono a crollare a causa di Gödel. Il passaggio di quel confine tra le poche certezze, dovute alle nuove scoperte, e l'incertezza più assoluta, fu tuttavia operato dalla meccanica quantistica, il vero motore del passaggio dal moderno al postmoderno ( o almeno e questo ciò che proverò a dimostrare).
Per coloro che non sapessero che cos'è la meccanica quantistica non vi preoccupate, si tratta “solo”
di quella teoria fisica che descrive la materia e le sue interazioni a misure molto piccole, molto molto piccole: nel cuore della materia c’è un mondo immenso, composto da miliardi e miliardi di particelle, che sfugge ai nostri sensi e alla nostra intuizione; un mondo in cui non valgono le leggi fisiche usuali ma leggi più complicate e “misteriose”, le leggi della meccanica quantistica.
LA MECCANICA QUANTISTICA
L'incertezza diventa scienza
“Dio non gioca a dadi con l’universo”. Questa frase, scritta da Einstein all’amico Niels Bohr ( un altro importante fisico del 900') sintetizza molto bene la natura probabilistica della meccanica quantistica, una teoria che mette in dubbio la natura deterministica su cui si basa la fisica classica. Nulla accade per caso: di questo Albert Einstein era fermamente e anche intuitivamente convinto. Benché i sostenitori della fisica quantistica asserissero il contrario, non si stancò mai di postulare l’esistenza di leggi nascoste in grado di guidarci alla verità delle verità, cioè a riconoscere un ordine preciso nel mondo, in assenza del quale la scienza stessa non potrebbe esistere. La disputa, col tempo, ha assunto quasi una valenza metafisica; il caposaldo della meccanica quantistica consiste infatti nel principio secondo il quale non sia possibile misurare le cose con assoluta esattezza ( il principio di indeterminazione di Heisenberg, di cui parlerò in seguito): particelle come elettroni o fotoni non avrebbero una precisa posizione nello spazio, sarebbero semplici distribuzioni di probabilità. Einstein si mostrò sin dall’inizio scettico riguardo a tali conclusioni, dichiarandosi sicuro che esista pur sempre un qualche ordine, non ancora decifrato, la cui conoscenza potrebbe consentirci di misurare tutto senza sbagliare. Dal suo canto, Bohr rispose alla lettera con un altro dubbio “relativistico”: Piantala di dire a Dio come deve giocare!
Da questo breve Excursus della vita di Einstein comprendiamo molto bene quali potessero essere i pareri contrastanti riguardo questa nuova teoria e in che modo le certezze e le convinzioni durate troppo a lungo, in un paio di decenni, furono totalmente ridimensionate e sovvertite. Ma in che modo questo discorso si innesta in quello più ampio e variegato della postmodernità? In che modo questa teoria ha cambiato i rapporti di potere, durati fino a quel momento? Si può ancora parlare di certezze “solide”? Possiamo definire la meccanica quantistica una teoria “liquida”? A queste domande ( ed a molte altre) cercherò di rispondere nelle pagine che seguono, sperando che questa breve introduzione possa essere di aiuto per comprendere il nucleo portante di questo piccolo scritto e soprattutto la tesi alla base : il confine tra il moderno e il postmoderno è un filo finissimo, quasi invisibile, sconosciuto, la meccanica quantistica.